Gianni Vuoso | Fra le opere del famoso tragediografo inglese Shakespeare, la più breve tragedia è quella dedicata al più sanguinario personaggio assurto al trono di Scozia, il celebre Macbeth. E’ l’opera che meglio delle altre e appunto, in breve, descrive la sete di potere, l’ambizione umana, la voglia spasmodica di primeggiare. Fu composta ai primi del 1600 e probabilmente la versione più famosa è quella che Giuseppe Verdi ha adattato per la musica operistica.
“Il tema mi ha affascinato- dice Domenico D’Agostino- è fra quelli che non tramontano mai, quale appunto la sete di potere, ma sinceramente, si può parlare di argomenti del genere col sorriso sulle labbra, lasciando da parte la tragedia, una forma che oggi, secondo me, appesantisce troppo l’animo umano.”
Non tragedie ma commedie dunque?
“Non voglio dire: questo no e questo sì- risponde D’Agostino- però voglio sottolineare che oggi si ride poco, il mondo è già succube di tanti guai, conduce una vita già di per sé pesante. Chiamare lo spettatore al teatro per sottoporlo ad un’altra serie di problematiche, non mi è proprio parso il caso. E’ bello avere di fronte un pubblico che si diverte, che ti applaude soddisfatto, che per un paio d’ore circa, si allontana dalla sua routine quotidiana. Nello stesso tempo avrà anche modo di riflettere sulle miserie umane, sulla voglia che hanno tanti di essere primi a tutti i costi, di non evitare neppure l’omicidio per raggiungere questo obiettivo”.
Come è successo nel suo fortunatissimo “Barone Macobetti”, messo in scena al Polifunzionale, nell’ambito di “Aenaria”, oggi diventata la “Festa delle Arti performative”, creatura teatrale dell’ingegno di Corrado Visone.
Un lavoro che ha divertito il pubblico accorso numeroso nella sala di via Morgioni, nonostante gli allagamenti ormai tradizionali della zona, per ben tre serate.
Un lavoro riuscito benissimo grazie anche alla regia di un giovane attore come Aaron Insenga, figlio d’arte e fortunato organizzatore di interessanti serate al suo spazio del “Sole a Mezzanotte”. Aaron sta vivendo un periodo intenso di impegni teatrali, ricco di successi e di soddisfazioni, coadiuvato da elementi di spicco come Aurora Cecchi, Cenzino Di Meglio. Fino a varcare la soglia della sala regia. Ha dato un tocco di qualità al “barone” di D’Agostino, forse affascinato dal clima in cui si muove il personaggio, fatto di cose strane, allucinanti, violente, di volti stregati, sapientemente truccati, proprio come piace ad Aaron, che in varie occasioni, si è presentato al pubblico con maschere surreali, ormai una sua specialità.
Del lavoro di D’Agostino abbiamo apprezzato la scenografia, essenziale, ridotta davvero all’osso, a dimostrazione che si può fare teatro senza svaligiare un mobiliere. E in particolare siamo stati affascinati dal testo, anch’esso lineare e chiaro, arricchito da trovate singolari quali certe esclamazioni in napoletano, non esclusa la parolaccia che per noi è spesso un simpatico e colorito rafforzativo. Chi avrebbe mai immaginato un Barone scozzese esprimersi come spesso l’abbiamo sentito? Tanto da far invidia al più semplice e diciamo pure volgare Francischiello. Il pubblico ha colto con vigorosi apprezzamenti questi siparietti, ha messo da parte volentieri il pesante Shakespeare per gustare tanti giovani attori che pur se alle prime armi, hanno dimostrato tanta buona volontà, affidati completamente ad un regista e ad un autore che sono stati in grado di plasmarli tutti.
Fra gli elementi di spicco senz’altro un Cenzino Di Meglio in versione sicula, un perfetto sicario, con tanto di coppola e di stretto accento da camorrìa, accompagnato da una Aurora Cecchi sempre agile, sprizzante, in questa occasione più simile ad un pericoloso picciotto da tenere a bada per calmare i suoi spiriti bollenti.
Con il lavoro di D’Agostino Aenaria non ha compiuto ancora il primo giro di boa perché all’appuntamento infatti, ci aspettano ancora “In fondo è primavera” previsto per stasera 23, “I giusti nel tempo del male” per il 30, “Icaro caduto” per il 7 e infine, l’atteso “Rapido 904”, scritto e ideato dallo stesso Corrado Visone, un omaggio alla tragedia che segnò la scomparsa di Federica Taglialatela, trentacinque anni fa.
Eppure, la “Festa” si è già affermata come l’ormai tradizionale rassegna di cose buone dal mondo del teatro.
Corrado Visone ha ancora una volta colpito. Ha aperto la sua “Festa” con una storia vera, quella del “Maestro più alto del mondo”, un maestro anarchico vittima del nostro sistema sanitario, ma soprattutto dei tabù della nostra società; una storia affidata ad un bravissimo Orazio Cerino che per un’ora esatta e tutta di filato, ha snocciolato gli intrighi, i problemi, le ansie, le paure del povero maestro, le assurdità di un mondo che ci vuole omologati alle regole dei più.
E dopo la bellissima prova della coppia D’Agostino-Insenga, ora è la volta di Simona Forte della compagnia “Teatrisospesi”.
Anche questa di stasera è una storia vera, legata al ventennio fascista e alle sue assurde crudeltà. Al centro della storia è la donna, ancora e sempre vittima ieri come oggi, della violenza maschile e del potere. Ritorna il manicomio, quello che la volta scorsa ha colpito il Maestro più alto del mondo e che ora colpisce la donna, perché non disponibile ad accettare il volere del regime.
Corrado ha scelto temi di grande impegno civile. E’ stato coraggioso in un’isola che non è poi tanto impegnata sui temi civili. In un’area teatrale che non è poi tanto disponibile ad accogliere proposte come quelle che quest’anno la “Festa” di Visone sta suggerendo. Ecco perchè parliamo di coraggio. E per fortuna c’è chi ci crede e non si lascia sopraffare dalle idiozie, dai temi comuni, dalle vecchie storie di sempre, con i soliti tradimenti e i doppi sensi.
Insomma, con Visone il teatro d’Ischia diventa prima “Festa” e poi “festa del pensiero” dove c’è chi invita a riflettere.
Forse un giorno, cominceremo anche ad agire in prima persona, a schierarci.
Noi in questa coraggioso tentativo di Corrado cogliamo un messaggio: la genuina e chiara sollecitazione di un giovane che avverte il bisogno di alzare la voce per dire: ischitani, sveglia!
foto tommaso monti