domenica, Gennaio 12, 2025

Mangia come parli, la Scaffidi e le parole del cibo

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Cento parole per cento storie. Il nuovo lavoro di Cinzia Scaffidi, vice presidente di Slow Food Italia, presentato ieri pomeriggio alla Biblioteca Antoniana, si propone come un vero e proprio vocabolario del cibo. “Mangia come parli”, edito Slow Food, attraversa tutti i cambiamenti che il mondo, e in particolar modo le società occidentali, ha subito nel corso degli ultimi 50 anni. L’idea di scrivere un libro che potesse chiarire alcuni aspetti che ruotano attorno al polo dell’alimentazione nasce da una chiacchierata con un agricoltore della Val D’Aosta incentrata su cosa, oggi, significhino le parole “sporco” e “pulito”. «Ma non sarà, mi sono chiesta, – dichiara l’autrice – che in questi ultimi tempi le parole sono cambiate? Quando sessant’anni fa dicevamo che una marca era in tutti i supermercati stavamo facendo un complimento a quell’azienda. Adesso dire che un marchio è da supermercato significa esattamente il contrario». Un’evoluzione dei consumi, dunque, che ha cambiato completamente le radici del nostro linguaggio. «Prima nei supermercati ci si sentiva al sicuro – prosegue Cinzia Scaffidi – le famiglie ci andavo perché lì potevano avere la certezza di un prezzo sempre uguale e trasparente. È successo poi lo scandalo del metanolo che è passato attraverso la grande distribuzione. Da qui si è allentata tutta una serie di cinghie di trasmissione che consentivano il trasferimento della cultura e delle rassicurazioni». Insieme alle parole siamo necessariamente cambiati anche noi, con tutti i nostri gusti e le nostre competenze. «Ho provato a capire tutti questi passaggi cercando anche di raccontare una storia per ogni parola. Noi abbiamo visto questi termini evolversi, cambiando di senso o di segno». Come ad esempio per il detto “vai a zappare”, ieri indirizzato a chi non brillava particolarmente negli studi. Oggi, invece, sono proprio quelli che studiano che hanno capito che si deve ripartire proprio dalla terra per cambiare la società in cui viviamo. Riscoprendo rimedi antichi per bisogni primari. «Il cibo – conclude l’autrice – non deve creare fame. Altrimenti non è cibo, è merce».
L.D.L.

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