mercoledì, Gennaio 8, 2025

La tradizione si vive, non si spiega. A Ischia e a Guardia Sanframondi

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Immagini che catturano la solennità e la tradizione di una comunità che, da secoli, celebra la propria spiritualità con intensità e partecipazione collettiva. Gesti non "liturgici", direbbero certi spocchiosi esperti di "pastorale 3.0", eppure carichi di significati teologici, antropologici, culturali, identitari

L’evento che si ripete ogni sette anni a Guardia Sanframondi ha attirato l’attenzione (e richiesto la partecipazione) di diversi ischitani. Un rito molto particolare che, quest’anno, si celebra quasi in concomitanza con il nostro Corteo Storico di Sant’Alessandro. Appuntamenti con la storia diversi che, tuttavia, ci permettono di aggiungere un momento di riflessione. Una riflessione, soprattutto, sulla “tradizione” di certi gesti, di certe culture, di certe credenze. Proviamo a farlo con le foto di Antonello De Rosa e con un testo di Luciano Castaldi.

I riti settennali di Guardia Sanframondi – scrive Antonello De Rosa – non si limitano ai Battenti e ai Flagellanti. Al centro di queste celebrazioni vi è la Processione dei Misteri, dove figuranti mettono in scena episodi biblici e religiosi attraverso rappresentazioni viventi. Le strade del borgo si trasformano in un palcoscenico sacro, con quadri in movimento che raccontano storie di fede e devozione. Queste immagini catturano la solennità e la tradizione di una comunità che, da secoli, celebra la propria spiritualità con intensità e partecipazione collettiva. Un’occasione rara per immergersi nella cultura e nella storia di un rito che affonda le sue radici nel passato, ma che continua a vivere nel presente”.

LA TRADIZIONE SI VIVE, NON SI SPIEGA

Alcune considerazioni – ha aggiunto Luciano Castaldi -, utili – spero – anche per noi foriani e isolani, a margine degli antichi Riti Settennali di Penitenza cui ho partecipato ieri a Guardia Sanframondi in Provincia di Benevento. Già altre volte ho potuto sottolineare come il rito, la tradizione, la festa non abbiano bisogno di “spiegazioni” di “didascalie”, di “illustrazioni”. La prima cosa, infatti, che mi ha colpito dei Riti Settenali di Guardia è stata appunto l’assenza di megafoni, amplificatori, trombe. La gente del posto accoglie, spiega, rispiega… ma non ha alcun interesse ad “ammaliare”, a “vendere”, ad “arruffianarsi” l’ospite, che anzi viene continuamente invitato al silenzio, ad essere rispettoso, a non invadere il campo…. (vietati con apposita ordinanza sindacale persino i voli dei droni!) Giusto così!
In questi secolari appuntamenti, infatti, non c’è chi “assiste”, ma solo chi partecipa, anche se lo fa per la prima volta e non “capisce”. Persino il “curioso”, infatti, non è mai un semplice spettatore. Così come – peraltro erroneamente, a mio avviso – potrebbe avvenire a teatro, ove nessuno si sognerebbe di spiegare ogni singola scena, o battuta del copione. Non è una polemica, ma una semplice costatazione che azzardo da semplice appassionato di tradizioni popolari che – questo sì – cerca di approfondire, studiare, leggere, conoscere. A Guardia Sanframondi, una moltitudine di persone (non credo le 200mila sparate in un post dal governatore De Luca, ma sicuramente diverse migliaia), sin dalle prime ore del giorno, hanno dato vita ad una lunga, silenziosa, raccolta e commovente processione – sotto un sole caldissimo e a tratti insopportabile – terminata a tarda serata, cui ha devotamente partecipato anche il Vescovo del luogo (magnifiche le sue parole durante l’omelia della Messa in piazza al mattino: nessuna spocchia clericale, nessun intellettualismo, solo il giusto rispetto che merita questa manifestazione…).

il fascino, il valore, la bellezza di questi riti secolari non ha bisogno di ritocchi commerciali, ammodernamenti, stravolgimenti, spot, speaker

Luciano Castaldi

Già da lunedì scorso, per tutta la settimana, lunghe code di penitenti, giunte anche dai paesi vicini e da ogni angolo del mondo, si sono prostrate ai piedi del simulacro della Vergine, quale segno di umiltà, conversione, devozione. Gesti non “liturgici”, direbbero certi spocchiosi esperti di “pastorale 3.0” (gli stessi, guarda caso, che poi non si fanno scrupoli a stravolgere, vilipendere, manomettere, mettere in ridicolo la Liturgia, i sacramenti, la dottrina…), eppure carichi di significati teologici, antropologici, culturali, identitari.
Lo dico anche a beneficio di quanti – sempre più frequentemente – vorrebbero “mettere mano” (una volta di più) a manifestazioni sacre come la Corsa dell’Angelo di Forio al fine di renderla più “fruibile”, turisticamente “vendibile” e… “evangelicamente” più “fedele” (sic!). Sia chiaro: non si sostiene qui che tali espressioni di pietà popolare non possano essere migliorate.

Non significa esonerarle dalla necessaria opera di “purificazione” e di “correzione”.
Del resto, tutti (anche il papa e i vescovi, e i preti) e tutto ciò che noi facciamo va sempre purificato e corretto! Ma il fascino, il valore, la bellezza di questi riti secolari non ha bisogno di ritocchi commerciali, ammodernamenti, stravolgimenti, spot, speaker. Ripeto e ripeto: non è una polemica con chi la pensa diversamente, non intendo ledere alcuna “maestà” o “prendere il posto di qualcuno”…. ma solo esprimere un’opinione, dare un contributo a difesa di cose importanti e preziose che, non a caso, sono sopravvissute all’esame più duro: quello del tempo, quello della storia. Non dimentichiamolo.

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