Paolo Mosè | La nota inchiesta sulla metanizzazione del comune d’Ischia torna nuovamente alla ribalta. Per un servizio che è stato pubblicato ieri dal quotidiano nazionale “Il Riformista”. L’organo d’informazione richiama la figura di Roberto Casari, che è stato dal 1976 al 2014 presidente della Cpl Concordia. E negli ultimi sei anni è stato sottoposto ad una serie di indagini giudiziarie che lo hanno portato in più di una occasione in carcere. L’accusa più infamante è di concorso esterno in associazione mafiosa ed assolto sia dal tribunale che in Corte di Appello e pochi giorni fa sono state depositate le motivazioni. E di fronte ad un’articolata esposizione del giudice relatore la pubblica accusa ha deciso di non ricorrere in Cassazione.
Si racconta di come è nata questa indagine. Partendo ovviamente da Ischia, da un’indagine condotta dai sostituti Woodcock, Carrano e Loreto con la collaborazione preziosa del capitano del Noe Gianpaolo Scafarto. Per una serie di episodi di corruzione che portarono a dei provvedimenti coercitivi che interessarono tra l’altro anche l’ex sindaco di Ischia e ora eurodeputato Giosi Ferrandino. La cui posizione è stata affrontata in primo grado dal tribunale, che lo ha assolto con la formula perché il fatto non sussiste insieme all’allora tecnico comunale, l’arch. Silvano Arcamone. Mentre per tutti gli altri gli atti vennero trasmessi a Modena per competenza territoriale e c’è stata la prima decisione del tribunale con una serie di condanne e assoluzioni. In quel caso il Casari è stato riconosciuto colpevole ed assolto per l’associazione. Casari era tra l’altro anche indagato in ordine alla metanizzazione di Procida, per la quale la Procura ha chiesto ed ottenuto l’archiviazione anche per l’ex sindaco Luigi Muro.
Il servizio si incentra soprattutto sulle accuse di aver favorito il clan dei Casalesi che la Procura ha sostenuto. Ed ancora di ciò che emerse durante l’inchiesta ischitana, riportando alcuni passaggi dell’ordinanza, coinvolgendo esponenti politici che non risultavano indagati, ma comunque necessari per avere un risalto mediatico a livello nazionale. Si legge nel servizio che «L’inchiesta ha sfiorato da lontano, non da indagato, anche Massimo D’Alema: Casari era amministratore unico della società immobiliare della Concordia, che gestiva tra l’altro un albergo con ristorante, per cui si acquistavano circa 20mila bottiglie all’anno e in varie cantine, con prevalenza di lambrusco, ma in quei giorni sembrava ci fosse solo il vino di D’Alema. In altri procedimenti, il Casari è stato assolto dall’accusa di corruzione di un agente dei servizi segreti e un procedimento è stato archiviato».
L’INCHIESTA ISCHITANA
La vicenda che più lo ha colpito personalmente, è l’essere stato accostato alla camorra a seguito delle accuse del boss pentito Antonio Iovine. Al giornalista de “Il Riformista” ha spiegato quale fu la situazione che si trovò di fronte dopo l’esecuzione della misura cautelare: «Un plotone di giornalisti non ha esitato a evidenziare i fatti gravi di cui si sarebbe resa responsabile la cosiddetta cooperativa rossa dimostrando grande interesse per settimane, con notizie riprese poi da tutti i giornali nazionali. Io intanto ero in carcere e pensavo che le indagini avrebbero subito accertato che avevamo agito con correttezza, senza mai scendere a patti con la camorra, tanto più che la metanizzazione dell’Agro-Aversano ci era stata sollecitata dal segretario della commissione antimafia, Diana».
Non si tralascia di evidenziare l’inchiesta ischitana che si è spezzata in due tronconi e che ha una anomalia giudiziaria incomprensibile, dato che da una parte il corrotto è assolto e il presunto corruttore condannato da altro giudice. E’ chiaro che in entrambe le situazioni si dovrà attendere il giudizio dei giudici della Corte di Appello, a cui si sono rivolte le parti, non contente per l’esito. Certo è che quella indagine sviluppò in seguito un’altra indagine molto discussa e dibattuta a livello nazionale: l’assegnazione degli appalti pubblici da parte della Consip e nell’inchiesta di Woodcock vennero citati anche i familiari di Matteo Renzi, in quel periodo presidente del Consiglio dei ministri.
CARRIERE DISTRUTTE
Di questa vicenda “Il Riformista” si è nuovamente occupato con interventi di autorevoli esponenti che ruotano nel sistema giustizia italiano, tra cui anche il presidente dell’Unione Camere Penali, che ne ha discusso i contorni per sottolineare che vi sono delle storture che molte volte provocano danni incalcolabili a chi subisce dei provvedimenti coercitivi, per la pubblicità negativa che si ripercuote inevitabilmente sugli incarichi ricoperti. Come nel caso di Casari, che dopo quarant’anni ai massimi vertici della Cpl Concordia (una creatura da lui stesso fatta nascere e portati ai massimi livelli) si è dovuto dimettere e non potrà più rimettere piede in sede.
“Il Riformista”, quotidiano libero e coraggioso al quale tutti i liberali di questo Paese devono augurare le migliori fortune, ha fatto quello che qualunque giornale avrebbe sempre il dovere di fare, ma che nessuno fa. Ha infatti pubblicato almeno con il medesimo rilievo con il quale fu data notizia della incriminazione, la notizia – a sei anni di distanza – della piena assoluzione degli imputati in una vicenda che ebbe grande clamore mediatico. Si tratta della inchiesta avviata dal team investigativo capeggiato dal PM napoletano Henry J. Woodcock (ma dai?!) nei confronti dei dirigenti della Società Cpl Concordia, dell’allora sindaco PD di Ischia, e poi a seguire sviluppatasi in una catena infernale di altre imputazioni, fino all’immancabile (quando ci si trova a sud della linea gotica) gravissima imputazione di concorso esterno in associazione camorristica (qui P.M. il dott. Catello Maresca).
Quando scoppiò l’inchiesta, era il 2014, fu presentato dalla stampa italiana tutta -sempre pronta ad allinearsi a quella dei forcaioli in servizio permanente effettivo, per non demeritare nella classifica dell’anti qui ed anti lì- come uno dei più clamorosi scandali corruttivi del Paese, questa volta protagonista il mondo delle c.d. Cooperative Rosse. Già che veniva comodo, furono persino “mascariati”, pur del tutto estranei alla vicenda, Massimo D’Alema (per qualche centinaia di bottiglie del suo vino, vendute ad un albergo riferibile a quella Coop) e – figuriamoci – Matteo Renzi.
Roberto Casari, Presidente della Cpl Concordia, fece 56 giorni di carcere (di cui 36 a Poggioreale, ogni magistrato, prima di prendere le funzioni, dovrebbe passarci 36 ore) e molti altri ai domiciliari; il sindaco di Ischia Giosi Ferrandino 22 in carcere e immediate dimissioni da sindaco e dalla vita pubblica. Per entrambi, sei anni di ignominia, carriere e vita privata maciullate, per vedersi riconoscere, sei anni dopo, tra quelle macerie, la propria innocenza. Due righe sui giornali, e buonanotte ai suonatori.