“Dopo Casamicciola – ci ha detto l’avvocato Molinaro -, anche per Forio viene accolto il mio ricorso per l’housing sociale. Accolta anche la mia richiesta di nomina del commissario ad acta, con spese a carico dell’ente. Considera che questo è uno dei casi della blacklist e che il comune di Forio aveva già richiesto alla cassa depositi e prestiti il finanziamento della spesa occorrente per la demolizione..
«Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Sesta definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto ordina al Comune di Forio di provvedere in ordine all’istanza indicata in epigrafe, nel termine di 90 giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza. In caso di inesecuzione nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Prefetto di Napoli, o un funzionario all’uopo designato, il quale provvederà, dietro presentazione di specifica istanza dell’interessata, nell’ulteriore termine di 90 gg.» è questa la decisione ultima con cui il TAR accoglie e salva una casa foriana dalla “demolizione”.
La sentenza, ricorda che “I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’ acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi”.
E in questo caso, il TAR è ancora più “a favore” della cittadina intestataria della demolizione: «Pone a carico del Comune gli oneri per l’eventuale attivazione del commissario con la precisazione che il compenso del commissario, da calcolare ai sensi del D.M. 30 maggio 2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione (nel termine decadenziale di cui all’art. 71 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) da parte dello stesso, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché la precisazione se l’attività è stata svolta al di fuori dell’orario di servizio»
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 287 del 2016, proposto da:
Maddalena D’Abundo, rappresentata e difesa dall’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro con il quale domicilia ai sensi dell’art. 25 c.p.a. in Napoli presso la segreteria del T.A.R.;
controComune di Forio, in persona del rappresentante legale p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
a) del silenzio rifiuto formatosi, per l’inutile decorso del termine di trenta giorni previsto dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, sulla diffida inoltrata al Comune di Forio in data 27 novembre 2015 (prot. n. 33233);
b) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale comunque lesivo della posizione della ricorrente;
FATTO e DIRITTO
Espone la ricorrente di aver inoltrato al Comune di Forio in data 27 novembre 2015 (prot. 33233) un atto di diffida volto ad ottenere l’adozione di una “delibera consiliare che stabilisca, in concreto, i criteri di assegnazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 1, comma 65 della legge regionale Campania n. 5/2013, riconoscendo precedenza a coloro che, come l’intimante, anche nel tempo dell’eventuale acquisizione, occupavano il cespite”.
Nell’istanza la ricorrente ha rappresentato che:
– in data 4 luglio 2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli a seguito della sentenza del 5 dicembre 2005 del Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, le ha ordinato di demolire il manufatto abusivo sito in Forio alla via Belvedere, località Pomicione;
– per le medesime opere il Comune aveva già emesso l’ordinanza di demolizione n. 151 del 14 aprile 2003, rimasta inottemperata;
– stante l’inottemperanza al predetto provvedimento sanzionatorio potrebbe essersi materializzata per tali opere l’acquisizione al patrimonio comunale, pertanto, sussiste l’interesse a che il Comune adotti i criteri di assegnazione dei cespiti acquisiti al patrimonio comunale con precedenza per gli occupanti previsti dall’art. 1, comma 65 della l.reg. n. 5/2013.
Essendo rimasto inerte l’ente locale, la ricorrente ha adito il T.A.R. per sentir dichiarare l’illegittimità della condotta omissiva tenuta dall’amministrazione.
A sostegno della pretesa ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Non si è costituito il Comune intimato.
Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
La questione posta all’esame del Collegio è stata già risolta da questo Tribunale in senso favorevole alla pretesa della ricorrente (cfr. sentenze Sez. II, nn. 4961/2015, 696/2016; Sez. VII n. 2931/2014, quest’ultima, confermata dal Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 6155/2014).
Ai sensi dell’art. 1, comma 65 della l.r. n. 5/2013 “Per favorire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 7 della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’ edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’ assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare. In tal caso il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in euro per metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’ acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi”.
Come sopra esposto, la ricorrente ha chiesto che venga accertato l’obbligo del Comune di adottare i suddetti criteri di assegnazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale.
