giovedì, Gennaio 9, 2025

Lo speciale. Ugo Calise. Il 6 agosto di 30 anni fa fu chiamato a suonare tra gli angeli

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Il suo brano “E’ Lei”, nella versione inglese “To You”, arrangiato da Ray Charles, l’anno seguente fu cantata da Perry Como e fu parte dell’album Perry Como in Italy

Il 6 agosto di trent’anni fa, chiamato a suonare tra gli angeli, ci lasciava Ugo Calise, musicista, cantante, compositore, un protagonista dell’Ischia elegante degli anni ‘50/’60, “l’isola che non c’era” che andava affacciandosi alla modernità. Qualche anno fa si intese ricordarlo intitolandogli la piazzetta del belvedere adiacente a quella che comunemente viene indicata come la Torre del Mulino, ma in verità resta comunque un personaggio un po’ dimenticato, come del resto buona parte della memoria locale. In proposito anche la Scuola potrebbe fare molto di più.

Fu l’autore di “ ‘Na voce, ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna” (1955), come indicato anche nella targa toponomastica alla Mandra, e di “Nun è peccato!” (1958), due brani che per Ischia possono considerarsi un po’, anche di più, come “Luna Caprese” per Capri. Non di rado le conoscenze degli isolani si esauriscono proprio a questo, ma Ugo Calise è stato anche tanto altro, sia in “patria” che “oltre confine”. Di seguito proviamo quindi a tracciarne il profilo, un po’ per evidenziarne il talento, un po’ il forte senso di appartenenza, come isolano, meridionale, italiano.

La Musica, il sogni di Ugo
Era nato il 6 maggio del ’21 ad Oratino (CB), dove la professione medica aveva portato suo padre, Aniello Calise, originario di Lacco Ameno. Fin dall’adolescenza fu ben chiaro che i fattori dominanti del suo DNA erano decisamente due, la musica e l’isola d’Ischia, buen ritiro per le vacanze e dove si sarebbe trasferito nei primi anni ’40, completati gli studi liceali, per intraprendere quelli universitari a Napoli, alla Federico II.
Da farmacista mancato, interrotti gli studi, negli anni della “liberazione” aveva seguito la passione della musica facendo la “posteggia” nei ristoranti di Napoli, al tempo frequentati soprattutto dai militari americani. Il duo con Don Eduardo, già primo violino del Teatro San Carlo ma considerati i tempi musicante per necessità, divenne un’accoppiata particolarmente apprezzata. Don Edoardo, eccellente strumentista, abbigliato di un impeccabile smoking, alternava melodie classiche napoletane e brani d’oltre oceano eseguiti alla maniera di Joe Venuti (Giuseppe Venuti, celebre violinista americano di origini italiane); Ugo, giovane simpatico ed esuberante, lo affiancava con pezzi moderni tratti dai cosiddetti V discs, i “Dischi della Vittoria”, arrivati a Napoli con le truppe alleate, che abilmente si procurava.

Come a tanti giovani del tempo anche a lui piaceva giocare a pallone, era anche abbastanza bravo. Testimonianze del periodo della cosiddetta “base navale inglese”, ad Ischia dal 1943 al ’47, raccolte da Pietro Ferrandino nel suo “Storia degli sports isolani”, lo ricordano poco più che ventenne come fine mezzala con il “vizio” del gol, nelle memorabili “sfide”, fra la squadra dell’Ischia e le rappresentative delle forze armate inglesi (della RAF, della Royal Artillery , del Battalion marines), compagini in cui militavano giocatori , per quel tempo, da considerarsi dei professionisti.

Jazz-friends. Ugo Calise e Romano Mussolini.
Qualche anno dopo la comune passione per la musica, in particolare per il jazz, la musica di “colore” discriminata dall’America razzista e vietata in Italia dal regime del ventennio, avrebbe fatto nascere una grande amicizia, quella fra Ugo e il giovane Romano Mussolini, figlio del duce, arrivato a Forio alla fine di luglio del ’45 dove, insieme alla mamma Rachele e la sorella Annamaria, erano stati inviati al confino.

