Tanto tuonò che piovve. Ma attenzione, in questo caso la pioggia non deve esser considerata esclusivamente in un’accezione negativa perché può portare anche molti benefici. E come sempre, sarà il futuro a chiarirci il tutto. La Super League potrà esserci.
Ci credevano in pochi, se lo aspettavano in molti e ne dubitavano in tanti. Eppure, con la sentenza sulla causa C-333/21 del 21 dicembre scorso derivante dal rinvio pregiudiziale mosso dal Tribunale Commerciale di Madrid sulla vicenda della Super League, il mondo del calcio e dello sport in genere, autoreferenzialmente chiuso da sempre nella sua bolla d’intoccabilità, di distrazione, d’attrito con le innovazioni e talvolta fintamente (o scarsamente) disposto ad accettare o a recepire magari d’anticipo le innovazioni normative, quelle belle, significative, vere e che sanno guardare all’interesse dell’individuo ed alla sua soddisfazione, ha ricevuto l’ennesimo violento, legittimo, assestato schiaffo dalla Corte Europea di Giustizia che lo rimanda dietro la lavagna, gli ricorda che tutta la sua struttura normativa non è niente altro che “derivata” e che quindi tutte quelle sue disposizioni dettate da soggetti di diritto privato (come UEFA e FIFA) devono necessariamente risultare sempre conformi alle pertinenti norme gerarchicamente sovraordinate, a livello nazionale e comunitario.
In sintesi, le norme sportive, al netto della specificità riconosciuta anche dall’art. 165 del TFUE, sono di due tipi, quelle autonome settoriali necessarie al gioco (ivi comprendendo quelle disciplinari ed organizzative per cui si può parlare di “autoregolamentazione”) e quelle che necessariamente vengono ad intrecciarsi ad un livello inevitabilmente più elevato e che ne armonizzano e ne coagulano le esigenze dei tesserati in ragione di fiscalità, adempimenti ammnistrativi, di tutela di determinati diritti fondamentali o economici e giuslavoristici. E se in Italia viene in soccorso il diritto pubblico, proiettandosi sul caso della Super League, il riferimento polare è dato dal diritto europeo.
A BUONA MEMORIA
Chi è meno avvezzo alla materia ricorderà quanto ha inciso sull’insieme della struttura sportiva e sulla sua propulsione economica la famosa “sentenza Bosman” del 1995, ma chi ama la materia potrebbe volentieri riprendere anche i casi Bernard, Walrave-Koch, Meca-Medina, Donà e non solo: in ogni caso lo sport, dal calcio al ciclismo, passando per volley e basket, ha dovuto spesso fare i conti con l’inevitabile semaforo rosso, l’invalicabile transenna del posto di blocco che richiama al rispetto di norme sovraordinate assolutamente ineludibili. E nonostante tutta la ritrosia, la rabbia e la stizza, poi lo sport stesso ha dovuto puntualmente abbassare il capo e riscrivere norme e regolamenti.
NON FERMIAMOCI ALLA SUPER LEAGUE
Credo che in futuro questa decisione, a mio modo di vedere piuttosto scontata sull’affermata violazione degli articoli 101, 102 e 56 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) da parte di UEFA e FIFA in tema di concorrenza, libera circolazione delle prestazioni, peculiarità e specifiche caratteristiche delle norme pur necessarie, utilizzate ed imposte per la finalità di scopo, darà una serie di vantaggi e di opportunità a tutto il comparto. Certo, sarebbe un clamoroso errore, dal professionista direttamente interessato al tifoso parimenti preso e schierato, fermarsi a riflettere solo sull’elitario torneo pensato a suo tempo da A22 (la Società che ne avrebbe ad oggi la paternità e non solo) che nel frattempo ha subito attente rivisitazioni, mirati taglia e cuci, dovuti accorgimenti e che ha deciso di buttare un po’ di golose esche urbi et orbi per foraggiare condiscendenza, apprezzamenti, aperture: la Corte ha infatti affermato che, a prescindere, le organizzazioni citate non possono stabilire sanzioni e penalità a club e lavoratori del contesto professionistico – che pertanto rientrano in un ambito di rilievo economico rilevante – perché per poter “legiferare in tal senso” la propria posizione dominante ne rappresenta un abuso in capo alla necessità di queste stesse regole di essere trasparenti, oggettive, proporzionali e assolutamente non discriminatorie.
