Io penso spesso ai giovani, agli adolescenti, a quelli più grandi, a chi decide di fermarsi al diploma, a chi va subito a lavorare, a chi continua a studiare fino alla laurea, magari in un’università lontana da casa, a chi sceglie di fare un’esperienza all’estero, a chi si sente disorientato e non riesce a trovare la propria strada perché, forse, ciò che desidera non è davvero il lavoro della sua vita.
Sono una donna che sta invecchiando, ma non voglio pensare: “Ai miei tempi era tutto più bello. I giovani di oggi fanno quello che vogliono, sono viziati, escono fino a tardi, sono liberi di fare ciò che vogliono. Noi non potevamo vederci con i fidanzati per notti intere, non potevamo viaggiare con loro.” No, io non la penso così.
Sono sempre felice di ricordare gli anni della mia giovinezza, in cui mi sentivo libera. Vivevo vicino al mare, in un’epoca senza automobili né motorini. Potevamo correre nei vicoli, giocare serenamente, e se avevamo fame, la mamma più vicina ci preparava fette di pane bagnato con lo zucchero sopra, come se ognuno di noi avesse tante mamme.
So che ogni epoca ha i suoi limiti e le sue bellezze. So che, crescendo, ognuno di noi coltiva sogni. E so che ci sono tante persone sagge, capaci di vivere bene il loro tempo.
Io non credo che i giovani di oggi siano una generazione sbagliata o una generazione di “bamboccioni” dipendenti dai genitori. Conosco ragazzi che lavorano e studiano, che sono educati e rispettosi. Ragazzi che amano divertirsi, fare tardi la notte, magari perché ogni epoca ha il suo modo di vivere: prendere un cornetto caldo all’alba, ridere e chiacchierare insieme mentre il sole sorge.
Conosco giovani che organizzano feste, che si ritrovano in riva al mare d’estate, che ballano sulla sabbia. Giovani che praticano sport, vanno in palestra, conducono una vita sana, fanno volontariato.
Non vedo perché dovremmo essere quelli che, invecchiando, dicono: “Ai miei tempi era tutto più bello.” Non ci credo. Io sono stata felice perché nei miei tempi non c’erano troppi pericoli e potevo giocare con chi volevo, senza paura della morte. Quando qualcuno se ne andava, erano gli anziani, e i nostri parenti maschi portavano il lutto con una fascia nera sul braccio, mentre i meno stretti vestivano di blu o mettevano un bottone nero sulla giacca.
Eppure, quello che mi piace ricordare è che non esistevano parole come diversità, inclusione, limiti.
Voglio concludere dando fiducia ai giovani, dicendo che li seguo e che mi piace quando fanno gruppo, quando si divertono in modo sano, senza eccessi. Mi piace sapere che hanno progetti per il futuro, che migliorano il mondo rispettando l’ambiente e chi lo abita.
Cari giovani, vi voglio bene. Siete sempre nei miei pensieri. So che ci sono ragazzi che si sentono invincibili e finiscono per farsi del male o farne agli altri. Ma so anche che, spesso, chi si comporta così non è felice, o cerca di imitare chi appare più forte.
Noi adulti abbiamo la responsabilità di esserci sempre per voi, senza escludere chi non ha seguito la strada che avremmo voluto. Non dobbiamo sentirci sconfitti o pensare di possedere le vostre vite. Dobbiamo continuare a provare, a trasmettere messaggi positivi, a smettere di credere che se aveste seguito i nostri consigli, sarebbe stato solo merito nostro.
Vorrei tanto che anche chi sbaglia, pagando sulla propria pelle, potesse sentirsi circondato da fiducia, mai isolato o lasciato solo. Vorrei che potesse superare quei muri di pregiudizio che, senza aghi né inchiostro, marchiano per sempre chi non si è uniformato.
Credo in voi e mi piacerebbe vedervi carichi di passioni e di sogni. Perché chi ha sogni e passioni sente di essere davvero dentro la vita, dentro il flusso dei giorni. E proprio inseguendo le proprie passioni si impara a rispettarla, a non trattarla con superficialità. Perché la vita non è una cosa sola, né una sola persona: è un intreccio di cose e di persone che dovrebbero sempre potersi tendere la mano.