lunedì, Dicembre 23, 2024

Lacco Ameno, il comune “Loda” Perrella. Mazzata da 267mila euro per Pascale & co…

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IDA TROFA | Dopo la breve stagione universale degli accordi politicamente globalizzati e condivisi sotto il simbolo di un solo potere, cambia il confine tra chi sei tu e chi sono io, tra chi comanda e chi è comandato, chi è al governo di maggioranza e chi tra gli scranni poco comodi della opposizione. Riemerge, come nuovo, il simbolo del momento lacchese, un mondo che si restringe pur di lasciar fuori l’altro, pur di finalizzare la sua rivalsa. È la nuova Lacco Ameno senza un’idea di porto. Confine contestato e riconsacrato, attaccato e difeso in una guerra tra Giacomo Pascale e Domenico De Siano che mette in gioco l’asset interno del paese, così come lo avevano ereditato sulle tracce di un passato di pace vissuta almeno fino a qualche anno fa. Era forse il Pascale 1.0 o forse prima. Quell’accordo di spartizione del comune è saltato con l’entrata a gamba testa sul mandato di Giacomo Pascale e la sua destituzione, con l’invasione del popolo della “Libertà, Libertà” sui territori del Fungo.

Il comune “Loda” Perrella
Giunge così l’atteso esito dell’annosa questione dell’approdo turistico. È dell’ultima ora l’esito del “lodo” arbitrale in atto tra il privato gestore del porto turistico di Lacco Ameno e l’ente locale. Un match tesissimo, che va avanti da tanto, troppo tempo, la cui ultima sfida dà ancora ragione al privato. Il comune rimedia una sonora batosta economica (pagherà 276.992,31 euro), ma si consola beandosi per non dover consentire al proroga della concessione in favore del gestore fino al 31dicembre 2025. Così deciso, nella sede del Collegio, dagli Arbitri riuniti in Camera di Consiglio in data 6 giugno 2022.

Le ragioni del Collegio Arbitrale
E’ presto detto. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando sulle questioni sottoposte alla sua attenzione così provvede: In parziale accoglimento della prima domanda formulata da parte attrice, dispone la riduzione del canone di cui al contratto di concessione n. rep. 37/2017 relativo all’annualità 2019 del 60%.
Ancora, accerta e dichiara l’obbligo dell’Amministrazione Comunale al risarcimento, in favore di parte attrice, del danno consistito nella distruzione dei pontili e degli impianti nel corso della mareggiata del febbraio 2019, in conseguenza dell’esecuzione dei lavori di rifrazione della scogliera senza il preventivo apprestamento delle opere di contenimento, e senza consentire prima dell’inizio dei lavori lo smontaggio dei pontili. Per l’effetto, condanna il Comune al pagamento in favore della Marina del Capitello della somma di € 172.841,00, oltre IVA, interessi.

Inoltre, rigetta tutte le altre domande formulate dalle parti. Tra cui la richiesta di “Accertare e dichiarare che, in applicazione della convenzione la Società Marina ha titolo al ristabilimento dell’equilibrio economico-finanziario della concessione, in dipendenza dell’impossibilità di utilizzo della stessa per fatto riconducibile all’Amministrazione Comunale, a mezzo proroga della durata dell’affidamento, fino al 31.12.2025”.
In ultimo ma non per ultimo condanna parte attrice per 1/3 e parte convenuta per 2/3, fermo il vincolo della solidarietà passiva, al pagamento delle spese di funzionamento del Collegio Arbitrale, liquidate con separata ordinanza. Condanna la parte attrice per 1/3 e parte convenuta per 2/3, fermo il vincolo della solidarietà passiva, al pagamento delle spese di CTU, liquidate in € 9.955,00 complessivi, oltre oneri di legge, detratti gli acconti ove ricevuti. Condanna, inoltre, la parte attrice al pagamento delle spese di lite in favore di parte convenuta nella misura dei 1/3 della somma complessivamente spettante, pari ad€ 16.200,00, ossia in€ 5.400,00 oltre oneri di legge; condanna, altresì, parte convenuta al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice nella misura di 2/3 della somma complessivamente spettante, pari ad € 16.200,00, ossia in€ 10.800,00 oltre oneri di legge.

