domenica, Settembre 8, 2024

Lasciata morire nella vegetazione del Terone. Il compagno di Marta va a Poggioreale con l’accusa di maltrattamenti

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Il dramma di Marta inizia a prendere connotati diversi da quelli diffusi nelle prime ore del suo ritrovamento. E sarebbero state le indagini svolte dal Pubblico Ministero ad aver fatto emergere una diretta responsabilità del compagno di Marta, Ilya Batrakovm, cittadino di nazionalità russa con cui la donna era legata dal 1° novembre 2019.

Una storia, quella di Marta e Ilya. nota a tutti come una storia fatta di violenza e di alcool e difficile da in quadrare. Una storia fatta di ripetuti accessi al Pronto Soccorso ma con la donna che, in più occasioni, ha sempre difeso l’uomo.

Quello che emerge dalle indagini svolte sul cellullare dell’uomo farebbe cambiare l’intera scena. Secondo quanto emerso dall’ispezione del telefono cellulare dell’uomo, Marta avrebbe inviato al compagno una serie di chiamate e di messaggi nel pomeriggio di sabato 13 luglio con disperate richieste di aiuto dopo essere caduta in un dirupo del “Terone”, una zona impervia della frazione del Vatoliere di Barano d’Ischia dove, tra l’altro, viveva anche la famiglia di lei.

Da quanto ricostruito dalle indagini, Marta, dopo aver trascorso l’intera notte di sabato tra la vegetazione sarebbe stata ritrovata morta domenica mattina dopo la denuncia della scomparsa effettuata, presso i Carabinieri, dallo stesso compagno.

Sempre secondo le indagini, Marta avrebbe subito da parte del convivente diverse aggressioni e sarebbe stata minacciata di morte con un coltello, presa a pugni e schiaffi e isolata dai suoi stessi familiari che l’uomo, russo, odiava in quanto ucraini. In una circostanza nel corso della loro relazione, addirittura, l’uomo avrebbe bruciato i vestiti della donna e l’avrebbe fatta cadere di proposito su un fuoco acceso, causandole ustioni di secondo grado al gluteo, alle braccia e all’addome. In un caso, a detta della sorella della vittima, li ha ingiuriati definendoli “ucraini di merda che devono morire”.

Batrakovm è stato sottoposto a fermo dai militari dell’arma e dai pm della sezione “fasce deboli” della Procura di Napoli con l’accusa di maltrattamenti.

Secondo l’accusa, infatti, l’indagato non si sarebbe attivato per salvarla. Ascoltato dal magistrato, avrebbe addirittura raccontato che nella notte tra il 13 e il 14 luglio sarebbe uscito alla ricerca della compagna, trovandola tra la vegetazione e ancora in vita e avrebbe detto alla donna “per la notte lei avrebbe dovuto dormire lì” condannando, di fatto, la donna a morire di stenti in una lentissima agonia.

Domani mattina, al carcere di Poggioreale, si terrà l’udienza di convalida del fermo dell’uomo, assistito dagli avvocati Rocco Maria Spina e Ciro Pilato. L’accusa per l’uomo è quella di maltrattamenti ai sensi dell’articolo 572 c.p. 3° comma (Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni) e la stessa potrebbe cambiare all’esito dell’esame autoptico disposto sul corpo della donna dal quale emergerà la causa della morte che, per il momento, è dato come caduta accidentale. Nel caso in cui, invece, dovessero emergere conferme di altro tipo, il quadro accusatorio potrebbe cambiare e diventare molto più serio. In quel caso, è ovvio, avremmo a che fare con un altro tipo di reato.

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