Ugo De Rosa | Il Comune di Forio viene bacchettato per l’ennesima volta dal Tar per non essersi attivato in materia di vigilanza edilizia e non aver adottato gli atti di competenza. Stavolta l’Ente, tirato in ballo nella solita “guerra” tra confinanti, non si è nemmeno costituito in giudizio.
Nel ricorso al Tribunale amministrativo regionale si chiedeva appunto l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sulla istanza presentata ad ottobre 2020, condannando il Comune a provvedere e nel caso di ulteriore inerzia, la nomina di un commissario ad acta.
Il ricorrente aveva chiesto all’Ente di annullare la S.C.I.A presentata dalla vicina e la successiva autorizzazione sismica rilasciata. Per una serie di lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione. Interventi che, secondo il ricorrente, il Comune avrebbe consentito «sulla base di rappresentazioni non veridiche dell’epoca di realizzazione dell’immobile originario e dello stato dei luoghi ante operam nonché sul fatto della assenza di abusi e di istanze di condono edilizio, così da indurre in errore la P.A.».
Ebbene, il ricorso è stato giudicato fondato dalla VI sezione del Tar Campania. Evidenziando innanzitutto che «il proprietario di un’area o di un fabbricato confinante con l’immobile nel quale si assume essere stato realizzato un abuso edilizio, è titolare di un interesse differenziato e qualificato all’esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori da parte dell’organo competente e può pretendere, se non vengano adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sull’istanza e sulla successiva diffida integra gli estremi del silenzio rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente».
Ed è la prima stoccata agli uffici comunali. I giudici infatti ribadiscono che «sussiste l’obbligo dell’Amministrazione comunale di provvedere sull’istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale, per tale aspetto che si invera nel concetto di vicinitas, gode di una legittimazione differenziata rispetto alla collettività, subendo gli effetti nocivi immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà, onde egli è titolare di una posizione di interesse legittimo all’esercizio dei tali poteri di vigilanza».
Il Comune, in una parola, deve comunque esprimersi sulla istanza emanando un provvedimento e non lasciarla ad “ammuffire” per conseguire appunto il silenzio rifiuto. Una tattica troppo spesso utilizzata per “lavarsene le mani” in presenza di interessi contrapposti… In sentenza infatti viene espressamente chiarito: «Orbene, la mancata emanazione di un provvedimento espresso che concluda il procedimento iniziatosi con la istanza del privato, quale che ne sia la natura (di accoglimento ovvero di reiezione), frustra in ogni caso il soddisfacimento dell’interesse pretensivo azionato dall’istante…».
Pertanto il Tar ordina al Comune di esercitare il proprio potere di vigilanza edilizia, «al fine di verificare la rispondenza dell’immobile del controinteressato alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti nel Comune di Forio e, in particolare, la esistenza delle false rappresentazioni della realtà siccome allegate dal ricorrente».
Le ipotesi avanzate dal ricorrente potrebbero anche essere infondate, ma questo non modifica la sostanza: deve essere l’Ente ad effettuare le opportune verifiche, emanando «un provvedimento espresso e motivato, quale che ne sia il segno, idoneo a dare formale riscontro alla diffida del ricorrente» entro il termine di sessanta giorni.
Accolta anche la richiesta di nomina di un commissario ad acta, alla luce della «inosservanza dell’obbligo di provvedere» di cui già si è “macchiato” il Comune. Il commissario che dovrà intervenire in caso di ulteriore inottemperanza sarà un dirigente della Città Metropolitana di Napoli.
Ovviamente, dopo la condanna per il Comune arriva anche la batosta del pagamento delle spese di giudizio, superiori a 2.000 euro. E stavolta converrà ottemperare alla sentenza, perché in caso contrario ricadrà sulle casse comunali anche il compenso spettante al commissario ad acta…