Si racconta così il loro primo incontro: La location è “La Conchiglia”, un locale dell’epoca che un ex ufficiale di origini settentrionali, trapiantatosi ad Ischia alla fine della guerra, ha aperto sulla spiaggia del porticciolo di Forio. Una sera Romano si esibisce con alcuni amici e meravigliato, man mano, sente sempre più il suono di una chitarra che si avvicina e lo accompagna. Ne è sorpreso, ma l’intromissione gli è gradita, tanto da esclamare convinto: «finalmente qualcuno che capisce di jazz!». L’intruso era Ugo. Stava nascendo la loro amicizia e così quel quartetto, che in seguito caratterizzò il locale, con Romano Mussolini alla fisarmonica, Ugo Calise alla chitarra, Vincenzo Calise alla batteria e Ugo Corvino, napoletano dal caratteristico slang americano, voce e pianoforte.

Quando le strade si divisero, Romano Mussolini per gli appassionati di jazz fu “Romano full”, nascondendo per un bel po’ quella pesante eredità di figlio del duce. La sua “vera” identità sarebbe poi “emersa” in seguito, prima con la “Romano Mussolini All Stars” e poi la “Romano Mussolini Ensemble”. Il disco “Jazz a Studio 7” pubblicato nel 1963, eletto miglior disco dell’anno, lo consacrò nell’olimpo del jazz. Nel 1979 nell’album “Jazz from Italy-Soft & Swing” pubblicò il pezzo “Blues for Ugo”, dedicato al grande amico Ugo Calise.

Gli amici di “Calais”. Angelo “Il Mulatto”. Nei locali più alla moda di Roma e Milano
Alla fine degli anni ’40, la grande passione per il jazz portò Ugo ad intraprendere quei primi viaggi negli States, di cui raccontava in particolare delle straordinarie “jam-session” di testi blues, talvolta arrangiati in napoletano, nei jazz-club di Chicago. Vi sarebbe ritornato ancora frequentando diversi artisti che ben presto, americanizzando il suo nome, divennero gli amici di “Calais”. Fra questi il mitico Count Basie, celebre pianista, compositore e direttore d’orchestra del New Jersey, per il quale nutriva grande ammirazione. Quelle frequentazioni furono un’esperienza importante che arricchì ulteriormente il suo “know how”, un valore aggiunto prezioso alla sua “anima” jazz-melodico-partenopea.

Conosciuto ed apprezzato dal regista Francesco De Robertis, questi lo volle a collaborare con il maestro Annibale Bizzelli alla colonna sonora de “Il Mulatto”, espressione del neorealismo italiano, una delle prime pellicole “isolane” del dopoguerra (1949). E’ la storia di Angelo, questo il titolo per gli schermi americani, un bambino di colore, “figlio della guerra”, conteso da due “padri”. Il connubio di temi musicali blues-jazz con la melodia napoletana caratterizzò in modo particolare la pellicola, che sottolineava in modo abbastanza originale una problematica molto diffusa, conseguenza dei tempi.

Prima che Ischia cominciasse ad avere la sua nuova identità sarebbero passati ancora degli anni, ma l’ambizione di realizzare il suo talento, che diventava sempre più una costante del suo modo di essere, non poteva certo aspettare di realizzarsi “in patria”. Gli ambienti che contavano, quelli giusti, erano senza dubbio Roma, Milano, tanto valeva provarci. Si rivelò una “scommessa” vinta, l’originalità del personaggio e la particolarità del suo stile incontrarono man mano i favori sperati, con le esibizioni nei locali più alla moda. Ad Ischia quando andò affermandosi il cambiamento ne diventò presto protagonista, prima al Rangio Fellone (dal ’53) e successivamente, dal ’60, caratterizzando le serate del Pignatiello, il night club del “feudo” Rizzoli a Lacco Ameno.

