venerdì, Gennaio 10, 2025

“Limette” sul Piano della Ricostruzione. Quando la “sicurezza” diventa “consenso”

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Un po’ di nero è diventato blu e in pochi hanno fatto “tombola”. A novembre il totale degli immobili da delocalizzare in ossequio degli articoli 38 e 39 delle Norme attuative erano 270 edifici civili (di cui 229 a Casamicciola Terme, 41 a Lacco Ameno e nessuno a Forio) ovvero 383 alloggi residenziali (di cui 318 a Casamicciola Terme, 65 a Lacco Ameno e nessuno a Forio). A gennaio 2024, invece, parliamo di 261 edifici residenziali (corrispondenti a 367 unità abitative).

Ora che il Piano della Ricostruzione dell’Isola d’Ischia è stato ufficialmente adottato e i comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio lo hanno pubblicato sui rispettivi albi pretori (ricordando che a settembre si opposero proprio a questo passaggio obbligatorio nell’iter del piano per arrivare alla nuova formulazione del piano stesso) iniziano ad emergere dettagli e particolari che, in qualche modo (anche se molto sfumato) avevamo già sollevato.

Con la pubblicazione ufficiale, appunto, poniamo l’accento su alcune differenze tra le versioni pubbliche ed ufficiali, quelle appunto che abbiamo potuto rinvenire dai dati pubblici e da fonte ufficiali (delibere di giunta e collegamenti ufficiali) per fare qualche riflessione aggiuntiva su quello che è, secondo il nostro avviso, il dato più importante del piano: gli edifici o aggregati da delocalizzare. Parliamo, infatti, delle abitazioni dei cittadini di Casamicciola e Lacco Ameno in particolare che non potranno più essere ricostruire così dove sono.
E’ questo sicuramente il dato più sensibile del piano perché, collegato a questo macro dato si collegano anche le ulteriori scelte che il piano assume nel rispetto dei vari rischi che caratterizzano il territorio, nelle decisioni del Commissario Legnini e nelle previsioni che il piano assicura per la realizzazione della mitigazioni degli stessi rischi e per la riqualificazione del paesaggio.

Si, in breve, qualcuno non potrà ricostruire perché seriamente danneggiato, qualche altro perché collegato ad immobili danneggiati, qualche altro ancora perché c’è da realizzare una strada, una piazza o un parcheggio pubblico: questa è la sintesi. Qualche altro, e questo potrebbe essere l’aspetto più serio da affrontare, perché quella porzione di territorio non potrà essere messo in sicurezza alla luce della non mitigabilità del rischio.
Prima di arrivare ai numeri, che è quello che in parte ci interessa, vediamo insieme qual è il quadro normativo che ha disegna i confini della frase “tu si, tu no”. Parliamo degli articolo 38 e 39 delle “norme attuative”.

Articolo 38. Edifici e aggregati da delocalizzare
“Si tratta degli edifici, non ricompresi nelle categorie precedenti, di cui il PdRi prevede la delocalizzazione per una o più delle seguenti ragioni: ricadenti in sub-ATO 1.F-1; ricadenti in sub-ATO 1.F. Ubicati in alveo o comunque con livello operativo “L4”. Immobili interferenti con l’esecuzione di opere pubbliche atte alla messa in sicurezza, al miglioramento della dotazione infrastrutturale, anche con finalità di Protezione civile, e alla riqualificazione urbanistica, paesaggistica e ambientale, anche ricompresi nei piani di demolizione pubblica del Commissario Straordinario”. Inoltre si chiarisce che “Le domande preliminari di delocalizzazione volontaria presentate entro il 31/12/2024, ove non revocate, saranno oggetto di puntuale individuazione in fase di osservazione al Piano”.