Al riguardo devono ritenersi sussistenti le condizioni dell’azione processuale (legittimazione ed interesse ad agire).
La ricorrente, infatti, occupa un immobile abusivo soggetto a possibile acquisizione al patrimonio comunale e ha, quindi, interesse alla eventuale assegnazione a seguito dell’adozione da parte del Comune dei relativi criteri; criteri nell’ambito dei quali va riconosciuta precedenza agli occupanti del cespite al tempo dell’acquisizione.
In particolare, il Comune ha emesso l’ordinanza di demolizione n. 151 del 14 aprile 2003 avvertendo l’interessata che in caso di inottemperanza entro il termine assegnato si sarebbe proceduto all’acquisizione di diritto del cespite al patrimonio comunale.
Giova precisare che l’esistenza di un ordine di demolizione (anche) del giudice penale (sentenza 5 dicembre 2005 del Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia) non muta le conclusioni sopra rassegnate in termini di sussistenza delle condizioni dell’azione processuale.
La costante giurisprudenza (penale e amministrativa) si è espressa nel senso che l’intervenuta emissione dell’ordine di demolizione da parte del giudice penale non priva affatto l’amministrazione comunale del potere di disporre l’acquisizione dell’immobile abusivo al proprio patrimonio per finalità di pubblico interesse, in quanto vi è piena compatibilità e autonomia fra l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale in uno con la sentenza di condanna e l’eventuale provvedimento di acquisizione adottato dal Comune, dovendosi ritenere che l’esecuzione dell’ordine di demolizione si arresta soltanto di fronte a una deliberazione del Consiglio Comunale che sancisca la sussistenza di prevalenti esigenze di pubblico interesse che sconsiglino la rimozione dell’abuso (cfr. questo Trib., Sez. II, n. 4887/2014).
In tali casi (ossia l’eventuale adozione di una delibera comunale che dichiari l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato), sarà il giudice dell’esecuzione a dover valutare la compatibilità dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna con la determinazione di acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale (cfr. tra le tante Cass. pen. n. 11419/2013 e Cass. pen. n. 25824/2013 fattispecie, nella quale la Corte ha statuito che “sottraendo l’opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato”).
Tornando al caso che occupa, è evidente che finchè l’immobile non è stato demolito (anche in esecuzione della sentenza penale) è teoricamente possibile che l’amministrazione manifesti la volontà, sulla base di prevalenti interessi pubblici, di conservare il bene (cfr. in questo senso anche i commi 4 e 5, dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 i quali dispongono che “4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. 5. L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”).
Ne consegue la sussistenza dell’interesse della ricorrente a che il Comune adotti i criteri di assegnazione previsti dalla normativa regionale.
E’ poi evidente che la presente decisione è volta unicamente ad accertare la sussistenza dell’obbligo del Comune di provvedere in ordine alla determinazione dei suddetti criteri e non incide in alcun modo sulla eventuale scelta del Comune di procedere comunque alla demolizione del cespite occupato dalla ricorrente (cfr. sul punto la riferita circostanza che il Comune ha chiesto alla Cassa Depositi e Prestiti un’anticipazione di cassa per far fronte agli oneri relativi all’intervento di demolizione del manufatto in questione).
La presente pronuncia, poi, nulla statuisce in merito al possesso in concreto dei requisiti per l’assegnazione dell’immobile in capo all’istante che dovrà essere valutato in altra sede (cfr. sent. cit. di questo Tribunale n. 2931/2014).
Accertati la legittimazione e l’interesse ad agire della ricorrente deve affermarsi che il Comune è venuto meno ad un puntuale obbligo di provvedere previsto dalle disposizioni regionali (adottare i criteri in questione entro 90 gg. dalla entrata in vigore della legge).
Deve, al riguardo, ritenersi superata la giurisprudenza (anche recente, cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 17.11.2014, n. 11466 e C.d.S., Sez. IV, 26.3.2014, n. 1460) che confinava il rimedio del silenzio inadempimento alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale (ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari) escludendo, quindi, detto rimedio per gli atti generali (assimilati in questo senso agli atti di natura regolamentare) perché indirizzati ad una pluralità indifferenziata di destinatari.
