Antimo Puca | La natura è una macchina perfetta. Prevede una eccezionale attività per tornare in tempi più o meno brevi nelle situazioni di partenza. Questo perché i sistemi ambientali tendono in modo ciclico verso situazioni stabili che periodicamente vengono disturbate da eventi. Un ecosistema è dinamico. Il recupero di una pineta risulta molto più articolato in quanto si tratta di una formazione artificiale di valore non solo ambientale, ma anche storico e paesaggistico.
La natura nei suoi progetti non può prevedere il recupero di una pineta monumentale artificiale. In parole molto semplici esiste una vegetazione reale, quella che vedo sul posto in tempo reale, che può essere anche di origine artificiale, come nel caso della pineta, appunto. Esiste poi la vegetazione potenziale, e cioè quella che ci dovrebbe essere naturalmente in quell’area senza nessun intervento dell’uomo. Quello che torna a proporsi in modo naturale è proprio la vegetazione potenziale, ovvero quella in linea con le caratteristiche climatiche, litomorfogiche e floristiche del luogo.
Quell’area di base caratterizzata da elementi della macchia mediterranea e della lecceta, con il Corbezzolo, l’etica arborea, il Lentisco, i Cisti, il Mirto, l’Alaterno, la Fillirea ed altre ancora. È lecito porsi domande in merito alle tecniche e all’obiettivo stesso dell’intervento di ripristino o di recupero ambientale. È opportuno prima di tutto parlare di “riqualificazione ambientale”. È fondamentale disporre e organizzare uno specifico piano ed investire sulla vigilanza. Noi ischitani dovremmo essere attivamente coinvolti ed esserne messi a conoscenza. La gestione colturale della pineta è elemento fondamentale del nostro patrimonio e deve essere reso pubblico.
Per quanto riguarda il restauro ambientale sarebbe opportuno conoscere la commissione tecnico scientifica incaricata e che è in grado di dare delle indicazioni e di integrare le valenze e le potenzialità dell’area in termini naturalistici con le valenze culturali, storiche e paesaggistiche. Fondamentale sarebbe rendere pubblica la eventuale mappatura dell’area così da programmare in modo adeguato le operazioni di bonifica e i successivi interventi di ricostituzione. Lasciare a terra i tronchi di pino domestico tagliato è fondamentale per favorire la ricolonizzazione delle comunità xilofile e di quelle della lettiera. Sicuramente quello che c’è da fare è la messa a dimora non solo di pini, ma anche di querce e di arbusti tipici della macchia mediterranea.
Al termine dell’intervento si avrà così una pineta mista in cui prevale il pino domestico con nuclei di macchia mediterranea. Tutto questo richiede naturalmente un’analisi e un monitoraggio ambientale accurato, così da intervenire subito nel caso in cui si osservino dinamiche non favorevoli al recupero stesso. Attuare un recupero ambientale comporta una conoscenza scientifica di ciò che sta accadendo. È importante indagare i caratteri litomorfologici e idrogeologici dell’area, come conoscere la fauna, la flora e la vegetazione. È importante approfondire le ricerche nella ripresa naturale della vegetazione arborea e monitorare e intervenire sulle malattie dei pini. Il recupero della pineta dovrebbe essere seguito con interesse e passione dai cittadini e, perché no, dalle scuole. Potrebbe diventare un laboratorio a cielo aperto. I monitoraggi infatti potrebbero portare spunti significativi anche in termini di didattica e di educazione ambientale.
L’ imprenditoria locale, principale e fondamentale macchina motrice del turismo, dovrebbe fare ascoltare forte il proprio ruggito a proposito della conservazione ed esaltazione dei nostri inestimabili Beni ambientali, culturali, artistici e paesaggistici al cospetto di politici che ormai sono cancro intestino presso le nostre sedi Comunali, al fine di migliorare la qualità turistica. Il coinvolgimento della cittadinanza è importante così come è importante amalgamare il sapere tecnico con il sapere locale. Non ha senso pensare di riuscire a proteggere e tutelare le pinete senza migliorare contemporaneamente il tessuto sociale e culturale che le circonda. Le pinete del nostro territorio rappresentano un polmone verde, una difesa ambientale contro il degrado, la cementificazione selvaggia e contro l’inquinamento.Noi ischitani dovremmo sentirci personalmente oltraggiati ogni qual volta viene ferita, offesa,oltraggiata l’identità dei luoghi che ci distinguono e ci caratterizzano come popolo e dovremmo ribellarci e chiedere i danni.
Le Amministrazioni Comunali degne di questo incarico dovrebbero rendere conto alla popolazione, ben sapendo e ricordando che il popolo è parte attiva e integrante di ogni attività Comunale. Il Covid ci insegna che il turista tende a tornare a tutto ciò che è salute, benessere e natura. Imprenditoria e politica sono chiamati a conservare e guardare le nostre bellezze identitarie con occhio vigile e specialissimo piuttosto che continuare a deturpare, violentare, oltraggiare ciò che ci è più caro in quanto salute, lavoro, vita stessa. Giù le mani !