Il bollettino annuale di Banca Italia 2015 certifica: comune di Ischia impieghi per 250 milioni di euro, depositi per 169 milioni; Comune di Forio: 106 milioni di euro di impieghi e 94 milioni di depositi.
A leggere queste cifre viene la pelle d’oca: le aziende isolane presenti in due soli comuni hanno un debito “certificato” con le banche di 356 milioni di euro. I privati, cioè i cittadini per lo più senza partita Iva, hanno un risparmio di 263 milioni di euro.
Il dato è ancora più allarmante se si aggiungono gli altri 4 comuni che, per analogia, fanno un “debito aziendale” complessivo di circa 700 milioni.
Gli impieghi sono infatti – in termini tecnici – i finanziamenti concessi dalle banche alle imprese, mentre il deposito è in pratica il risparmio dei cittadini.
Nel caso dell’isola d’Ischia c’è un vero squilibrio: il nostro sistema turistico – aziendale è in pratica in default.
Nella vicina Capri 95 milioni di impieghi e 123 di depositi; a Sorrento 428 milioni di euro di impieghi e 427 di depositi; mentre a Piano di Sorrento 121 per impieghi e 219 di depositi. Oltre alla “virtuosa Capri” ci si accorge facilmente che il sistema Ischia è molto più sbilanciato di quello di Sorrento, che pur presenta molti squilibri.
Per la statistica, il turismo isolano produceva nel 2007, prima della crisi, 844,873 presenze straniere e 2.428.867 di italiani; nel 2008 le presenze già scendeva a 2.228,00.
Pur considerando la nube che avvolge le statistica sull’ isola d’Ischia ci dicono questo dato è in costante diminuzione.
Ma facciamoci un’idea di quanto fattura l’intero comparto turismo a Ischia con i suoi 350 alberghi per 28mila posti letto. Le presenze del 2015 sono state – secondo i dati ufficiosi della azienda turismo di circa 3milioni e 500mila presenze. Se consideriamo – per difetto una spesa giornaliera media di 120 euro a persona al giorno il turismo a Ischia fattura circa 420 milioni.
Dati che vanno verificati e che sono certamente presuntivi, ma restano ugualmente indicativi.
Se questo è vero e, i dati pubblicati da Banca d’Italia lo testimoniano, vuole dire che l’ isola d’Ischia ha con le banche un debito in pratica quasi doppio rispetto al suo fatturato. Gli interessi che pagano le imprese isolane sono di circa 80 milioni all’anno se consideriamo i tassi di interessi applicati alle imprese operanti nelle regioni meridionali che sono di gran lunga superiori a quelle delle regioni del Nord.
In pratica vuol dire che per l’isola d’Ischia si tratta di un default annunciato: esposizioni bancarie troppo alte, prezzi sempre più bassi, fatturato in calo e interessi altissimi. Un mix esplosivo che può produrre l’esplosione del sistema.
I dati delle insolvenze in Campania
L’annuale relazione del Banco Napoli sul valore del rapporto sofferenze su impieghi sancisce che è pari al 13,6% alla fine del secondo trimestre 2014 (11,3% a giugno 2013); rispetto al meridione complessivamente considerato, la Campania risulta caratterizzata da un’analoga probabilità di insolvenza per quanto attiene al sistema produttivo (20,5%) ma da un livello di rischiosità più elevato dal punto di vista delle famiglie (8,3% contro 7,5%).
Alla luce del quadro congiunturale ancora delicato, è interessante osservare come gran parte della crescente rischiosità creditizia dipenda dall’andamento che ha interessato le imprese (passate da un 2013 rapporto sofferenze su impieghi del 16,5% a giugno252,013, al 20,5% del 2014). A Ischia secondo i dati di banca Italia tiene invece il risparmio privato con circa
263 milioni di euro – tra Ischia e Forio – di depositi che vengono quasi esclusivamente dalle famiglie.
Le presenze turistiche nel comparto termale sono crollate anche nel resto d’ Italia
Secondo il rapporto annuale della Banca Intesa San Paolo, restringendo il perimetro di analisi al 2009, l’anno di minimo ciclico, si osserva una maggiore uniformità nei dati regionali con ben 11 regioni (sulle 15 rilevanti per le presenze nel termale) con evoluzione negativa delle presenze totali (italiani e stranieri considerati in forma congiunta).
Le performance sembrerebbero strettamente legate all’andamento del flusso turistico straniero. Crolli a due cifre hanno, infatti, interessato ben cinque regioni, che sono, nell’ordine di importanza del fenomeno turistico, il Lazio (-19,2%), la Campania (-16,5%), il Piemonte (-27,7%), la Valle d’Aosta (-16,4%) e il Friuli-Venezia Giulia (-33,3%).
Solo 7 regioni hanno invece sperimentato una crescita nelle presenze di questa tipologia di turisti. Di rilievo la crescita del 26,8% delle presenze di turisti stranieri in Sicilia, regione che occupa la sesta posizione nel ranking per peso della componente di turismo estero. Se si osserva, invece, il fenomeno complementare del solo turismo nazionale, si percepisce una situazione di maggiore stabilità. Crolli a due cifre delle presenze hanno interessato solo due regioni, ovvero Marche e Friuli-Venezia Giulia (-40% e -63,9% rispettivamente). Più staccate la Campania e l’Emilia Romagna, dove il crollo dei turisti italiani è stato rispettivamente del 9,8% e del 6,9%. Di rilievo, ancora una volta, la performance di crescita della Sicilia (+20%), dopo le contrazioni subite dalle presenze di turisti nazionali nel biennio precedente. l confronto con la situazione al 2003 evidenzia una contrazione della permanenza media dei turisti italiani in quasi tutte le regioni. Si può contare circa una notte in meno a livello nazionale e si sfiorano addirittura le sei notti in meno nel Friuli Venezia Giulia. Relativamente più stabile invece il dato associato ai turisti provenienti dall’estero: solo dello 0,4 la contrazione media complessiva.
Sul risultato ha probabilmente inciso la componente dei costi di trasporto, difficilmente ammortizzabile riducendo ulteriormente la durata del soggiorno. I turisti locali invece, complice la vicinanza alle strutture termali e quindi la facilità nel programmare vacanze più brevi, sembrano avere optato per questa strada, riducendo il numero di notti presso le strutture ricettive. Il calo inferiore della permanenza media dei turisti stranieri si è comunque accompagnato a una minore crescita del flusso degli arrivi (ovvero del numero dei clienti ospitati negli esercizi ricettivi), determinando un crollo delle presenze estere (2009 su 2003) simile a quello sperimentato dai turisti nazionali, dell’ordine del 5% circa. Se, infatti, gli arrivi di turisti italiani nel termale sono cresciuti tra il 2003 e il 2009 del 15,1% (arrivando a 2 milioni circa), quelli dei turisti stranieri hanno conosciuto un incremento più ridotto, pari al 4,3% (arrivando a 1,3 milioni) – complici probabilmente gli effetti della recessione sui consumi.