È tutta colpa loro: “inefficace la revoca amministrativa dell’affidamento”
Tutte le conseguenze, non solo economiche, del lodo sono imputabili esclusivamente a chi governa l’attuale panorama. Scelte, magari oculate, sicuramente diverse, avrebbero potuto, almeno, risparmiare aggravi economici a carico del pubblico bilancio e aprire scenari meno apocalittici per la comunità. Il lodo si conclude ed è esecutivo, non prevede altri step o gradi. Eppure, questo, poco conta in una guerra, fin qui, rivelarsi senza esclusione di colpi. Come a dire, dopo il lodo, non finisce qui…
Basandosi sulla recente sentenza del Tar Campania e alla luce del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte, in merito alle questioni demaniali e di diritto, il Collegio si ritiene competente a decidere sulla questione, che riguarda, per l’appunto, la fase esecutiva del contratto di concessione stipulato tra le parti, devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, considerando “inefficace la revoca amministrativa. Sul punto, nel rilevare che il contratto di concessione è giunto alla sua naturale scadenza in data 9 giugno 2021 e che le argomentazioni – scrive il collegio arbitrale- risultano superate da tale circostanza, il Collegio ritiene, infatti, non correttamente eseguita dal Comune la procedura di revoca della concessione in parola, seppur a fronte di un evidente inadempimento della controparte. Non si condivide, infatti, l’interpretazione fornita dal Comune, del contratto, il quale riconosce al concedente la facoltà di avvalersi della formula risolutiva di cui all’art. 1456 e.e. al verificarsi di quattro ipotesi, tra le quali non è previsto il mancato pagamento del canone; in particolare, il contratto prevede tre eventuali cause di risoluzione anticipata del contratto”.
Il Comune, infatti, nel sostenere la correttezza della revoca effettuata, ritiene che tale ultimo punto sia relativo a specifici articoli del contratto.

Sul punto, il Collegio non condivide l’interpretazione del comune e ritiene che “lo stesso avrebbe potuto adottare provvedimenti di revoca dell’affidamento in concessione soltanto al verificarsi delle quattro fattispecie indicate nel predetto contratto, tra le quali, lo si ripete, non si rinviene il mancato pagamento del canone di concessione. Il sopracitato punto in parola, infatti, nella sua formulazione lessicale, non può che essere relativo a ogni altra violazione e non a tutte le altre clausole contenute nel contratto, come invece suggerito dal Comune- cosi concludono i giudici- Tale interpretazione appare, a parere di chi scrive, l’unica possibile, pena la assoluta inutilità del contenuto di tale clausola: a rigor di logica, qualora si desse credito all’interpretazione fornita dal Comune, annullerebbe ab origine la necessità di prevedere tre singole ipotesi di cause di risoluzione, che, invece, sono state espressamente inserite nel regolamento contrattuale dalle parti, le quali, nell’ambito della loro autonomia negoziale, hanno evidentemente inteso limitare il potere di revoca della concessione del Comune al verificarsi di specifici fatti ritenuti di fondamentale importanza“.

La (mancata) consegna delle aree
Nel merito della mancata consegna delle are i giudici rilevano ulteriori inadempienze e passi falsi da parte degli amministratori locali che gioco forza danno ragione all’uomo del senatore Domenico De Siano.“Si ritiene che la mancata consegna integrale delle aree oggetto della concessione non costituisca un difetto della cosa locata, bensì un inadempimento della prestazione principale posta a carico del Comune ai sensi del contratto, che non ha permesso alla società la totale utilizzazione delle aree oggetto del contratto che le avrebbe consentito di eseguire le opere cui si era obbligata e di trarre le utilitates previste in suo favore dalla concessione stipulata. Per quanto riguarda, poi, l’impossibilità di utilizzazione della aree, vi è da dire che risulta effettivamente impedita alla concessionaria l’utilizzazione delle aree dal 21 novembre 2018 al 30 maggio 2019“.

E adesso continuate a dire che la SCARL non ha pagato
Nel merito della trattazione afferente la concessione delle aree che emerge come, troppo spesso, si sia usato il paradigma secondo cui, per la gestione del approdo turistico, Giuseppe Perrella non abbia mai pagato un euro. Come sostiene la corte l’imprenditore ha pagato qualcosa in più di un solo euro, ma…
“Il Collegio ritiene che una valutazione del rilievo sinallagmatico delle obbligazioni coinvolte, e, quindi della proporzionalità dei rispettivi inadempimenti, porti a concludere che la mancata consegna integrale delle aree e degli specchi acquei oggetto della concessione e la mancata possibilità di utilizzazione delle medesime per un periodo di sei mesi, anche a seguito di un comportamento colposo del Comune, come si vedrà nel prosieguo del presente lodo, rappresenta un inadempimento di quest’ultimo grave e comunque precedente a quello della società attrice, in funzione della natura e della finalità del rapporto, nonché del concreto interesse che la Marina del Capitello aveva all’esatta e tempestiva esecuzione delle obbligazioni di natura essenziale rimaste inosservate. Sì che, la condotta del Comune, avuto riguardo all’intero equilibrio del contratto, alla funzione economico-sociale dello stesso e all’incidenza delle obbligazioni inadempiute sul sinallagma, assurge a un’importanza tale da non giustificare il rimedio risolutorio dallo stesso invocato e legittima il rifiuto della società attrice di corrispondere il canone concessorio (seppur con le limitazioni che si andranno ad esporre), che si rivela conforme a buona fede e, quindi, in definitiva, giustificato. Allo stesso tempo, si rileva che non è comunque ammissibile l’integrale sospensione del pagamento del canone da parte della Società attrice, anche a seguito dell’eccezione di inadempimento formulata. Ed infatti, la prestazione del Comune consistente nella messa a disposizione delle aree oggetto della concessione è venuta a mancare soltanto parzialmente, sia perché la società è tornata ad utilizzare integralmente le aree a partire dal 30.05.2019, sia perché la stessa sembrerebbe essere rimasta comunque in possesso delle aree interdette, delle quali ha comunque potuto usufruire seppur in minima parte, se non altro quale deposito dei propri beni aziendali“. È adesso continuate a dire che la SCARL non ha pagato. Verrebbe quasi da chiedersi che fine hanno fatto i soldi. È il gioco delle parti, dei poteri che macinato poteri ed in mezzo, ci è finito il paese.