Articolo 39. Altri edifici e aggregati con livello operativo “L4”
Si tratta degli edifici e degli aggregati classificati con livello operativo “L4” e ricadenti in zone a rischio frana elevato e molto elevato e/o a rischio idraulico molto elevato che non rientrano nei casi precedenti. Per tali edifici si applicano le disposizioni di cui ai successivi commi. Limitatamente agli edifici classificati con livello operativo L4 che non rientrano nelle ipotesi di delocalizzazione obbligatoria contemplate al precedente art. 38, ove non sia possibile l’adeguamento sismico, il Commissario straordinario può autorizzare, al fine di una maggiore tutela per la vita umana, l’esecuzione di interventi di demolizione e ricostruzione a parità di volume e superficie, anche nelle zone classificate a rischio frana elevato e molto elevato e idraulico molto elevato dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico”. Nell’ipotesi disciplinata dal precedente comma 2, il progetto di ricostruzione, in osservanza a specifici indirizzi e criteri elaborati sulla base di studi ed approfondimenti da parte della Struttura commissariale, dei Centri di Competenza e delle Università, deve prevedere soluzioni anche riferite alle aree pertinenziali dell’edificio tali da ridurne la vulnerabilità al rischio frana elevato e molto elevato e idraulico molto elevato”.

All’intero di questo confine, la Regione Campania ha definito quelle che sono le strutture non più ricostruibili e, nella versione ultima del Piano si legge che si “tratta di numero 261 edifici residenziali (corrispondenti a 367 unità abitative), non ricostruibili né riparabili per ragioni dovute alla presenza di condizioni di danneggiamento e rischio, nonché opportunità relative alla realizzazione di interventi pubblici atti alla messa in sicurezza, al miglioramento della dotazione infrastrutturale, anche con finalità di Protezione civile, e alla riqualificazione urbanistica e ambientale.
Ma veniamo alla quesitone che più ci interessa trattare: ovvero la differenza dei numeri che, in qualche modo, ci ha suggerito anche il titolo di questo articolo: “limette sul piano”. Seguendo quello che è uno dei più famosi aforismi erroneamente affidati a Giulio Andreotti, leggendo i numeri abbiamo il serio sospetto che qualcuno abbia potuto trasformare la redazione definitiva del piano in una pratica produci consenso elettorale che, speriamo, non sia figlia di ulteriori mostri e incubi. Non solo amministrativi ma anche sociali e civile.

La sensazione che qualcuno abbia usato i pennarelli colorati per cambiare il blu in nero e viceversa al fine di favorire tizio o caio è forte e difficile da fugare. Il pensiero cattivo di scrive non è figlio di una visione distorta della realtà nella quale il piano è calato, ma è l’arresa (figurativa) di chi crede che il consenso vada conquistato con gli argomenti e con le proposte e non, invece, con i pennarelli colorati.
Qualcuno ha limato il Piano e, in particolare, ha limato le tabelle nelle quali venivano identificati gli edifici o gli aggregati da delocalizzare perché non ricostruibili e né sanabili. Che, in verità, volendo fare un altro tipo di ragionamento potrebbe anche portare a dire: “è una buona notizia” perché il nostro territorio è più sicuro di quanto potessimo mai immaginare.

Sia chiaro, abbiamo fatto il download di tutte le mappe nere e blu ed è facile fare la sovrapposizione dei colori per vedere dove qualcuno ha limato, ma questo esercizio, in verità, non ci appassiona. Non siamo amanti della nail-art. Vorremo solo vivere in posto dove il diritto resta diritto.

A novembre, infatti, il totale degli immobili da delocalizzare in ossequio degli articoli 38 e 39 delle Norme attuative erano 270 edifici civili (di cui 229 a Casamicciola Terme, 41 a Lacco Ameno e nessuno a Forio) ovvero 383 alloggi residenziali (di cui 318 a Casamicciola Terme, 65 a Lacco Ameno e nessuno a Forio). A gennaio 2024, invece, parliamo di 261 edifici residenziali (corrispondenti a 367 unità abitative).
Una piccola differenza numerica che potrebbe significare una grande differenza per chi era dentro a novembre e fuori a gennaio.
Interessante, inoltre, oltre al cambio delle tabelle (tra le due versioni) è anche la descrizione delle tipologie degli immobili. Si è passati, infatti, da “Immobili che non rientrano nelle categorie precedenti ma di cui si prevede l’esproprio (art. 39)” ad “Edifici e aggregati non ricostruibili (art. 38). Una semplice semplificazione? Tuttavia, ci piacerebbe sapere come si è passati nell’ultimo mese da uno scenario all’altro. Che la Regione abbia dato i numeri è chiaro, ma chi ha agiato il “paniere” come nella tombola? Non vorremmo che qualcuno abbia fatto un altro tipo di “tombola” e abbia deciso anche cosa mettere sull’ambo, sul terno, sulla quaterna e sulla cinquina…

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