domenica, Febbraio 2, 2025

Lacco Ameno e le elezioni del 2020 “turbate”, assolto il sindaco Giacomo Pascale

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Si chiude lo strascico giudiziario di quelle roventi consultazioni elettorali. L’attuale sindaco era accusato di turbamento delle adunanze elettorali per le frasi dal contenuto forte rivolte al presidente dei seggi il 22 settembre. Ovvero ad urne chiuse e scrutinio concluso. Su questa circostanza e sull’assenza di minacce o violenza ha battuto il suo difensore, avv. Cristiano Rossetti. Una tesi accolta dal giudice Lapagano, che ha deciso l’assoluzione perché il fatto non sussiste

Le elezioni comunali “infinite” a Lacco Ameno del settembre 2020, con lo scontro senza esclusione di colpi tra Domenico De Siano e Giacomo Pascale avevano causato uno strascico giudiziario per quest’ultimo. Accusato di aver turbato il regolare svolgimento della consultazione elettorali per delle frasi pronunciate in un momento di grande stress ed agitazione. Quelle elezioni del 20 e 21 settembre del 2020, passate alla storia per il risultato di “perfetta” parità che determinò la necessità di ricorrere al ballottaggio nel piccolo comune del Fungo, finirono poi all’attenzione della giustizia amministrativa. Alla fine Pascale la spuntò e venne “proclamato” sindaco di Lacco Ameno. E oggi incassa l’assoluzione dal reato che gli era stato contestato. Così ha deciso nell’udienza del 12 luglio il GOP della Sezione distaccata di Ischia dott.ssa Mariafranca Palagano, che lo ha mandato assolto con la formula perché il fatto non sussiste. La stessa sollecitata dal difensore di fiducia di Pascale, l’avv. Cristiano Rossetti.

In primis, il legale ha dato il consenso alla acquisizione della denuncia e degli altri atti di indagine, evidenziando che fosse superfluo sentire i testi, in quanto il fatto storico, ovvero le frasi pronunciate dall’attuale sindaco di Lacco Ameno, era incontestato. L’avv. Rossetti ha pero ribattuto sulla tesi che il comportamento tenuto da Pascale non poteva integrare il reato ascritto all’imputato. Una tesi ampiamente illustrata anche nella memoria difensiva e che alla fine ha convinto il giudice.

L’ACCUSA DI TURBATIVA

A Giacomo Pascale veniva contestata la violazione dell’art. 100 del DPR n. 361/1957, per avere, con il proprio comportamento e le frasi pronunciate, turbato la regolarità dell’adunanza elettorale: «Perché, nel corso della consultazione elettorale per la nomina a sindaco del Comune di Lacco Ameno svoltasi il giorno 22 settembre 2020 nel seggio elettorale n. 1 ubicato nel Comune di Lacco Ameno via Fundera 19, rivolgendosi al presidente del seggio n.1 e dell’Adunanza dei Presidenti Giuseppe Morgera, con le seguenti espressioni: “omm e merd”, “vergogna”, “fammi vedere se hai le palle, vergogna”, “stiamo facendo ridere l’Italia, altro che Lacco Ameno di Rizzoli, questa è Corleone di Totò Riina”, “quel signore lì è un dipendente della famiglia De Siano, quella famiglia lì incassa cinque stipendi al mese da De Siano” ed altre espressioni, turbava il regolare svolgimento dell’adunanza elettorale».

E quale parte offesa veniva individuato appunto il presidente del seggio n.1 e dell’Adunanza dei presidenti Giuseppe Morgera, che aveva denunciato i fatti.

LA CRONOLOGIA DEI FATTI

Come già ricordato, quelle elezioni furono particolarmente aspre e combattute, contrassegnate da dubbi e sospetti avanzati in particolare da Pascale. Ma nella sua memoria l’avv. Cristiano Rossetti ha smontato il castello accusatorio, ovvero che l’imputato avesse l’intenzione di turbare la consultazione elettorale. Tutt’altro. Esordendo che «al Pascale è addebitato di aver turbato il regolare svolgimento dell’adunanza elettorale, per aver manifestato, con le espressioni riportate nell’imputazione, la sua protesta al Presidente dell’Adunanza dei Presidenti di seggio, nel corso della consultazione elettorale per la nomina del Sindaco del Comune di Lacco Ameno cui era candidato».

La difesa non ha contestato l’accaduto, denunciato dal Morgera: «Il dato fattuale non è in contestazione: i fatti sono effettivamente quelli riportati dal denunciante nella denuncia presentata e la condotta dell’imputato è rilevabile anche dal filmato prodotto, riportato anche dai media».

