sabato, Dicembre 28, 2024

Lo psicologo: “Riconciliarsi con le vittime per l’ultimo saluto”

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Piangere e celebrare i propri defunti per continuare a con-vivere con sé stessi

Dott. Enzo Sarnelli | Adesso è il tempo delle lacrime, di un dolore acuto per la perdita dei propri cari, c’è il bisogno di esprimere lo sgomento contro la morte che non lascia nulla a chi resta, ma in qualche modo ha posto fine alla sofferenza di chi ci ha lasciati per sempre. Per tutti noi ciò che risulta inumano è doverci separare dagli affetti, da coloro che nonostante tutto, continuiamo a voler amare perché li sentiamo vivi dentro di noi. Nei contesti di emergenza caratterizzati dalla perdita di vite umane e distruzione dei centri abitativi vige una regola: sopravvivere al rischio di morte.

Ma è solo il “dopo” che fa emergere tutta la fragilità umana dei sopravvissuti, delle ferite sul corpo che mostrano quella sofferenza visibile e poi, quel malessere silenzioso che rischia di diventare lo stato d’animo di coloro che per adesso, non trovano pace. Molti sopravvissuti somatizzano il disagio che si esprime in diverse forme ma non tutti riescono a chiedere aiuto, non lo fanno perché non si sentono legittimati; ovvero non riconoscono a sé stessi, il bisogno di aiutarsi. La ricerca scientifica ha evidenziato che l’esperienza di vivere una situazione di distruzione, di perdita di case e di familiari e l’essere esposti a scene terrificanti, costituisce un fattore di rischio grave per la salute mentale di adulti e bambini.

L’essere coinvolti in modo diretto o indiretto ad eventi traumatici, rappresenta un rischio di sviluppare un PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress). Il trauma acuto non è solamente legato ad una cornice temporale, ma anche al periodo di sicurezza post-traumatico, la mancanza di questo periodo impedisce il consolidamento nella memoria dell’evento critico originario a causa dei continui e ripetitivi eventi stressanti, che non permettono alla memoria traumatica stato-dipendente di essere integrata e consolidata.

Oltre a questo, il trauma causato da disastri collettivi può interferire con le funzioni sociali, cognitive ed emotive. La Psicologia dell’emergenza è il settore della psicologia che si occupa degli interventi clinici e sociali in situazioni di calamità, disastri ed emergenza/urgenza. Inoltre, è la disciplina che studia il comportamento individuale, gruppale e comunitario in situazioni di crisi. L’intervento psicologico nei contesti post-sciagura prevede la legittimazione ad esserci come psicologi dell’emergenza, capaci di intervenire con metodologia riconosciuta dalla Comunità scientifica; con trattamenti altamente specialistici come, ad esempio, il modello di elaborazione adattiva dell’informazione (AIP). Protocolli di intervento efficaci per la rielaborazione delle informazioni presenti in memoria per giungere ad una risoluzione adattiva attraverso la creazione di nuove connessioni più funzionali.

Proprio per questi motivi è essenziale intervenire il prima possibile sulle persone che hanno impattato contro una calamità e anche per coloro che lavorano quotidianamente a contatto con sofferenze acute, nonostante tendano a sviluppare un’alta soglia di tolleranza agli eventi traumatici, possono manifestare disturbi psicopatologici a breve o lungo termine a seguito della traumatizzazione vicaria. I disastri naturali e quelli causati dalla mano dell’uomo, richiedono l’impegno di tutta la comunità per poter avviare gli interventi necessari nella post-emergenza. Attraverso i trattamenti psicologici nei contesti post-terremoto, si deve ridurre la sofferenza, facilitare il processo di auto-guarigione, prevenire il precipitare di altre problematiche o disturbi mentali, prevenire il consolidarsi di sintomi post-traumatici, curare la sintomatologia post-traumatica, rafforzare le capacità di resilienza della persona.

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