‘O Rangio Fellone
Nei primi anni ’50, con l’arrivo dell’estate, una parte della Pineta Mazzella, giù verso il mare, a Punta Molino, adeguatamente attrezzata con sedie e tavoli grazie alla disponibilità dell’hotel Floridiana, in breve tempo diventò ‘O Rangio Fellone, un “posto aperto al sole ed agli amici”, come fu scritto all’ingresso. L’idea originale, quanto ambiziosa, è di due giovani artisti isolani, l’architetto-pittore Sandro Petti e il musicista Ugo Calise. Inizialmente gli habitué di quelle romantiche serate al chiaro di luna, fra luci soffuse, buona cucina e musica appassionata, furono gli amici di entrambi ed i villeggianti della Napoli bene. Fu decisamente una novità, rappresentò l’alternativa a “Michele a mare”, il primo ristorante del Lido, ma in poco tempo riuscì ad essere molto di più. Ben presto infatti diventò il ritrovo della mondanità vacanziera, l’oasi del “tirar tardi” dei VIP del nuovo turismo, personaggi sempre più importanti come Angelo Rizzoli e la sua “corte” di celebrità e belle donne, dei quali Sandro ed Ugo, seppero interpretarne al meglio le aspettative.

Proprio lì, nella magica atmosfera del Rangio, la musa ispirò ad Ugo Calise due dei suoi brani più belli, che ancora oggi conservano tutto il loro fascino: “ ‘Na voce, ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna” (1955) e “Nun è peccato!” (1958). Quest’ultimo sarebbe stato di lì a poco la chiave del lungo percorso di successo di un giovane artista caprese (aveva 18 anni), che con il suo complesso allietava le serate dell’estate ’58 (di cui si dice a parte). Questi non fu l’unica stella a brillare delle estati al Rangio, divenuto simbolo romantico del “godersi la vita”. Fra gli altri si ricorda Antonio Lardera, voce del complesso “I Campioni”, che di lì a poco (’57) si sarebbe affermato come Tony Dallara, uno dei cosiddetti “urlatori” più popolari; altrettanto Bruno De Filippi, nel ’59 chitarrista degli stessi, poi noto musicista e compositore, autore quell’anno di una frizzante melodia che, con i testi di Franco Migliacci, sarebbe diventata “Tintarella di Luna” per la voce di Mina, la ragazza di Cremona che cercava il successo, la quale ugualmente agli esordi (’59 – ’60) per un bel po’ incrociò Ischia dalle parti del Lido.

Gli anni ’60 – ‘70
Al romanticismo della luna e dei sogni appassionati “made in Rangio”, qualche anno dopo (1960) avrebbe fatto seguito “Uè uè che femmena”, un brano che celebrava la frennesia di quei tempi, che vedevano Ischia sempre più passerella vacanziera di tanta bella gente, fra cui le avvenenti ragazze del nord Europa in cerca di gioiose avventure. Il brano, secondo classificato alla ottava edizione del Festival della Canzone Napoletana, fu portato al successo da Aurelio Fierro, una delle voci importanti del tempo. Oggi i tre brani sono interpretati da Massimo Ranieri nei suoi recital. Nel 2015 furono da lui ripresi e pubblicati nell’album “Malia”.

Per l’isola si era aperta una grande finestra sul mondo, ma per il grande “esodo” tedesco sarebbe passato ancora qualche anno quindi la stagione turistica era ancora breve così, nel periodo in cui l’isola tornava ai suoi ritmi più “intimi”, Ugo con le “note dei suoi pentagrammi” se ne andava in giro per l’Europa. Le sue mete: Germania, Austria, Grecia, Spagna, Portogallo, dove Alfredo Duarte, il re del fado, lo volle con lui in diverse esibizioni per la tv portoghese. Faceva altrettanto tenendo vivi i contatti oltre oceano, Canada e Stati Uniti dove, alla metà degli anni ’60, partecipò a diverse trasmissioni televisive, fra le quali il celebre “Perry Como show”, il più seguito e longevo varietà delle tv americane. Fu allora che il suo brano E’ Lei, nella versione inglese To You, arrangiato da Ray Charles, fu interpretato da questi con il suo complesso The Ray Charles Singers per la collana Songs for latin lovers (1965) e l’anno seguente, cantata da Perry Como, avrebbe fatto anche parte dell’album Perry Como in Italy.

