Il Commissario spiega come si è giunti allo strumento presentato
Siamo con il Commissario Legnini per commentare quello che rappresenta forse il momento di svolta più importante nella ricostruzione a Ischia: l’adozione definitiva del Piano per la Ricostruzione.
– È vero che ci sono ancora 60 giorni affinché i cittadini e i portatori di interesse possano presentare osservazioni, ma mi sembra che il lavoro più grande sia stato completato. Questo emerge chiaramente da quanto ascoltato durante la conferenza stampa e l’assemblea con i cittadini. Quanto è importante questo momento per Ischia e rappresenta davvero un punto di svolta per la ricostruzione dell’isola?
«Per rispondere alla sua domanda, è importante fare una premessa. L’adozione di questo Piano rappresenta il risultato di una serie di tappe fondamentali e strumenti di programmazione e pianificazione. Il Piano stesso si incarica di sintetizzare e integrare queste tappe, che comprendono il Piano di Protezione Civile per la riduzione del rischio, elaborato dopo l’evento catastrofico del 26 novembre, e gli studi e le analisi condotti da università e centri di competenza.
Un ruolo centrale è stato svolto dal Piano degli interventi strutturali di mitigazione del rischio idrogeologico. Questo include opere fondamentali come la sistemazione degli alvei, la costruzione di briglie e vasche, il rifacimento delle reti fognarie e dei sistemi paramassi, tutte opere in fase di progettazione o già avviate.
A questi si aggiungono le scelte urbanistiche, di rigenerazione urbana e paesaggistiche, che rappresentano una visione integrata del territorio. Tutti questi elementi sono confluiti nel Piano di Ricostruzione, che possiamo definire lo strumento cardine di questo processo. Tuttavia, manca ancora un passaggio essenziale: il Piano delle Delocalizzazioni. Questo strumento può essere sviluppato solo successivamente all’approvazione del Piano di Ricostruzione, in quanto logicamente e cronologicamente subordinato».
LE DELOCALIZZAZIONI
– Per i cittadini che non potranno ricostruire nelle stesse aree, il Piano introduce alcune indicazioni fondamentali. Mi riferisco soprattutto a Casamicciola e Lacco Ameno, ma in parte anche a Forio. Con l’adozione del Piano, si è arrivati a un punto cruciale per la ricostruzione privata. Qual è il futuro di questi cittadini, considerando sia le delocalizzazioni obbligatorie che quelle volontarie? E a quanti cittadini è stata data una risposta concreta, soprattutto per quelli contrassegnati con il colore nero? Parliamo dei 365 immobili citati: quanti cittadini sono coinvolti?
«Gli immobili individuati per la delocalizzazione sono meno di 365; si tratta di circa 360 unità immobiliari. Tuttavia, il numero di edifici da delocalizzare è stimato intorno ai 320. Secondo i calcoli della Regione, potrebbero essere leggermente di meno, ma il numero definitivo sarà disponibile solo alla conclusione del processo. Questo accadrà dopo che saranno valutate le osservazioni dei cittadini, i tecnici dei Comuni avranno svolto le loro analisi e gli edifici saranno esaminati più approfonditamente. Non possiamo escludere che alcuni immobili siano tolti dalla lista, così come non possiamo escludere che altri siano aggiunti.
Per quanto riguarda i cittadini coinvolti, il dato dipende dalla natura degli edifici: residenziale, seconda casa o attività produttiva. Abbiamo già una prima analisi che indica un numero significativo di persone interessate. Tra gli edifici individuati, circa 60 – nello specifico 58 – sono agibili: non sono stati danneggiati né dalla frana né dal sisma, ma si trovano in aree ad altissima pericolosità, come alvei o zone particolarmente critiche.
La domanda cruciale è cosa accadrà a questi edifici. Spetta al legislatore decidere: si dovranno delocalizzare o interdire? E, in caso affermativo, i cittadini avranno diritto a un indennizzo? Questo, ovviamente, a condizione che gli edifici siano legittimi.
Un’altra conseguenza del Piano riguarda l’individuazione di aree di atterraggio per la ricollocazione degli immobili. Il Piano identifica finalmente queste aree, superando la difficoltà e i costi legati alla ricerca sul mercato di immobili da acquisire. Tra queste aree spiccano due macro-aree principali: il Pio Monte e l’area del La Pace, oltre a una serie di altre zone nei tre Comuni principali. Queste aree rappresentano una svolta cruciale per la ricostruzione del territorio».