Recentemente il Consiglio di Stato (n. 273/2015) nel confermare l’impossibilità di sindacare con lo speciale rito del silenzio la mancata adozione, da parte degli organi titolari del relativo potere, degli atti normativi (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti) ha affermato la sua applicabilità agli atti generali e programmatori. Segnatamente, il “tenore testuale dell’art. 2, l. n. 241 del 1990…fa sì che la norma sancita sia applicabile anche al procedimento di formazione degli atti generali, pianificatori o programmatori: infatti, l’art. 13 della medesima legge – che espressamente concerne la disciplina applicabile agli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione – stabilendo che per essi, in quanto non si applichino alcune parti della legge …restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.. – esclude per i procedimenti diretti alla emanazione dei suddetti atti unicamente l’applicazione delle disposizioni contenute nel Capo II della stessa legge (artt. da 7 a 13); a contrario, dunque, detto art. 13 conferma che le disposizioni degli altri capi della legge – e, in particolare per quanto qui rileva quelle del Capo I, tra cui è compreso l’art. 2 – si applicano anche ai procedimenti destinati a sfociare nell’emanazione di atti generali e pianificatori;” ciò nondimeno “in casi peculiari (caratterizzati dalla presenza di situazioni straordinarie come il caso fortuito, la forza maggiore e così via) il serio avvio dell’esercizio del potere pianificatorio – il cui contenuto rimane ampiamente discrezionale e insuscettibile di essere vincolato da istanza di parte – dopo la scadenza del termine (se previsto dalla disciplina di settore) o prima di tale scadenza ma in mancanza del completamento del procedimento, può ritenersi esaustivo dell’obbligo di provvedere e dunque idoneo ad una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del ricorso ex art. 117 c.p.a.”.
Facendo applicazione di tali principi deve ritenersi sussistente, nella fattispecie, l’obbligo del Comune di provvedere in ordine all’adozione dei criteri previsti dall’art. 1, comma 65 della l.r. n. 5/2013 e, quindi, riconoscersi l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sulla diffida inoltrata dalla ricorrente.
Il Comune di Forio dovrà pertanto concludere il procedimento con l’adozione dei criteri in questione nel termine di novanta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Nel caso di inadempienza si nomina sin da ora, quale commissario ad acta, il Prefetto di Napoli od un funzionario all’uopo da lui delegato, che provvederà, su specifica richiesta della ricorrente, nell’ulteriore termine di 90 gg.
Il commissario, prima del suo insediamento, accerterà se nelle more è stata adottata la determinazione comunale e, in caso di perdurante inadempimento, la adotterà in sostituzione.
Vanno posti a carico del Comune gli oneri per l’eventuale attivazione del commissario; in questo caso il compenso del commissario, da calcolare ai sensi del D.M. 30 maggio 2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione da parte dello stesso, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché la precisazione se l’attività è stata svolta al di fuori dell’orario di servizio.
Tale parcella andrà presentata, ex art. 71 DPR 115/2002, entro 100 giorni dalla conclusione dell’incarico (cfr. Cass. civ., sez. II, 27.12.2011 n. 28952).
La particolarità della vicenda contenziosa e la giurisprudenza non ancora univoca in materia giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto ordina al Comune di Forio di provvedere in ordine all’istanza indicata in epigrafe, nel termine di novanta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
In caso di inesecuzione nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Prefetto di Napoli, o un funzionario all’uopo designato, il quale provvederà, dietro presentazione di specifica istanza dell’interessata, nell’ulteriore termine di 90 gg.
Pone a carico del Comune gli oneri per l’eventuale attivazione del commissario con la precisazione che il compenso del commissario, da calcolare ai sensi del D.M. 30 maggio 2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione (nel termine decadenziale di cui all’art. 71 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) da parte dello stesso, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché la precisazione se l’attività è stata svolta al di fuori dell’orario di servizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
Bruno Lelli, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere
Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore
Siamo un paese da far sprofondare. Dovrebbero arrestare e condannare all’ergastolo quanti nel passato non hanno dato certezze al popolo con i piani regolatori e tutti gli strumenti che avrebbero permesso di avere una casa senza problemi, ma siamo in Italia. Vergogna!!!