Il futuro riservò ad Ugo Calise ancora affermazioni professionali importanti. Alla fine degli anni ’60 curò la colonna sonora della serie televisiva “Sette Mari” del regista Bruno Vailati, di cui fa parte “Occhi di mare” una delle sue più belle composizioni. La stessa era stata composta già qualche anno prima per il noto docu-film sull’affondamento dell’Andrea Doria, realizzato dallo stesso Vailati.
Nei primi anni ’70 collaborò con due brani alla colonna sonora del film “Pane e cioccolato” del regista Franco Brusati (protagonista Nino Manfredi e con Jonny Dorelli), collaborò ancora a diversi spettacoli radiofonici e scrisse per diversi artisti stranieri, tra cui Lola Falana (la Venere nera), soubrette di origini cubane, celebre negli Stati Uniti e poi famosa anche in Italia. Nel 1979 pubblicò il long playing “Ugo Plays Calise”.

Il “cantante che piace alle regine”
Un interprete appassionato riesce sempre ad emozionare, al di là di ogni altro aspetto. Ugo Calise lo era. Ampiamente ricambiato, in particolare dal pubblico femminile. Al riguardo è emblematica l’intervista della giornalista Wilma Martusciello de Il Giornale, quotidiano di Napoli, che ad Ottobre del ’54, alla vigilia della sua partenza per Londra, dove si sarebbe esibito per la Regina Elisabetta, gli chiedeva se fosse emozionato: “Oh no! Ormai ai viaggi ho fatto l’abitudine! – rispose sorridendo – Ho già cantato per Narriman, l’ex moglie di Faruk. Allora ero davvero emozionato, ma quando cominciai a cantare vidi che la regina si commuoveva e si divertiva come qualsiasi altra donna, anzi direi come una bambina. Infatti mi chiese più di un bis di Luna Rossa”.
Circa le canzoni che avrebbe cantato alla Regina d’Inghilterra rispose: “Il solito repertorio napoletano, tra cui ‘E spingule francese, la mia preferita, Reginè e poi le mie composizioni. Porterò poi alla regina un omaggio. Un album rilegato in pelle verde, il colore della mia isola, e che racchiude le più belle fotografie di Ischia e i dischi delle più belle nostre canzoni”.
Ed andò proprio così, con la giovane regina, accompagnata dalla sorella, la principessa Margaret, e dal principe consorte Filippo, che finito lo spettacolo, emozionata dalla sua esibizione, ne chiese il ritorno in scena ed Ugo che, fra gli applausi, le dedicò Reginella e le offri i doni che aveva portato per lei.
Lo spettacolo, “Fantasia napoletana”, che si tenne al celebre Tivoli Theatre di Londra per un selezionatissimo pubblico, fu il gran gala di apertura del “Festival del cinema italiano” del 1954. La manifestazione si ritiene rientrasse nel programma di consolidamento dei rapporti diplomatici fra la “giovane” Repubblica Italiana e la Gran Bretagna. La partecipazione di Ugo Calise fu fortemente voluta dall’ambasciatore a Londra Manlio Brosio (antifascista di vecchia data e futuro segretario generale della NATO) che aveva apprezzato il suo talento nella magica atmosfera di una delle serate dell’estate ischitana al Rangio Fellone.
Negli anni a seguire arrivarono i suoi successi più celebri e la sua musica ed il suo stile, la particolare atmosfera di quelle serate al chiaro di luna, ammaliarono ospiti d’eccezione. Federica di Grecia, Giuliana d’Olanda, la First Lady Jacqueline Kennedy non passarono di certo inosservate, fecero notizia e, ancor di più, gli valsero l’appellativo di “cantante che piace alle regine”.

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