LE DEMOLIZIONI PUBBLICHE
– Gli edifici sono stati classificati come agibili, non agibili o danneggiati. Nel Piano delle Demolizioni Pubbliche c’è una casistica che include anche edifici non danneggiati ma situati in aree pericolose. Qual è il ruolo di questo Piano rispetto alle demolizioni obbligatorie e come si distingue dalle altre situazioni?
«Le demolizioni pubbliche sono finalizzate a sbloccare situazioni di stallo. Se un edificio è gravemente danneggiato, rappresenta un pericolo per la circolazione o ostacola le attività di ricostruzione, è possibile procedere con la demolizione d’ufficio. Non siamo animati da una volontà distruttiva, ma è chiaro che non possiamo più tollerare situazioni che costituiscono uno scempio per il paesaggio o per la sicurezza pubblica.
In molti casi, gli edifici da demolire coincidono con quelli da delocalizzare obbligatoriamente, il che semplifica il processo: i cittadini sanno di avere diritto ai contributi per rilocalizzarsi altrove. Tuttavia, se un edificio non rientra nella delocalizzazione obbligatoria e non rappresenta un pericolo conclamato, non vi è motivo di procedere con la demolizione pubblica.
Il Piano è stato aggiornato per tenere conto di queste specificità e il numero di contenziosi è sorprendentemente basso: parliamo di soli due o tre ricorsi al TAR. Questo dimostra che il processo è stato gestito con equilibrio e trasparenza».
PIO MONTE E LA PACE AREE DI ATTERRAGGIO
– Il Pio Monte e il complesso La Pace sono centrali nel processo di ricostruzione. Qual è lo stato delle decisioni per queste aree e quale sarà il loro ruolo nella ricostruzione?
«La destinazione del Pio Monte sarà definita dal Comune di Casamicciola, che deve indicare chiaramente l’utilizzo dell’area. Abbiamo coinvolto il Politecnico di Milano e l’architetto Fuksas per sviluppare proposte. Una volta che il Consiglio Comunale avrà preso una decisione, io emetterò un’ordinanza conclusiva per avviare l’intervento.
Per quanto riguarda La Pace, siamo vicini alla conclusione dell’accordo. Aspettiamo solo la stima da parte dell’Agenzia del Demanio. Se non si raggiungerà un’intesa, procederemo con l’esproprio, anche se speriamo di evitarlo. Entrambi i siti sono fondamentali per ospitare nuove abitazioni e ridisegnare il volto urbanistico dell’isola».
I LAVORI AL CELARIO
– Torniamo al cuore della tragedia: il Celario, il luogo più colpito, è centrale sia per le vittime che per la messa in sicurezza. Qual è lo stato dei lavori in quest’area?
«Per il Celario, i lavori sono stati recentemente affidati e prevedono la sagomatura e la ridefinizione dell’alveo. Si tratta di un intervento cruciale, considerando che è l’area più colpita anche in termini di vite umane. Speriamo che i lavori possano iniziare nelle prossime settimane.
Per gli interventi a monte, come quelli nell’area del’Epomeo, abbiamo già affidato la progettazione a fine anno. Sono lavori di grande rilevanza, che andranno a completare il quadro della messa in sicurezza dell’area. L’obiettivo è consentire il rientro di un numero significativo di famiglie in condizioni di sicurezza accettabili».
– La ricostruzione pubblica sembra essere il punto più critico. Come si procederà per accelerare i tempi, soprattutto per scuole ed edifici pubblici?
«La ricostruzione pubblica è senz’altro il nervo scoperto di questo processo. Tuttavia, il lavoro fatto finora non è stato vano. Alcuni cantieri sono già partiti e molti progetti stanno maturando nei tre Comuni principali.
Non possiamo più permetterci ritardi. Le scuole e gli edifici pubblici sono quasi tutti finanziati, quindi non ci sono più scuse. Intendo dialogare con i sindaci per individuare eventuali ostacoli, valutare deroghe o predisporre misure straordinarie per accelerare. Il grosso dei cantieri deve partire entro quest’anno».