Il punto su cui l’avv. Rossetti si è soffermato è l’“innocenza” di quelle frasi, innanzitutto per il momento in cui erano state pronunciate, martedì 22 settembre 2020, ovvero quando le urne erano ormai chiuse e si era anche proceduto al “sofferto” e contestato spoglio. Ed infatti la difesa ha evidenziato: «Quella condotta, tuttavia, non è idonea a integrare il reato ascritto al Pascale per assoluta carenza dell’elemento materiale del reato; e questo sotto più profili. L’art. 100 del DPR n. 361/1957 sanziona, al primo comma, chiunque, con minacce o con atti di violenza, turba il regolare svolgimento delle adunanze elettorali, impedisce il libero esercizio del diritto di voto o in qualunque modo altera il risultato della votazione.

Ebbene, come dedotto dallo stesso denunciante e come si rileva peraltro chiaramente dalle immagini video riprese nell’occasione dai vari organi di informazione e pubblicate sui media, la protesta del Pascale, candidato sindaco alle predette consultazioni elettorali, avveniva quando le operazioni dell’Adunanza dei Presidenti erano terminate».

I VOTI AL SEGGIO N. 3

L’avv. Rossetti si è soffermato con attenzione sulla cronologia dei fatti: «Il Pascale, all’esterno dell’istituto scolastico dove si erano svolte le consultazioni elettorali, solo dopo che il Presidente dell’Adunanza aveva comunicato l’esito delle consultazioni elettorali (come asserito dallo stesso denunciante), esprimeva il suo dissenso, contestando il risultato degli scrutini, e si rivolgeva, poi, al dirigente della Polizia di Stato, dott.ssa Ferrara, alla quale chiedeva di far aprire la tabella di scrutinio della sezione n. 3, onde verificare la correttezza del risultato.

Del resto, sarebbe poi stato appurato che nella sezione n. 3 i voti riportati dal candidato Pascale non erano stati correttamente trascritti, in quanto nel verbale delle operazioni compiute era stato annotato un numero di voti inferiore a quelli riportati: uno in meno».

Uno “spaccato” della cronaca rovente di quei giorni. I lacchesi avevano comunque già espresso – per la prima volta – la loro volontà e le schede erano state scrutinate. Dunque «la manifestazione di dissenso avveniva non certo all’interno del seggio elettorale e non certo nel corso dell’adunanza elettorale, che si era già svolta, ma, anzi, quando tutte le operazioni elettorali si erano ormai concluse da tempo e dopo che erano stati peraltro proclamati i risultati delle consultazioni».

E dunque non si poteva addebitare a Giacomo Pascale il reato contestatogli: «È evidente – ha rimarcato il difensore – come detta condotta non sia stata e non possa nemmeno essere considerata idonea a turbare il regolare svolgimento dell’adunanza elettorale. Non poteva neanche potenzialmente porre in serio e concreto pericolo il regolare svolgimento dell’adunanza elettorale, né tanto meno impedire il libero esercizio del voto, operazioni che si erano già concluse regolarmente da tempo. Ed era stato peraltro anche proclamato il risultato delle consultazioni. Tanto non è soltanto riconosciuto dallo stesso denunciante, ma si evince indiscutibilmente dalla visione del filmato. Ciò non consente di poter ritenere in alcun modo integrato il reato contestato».

PROTESTA VERBALE

Ma c’è di più. La violazione contestata si riferisce a minacce ed atti di violenza. Pascale si era limitato a pronunciare delle frasi un po’ forti, ma non era andato oltre. E il suo legale non ha mancato di sottolinearlo al giudice Palagano: «Sotto altro profilo, la condotta penalmente rilevante consiste in “minacce e atti di violenza” con i quali viene turbato il regolare svolgimento delle adunanze elettorale o si impedisce il libero esercizio del voto. Si esige quindi un comportamento caratterizzato da atti di violenza e minacce.

E di certo il Pascale, nell’occasione, non ha né posto in essere atti violenti contro chicchessia né ha rivolto ad alcuno minacce: neanche il denunciante ha riferito un simile comportamento. La sua condotta si è semplicemente sostanziata in una protesta, che può aver assunto toni aspri, ma mai minacciosi e non si è certamente risolta in alcun atto violento.

Manca pertanto, anche sotto tale aspetto, l’elemento materiale richiesto per l’integrazione della fattispecie».

Richiamando la presenza di tutori dell’ordine testimoni dello “sfogo” dell’imputato: «Del resto, il Pascale si rivolgeva al Commissario di P.S. ed era affiancato da un ispettore della Polizia di Stato, che gli porgeva anche un bicchier d’acqua. Erano presenti numerosi appartenenti alle forze dell’ordine e se il Pascale si fosse reso autore del reato contestato, se avesse posto in essere un’azione violenta o minacciosa, probabilmente sarebbe stato tratto in arresto». Per concludere: «È indiscutibile come dalla stessa prospettazione dei fatti offerta dal denunciante non emergano elementi per poter ritenere configurabile il reato contestato, appalesandosi superflua una ulteriore attività di istruttoria dibattimentale». Il giudice ha accolto questa tesi e ha assolto Giacomo Pascale. Le elezioni del 2020 a Lacco Ameno si sono definitivamente concluse…

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