Non conta quindi sapere che la Super League si farà, bensì è importante sapere che non ci sia un limite alla possibilità che questa vi sia: prima è esistita solo la RAI, poi nessuno ci ha imposto di seguirla per forza anche se si pagava un canone per legge così che quando arrivarono le tv commerciali, autorizzate ad esistere e per gli utenti anche a costo zero, queste dovettero lavorare d’ingegno per farsi scegliere e preferire (anche dagli sponsor); migliorarono loro ma, stranamente, migliorò tanto anche la RAI, che paradossalmente molte cose dovette anche copiarle ed ammetterne la validità.
LA FIFA CHE SOCCORRE L’UEFA, CON SCARSA MEMORIA
Una delle perplessità maggiori che si legava alla violazione del principio della meritocrazia che iniziative come quelle della Super League parrebbero minare a detta dei più, veniva dall’atteggiamento della FIFA che si è apertamente schierata al fianco della UEFA nella difesa delle posizioni e degli argomenti della confederazione europea. Durante serrati confronti nel corso dei miei studi accademici degli ultimi anni presso l’Ateneo di Cassino che ha un corso di laurea in “Servizi Giuridici per Lavoro, Pubblica Amministrazione, Sport e Terzo Settore” di grande caratura, più volte sul tema della Super League si è riflettuto con i docenti Zuccarino, Maiello, Gimini, Borrea, Trequattrini e Miranda che curano aspetti trasversali dello sport professionistico e non solo, di come la FIFA abbia accettato che negli USA il soccer (da quelle parti sono circa 5 milioni i tesserati del movimento e si cresce ancora) sia tutt’altro che meritocratico, con campionati chiusi (come il basket, l’hockey, il baseball, il football). Verrebbe spontaneo credere che la FIFA abbia chiuso gli occhi dinanzi alla prospettiva di una profumata torta di mele rappresentata dai milioni di tesserati USA e canadesi mentre altrove si prodighi e disquisisca diversamente, o sbaglio?
IL CASO DELLA BOXE E GLI SCENARI FUTURI
Addirittura, guardando ad altra disciplina olimpica come la nobile boxe, la IBHOF soprassiede a ben quattro organizzazioni mondiali (WBA, WBC, WBO e IBF) così che chi vuole può ambire, combattendo in ciascuna, a sognare di unificare le corone. Sarebbe un po’ come dire che la FIFA potrà un giorno soprassedere a magari quattro tornei mondiali per club organizzati da differenti organizzazioni. Sarebbe una possibilità o la nostra umana pigrizia mentale ci fa ritenere che la cosa sia impossibile? Eppure un tempo non ipotizzavamo lo spezzatino televisivo come ci viene propinato oggi…
Dobbiamo quindi ritenere che ci si avvii anche in Europa verso un modello di sport di stampo nordamericano? Non è detto, in fondo il principio giurisprudenziale affermato dalla Corte Europea di Giustizia tende a rimarcare che, pur dovendo analizzare sempre caso per caso, va rilevata una eventuale violazione di quelli che sono riconosciuti come i diritti fondamentali stabiliti a livello unionale come da sempre sono il diritto alla libera concorrenza, alla libera circolazione o ancora alla libera prestazione dei servizi così che, al pari della sentenza Bosman, le norme sportive ritenute violative di questi precetti vedranno abbattersi la mannaia sanzionatoria rappresentata dal diritto europeo. Inevitabile.