Nessun calo di fatturato per il gestore. Il collegio sculaccia anche Perrella e fa gioire il comune
Cosi al termine dell’ultima vicenda giudiziaria, sulla contesta portuale, al Perrella non riesce l’impresa di vedersi riconoscere il calo di fatturato, su questo ne esce mazzolato anche lui: ” La Marina di Capitello Scarl, non ha subito alcun calo di fatturato”. Così vede sfumare le bitte in concessione per i prossimi tre anni. Questo al contrario di quanto sosteneva il privato gestore. Ogni tanto, anche il comune, ottiene le sue piccole soddisfazioni. Sorridere no! Lacco Ameno non può permetterselo, perché in questa assurda faccenda di uomini, politica e mala gestione c’è solo da piangere. Forse toglie l e come alle barche del senatore azzurro all’insegna Scarl era l’unico dogma perseguito.

Nessun calo di fatturato per il gestore. Il collegio sculaccia anche Perrella
“Sennonché, sul punto appaiono fondate le contestazioni del Comune, il quale segnala che l’attrice non ha prodotto non soltanto il P.E.F. integrale ed asseverato, ma altresì i propri bilanci di esercizio, in mancanza dei quali non è possibile per il giudicante valutare l’effettiva diminuzione del fatturato ed accertare la fondatezza delle deduzioni proposte dalla Marina del Capitello, che appaiono prive di riscontro probatorio. Né si può sorvolare sulla circostanza che l’asserita perdita di fatturato sembrerebbe smentita dalla nota integrativa del bilancio di esercizio al 31.12.2019 della Marina del Capitello depositata dal Comune, nella quale si legge di un incremento del fatturato aziendale.Sebbene tale circostanza non escluda alla radice un mancato incremento del fatturato per la società attrice dovuto alla impossibilità di realizzare integralmente il programma economico di cui alla convenzione, il Collegio non può esimersi dal segnalare che soltanto una rigorosa prova del danno richiesto in questa sede avrebbe potuto comportare l’accoglimento della domanda. Pertanto, pur ritenendo il Collegio accertato l’inadempimento del Comune, non si ritiene accertato il danno che la società attrice ritiene di aver subito e la domanda sul punto va rigettata”.


Il lodo in numeri
Il comune è stato condannato a pagare 172.841,00 mila euro più IVA pari 210,866,02 più interessi e rivalutazione
Perrella è stata o condanno al pagamento del 40% del canone 2019: 63.750 euro.
Il comune nel merito ha già pignorato al legale rappresentante della Scarl Giuseppe Perrella la somma di 45,338,23 euro.
Il Perrella deve all’ente 18.411,77.
Il comune deve pagare in favore di Marina del Capitello spese legali pari a 10.800,00 euro.
In più il comune deve pagare per le spese del collegio della CTU 73.738,06 euro.
Ai lacchesi il lodo costa 276.992,31 euro tra spese legali e quelle che deve versare a Perrella.

Il lodo in sintesi
Come è noto, nel 2021, mentre il Tar decideva sul destino della concessione che il Comune revocò la scorsa estate, un altro procedimento era in corso davanti al Tribunale ordinario di Napoli, che a dicembre 2021 aveva revocato il decreto emesso “inaudita altera parte” il 31 luglio dello stesso anno, rendendo quindi nuovamente esecutivo il decreto ingiuntivo con cui il Comune chiedeva il versamento del canone annuale della stagione 2019 da parte della società Marina di Capitello, canone pari a 170mila euro.
La società pretendeva che il costituendo collegio arbitrale condannasse il Comune al pagamento di quasi un milione di euro per i presunti inadempimenti dell’ente e per risarcimento dei danni.
L’obiettivo del ricorso all’arbitrato era quello di veder condannato il Comune al pagamento di una somma pari addirittura a 276.417,89 più 200.971,00 euro oltre interessi e rivalutazione. Obiettivo centrato solo in parte dal Perrella ed in ogni caso, in maniera dolorosa, per i cittadini.
La Marina di Capitello chiedeva infine, non ottenendola, una proroga della durata dell’affidamento fino al 31 dicembre 2025 per il calo fatturato. Il Comune di Lacco Ameno, dopo aver incassato la favorevole decisione del Tribunale di Napoli che aveva reso esecutivo il decreto ingiuntivo contro la Scarl, ha resistito appellandosi alla nullità della clausola arbitrale, già riconosciuta in sede civile, opponendosi con successo alla proroga fino al 2025.

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