Ed è altresì di palmare evidenza che il fattore cruciale per la valutazione di un’eventuale prevalenza del diritto europeo sulle norme sportive è il “carattere economico”: ancora una volta, allorquando una determinazione in ambito sportivo abbia una portata economica, oltre che prettamente sportiva, bisognerà dragarla per valutarne l’allineamento o meno con i principi unionali. Si può ritenere che la ricchezza di tornei come la Champion’s e le sue sorelle più piccole, con cifre da capogiro e incalcolabili zeri, non vadano a rilevare in capo alla portata economica? Dubito, anzi per la Corte è proprio questo il punto!
UN’OPPORTUNITÀ PER IL MONDO ARBITRALE
E poi, volendo per un attimo volgarmente trattare anche problematiche meno nobili ma pur sempre attinenti e concrete, queste partite della Super League, chi le arbitrerà? È sempre stato un tema centrale delle mie riflessioni che solo recentemente ho riscontrato di pubblico interesse: puoi cambiare un interprete tra le squadre ma le gare sempre sarebbero iniziate 11>11, ma se l‘arbitro non c’è queste gare non potrebbero proprio iniziare, i fischietti quindi, dove si prendono? Ecco uno di quei casi in cui si potrebbe gridare al miracolo e all’innovazione: si potrebbe finalmente creare una struttura arbitrale assolutamente terza e neutrale, altamente professionale ed anche internazionale che non soffrirebbe di ingerenze, dietrologie, speculazioni e che potrebbe operare – pagata profumatamente – lì dove chiamata ad operare. Non sarebbe di certo male!
IL CASO DEI MATCH ANALYST E IL FUTURO DEI CORSI E DEI TORNEI GIOVANILI
E del resto, se abbiamo anche visto come sentenze quali la già citata e famosa sul caso Bosman ed altre hanno cambiato la storia dello sport professionistico, altre ne potrebbero arrivare presto. Solo nel 2018 l’Antitrust con provvedimento n. 27249 AGCM ha sanzionato la FIGC per oltre tre milioni di euro, per la violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), derivante dalla previsione di restrizioni all’accesso al mercato dei servizi professionali offerti da alcune specifiche figure di supporto alle squadre di calcio, tra i quali i match analyst dovendone da allora consentire il tesseramento anche se questi non sono in possesso del requisito di tecnico e non abbiano preso parte a specifici corsi organizzati dalla FIGC stessa tanto che “non è più prevista una esclusiva in capo alla Federazione per la qualificazione e l’abilitazione delle figure degli Osservatori Calcistici e dei Match Analyst, così come è stato escluso l’obbligo per le società sportive di acquisire dette professionalità soltanto dall’elenco federale. Si prevede soltanto che l’attività di formazione di tali figure possa essere svolta anche dalla Federazione. Alla luce di dette modifiche le società saranno libere di avvalersi o non di Osservatori Calcistici e Match Analyst anche di formazione non federale e addirittura privi di specifica qualificazione”.
Brusio diffuso, con questi argomenti sul tavolo, riguarda ora il tema dell’organizzazione dei lucrosi tornei giovanili considerate le pesanti sanzioni pecuniarie che i Comitati Regionali ottengono a danno di quelle piccole società che oggi cercano di sfilarsi dalle stringenti determine vincolanti disposte sempre in maniera autoreferenziale ed autoregolamentata. Presto invece si arriverà alla discussione sui corsi che rilasciano le abilitazioni ad allenatore, un business da svariati milioni di euro annui solo per la FIGC (la federazione sportiva numericamente più corposa) tanto che il Settore Tecnico viene simpaticamente definito il vero e proprio bancomat di Via Allegri e per cui non si capisce perché una eventuale struttura esterna, con docenti riconosciuti, selezionati e scelti con criteri che sfuggono alle chiacchierate dinamiche interne viste come “clientelari”, non possa rilasciare patentini più che mai validi a livello formale e sostanziale.
Insomma, la sentenza sulla Super League rischia di essere per lo sport non un punto d’arrivo ma l’ennesimo punto di partenza.