martedì, Novembre 26, 2024

Mario Tozzi, ancora tu? E ora si passa ad offendere i morti

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Editoriale di Gaetano Di Meglio | La fase due della propaganda di Mario Tozzi, l’esperto che senza Ischia nessuno interpella e considera, è tornato a sparare fango (inteso come merda) sulla nostra isola. E come lo fa? Con un’intervista al Corriere del Mezzogiorno (l’inserto campano del Corriere della Sera) pubblicata il 25 novembre, il giorno prima dell’anniversario della morte di Gianluca, Valentina, Michele, Francesco, Mariateresa, Salvatore, Eleonora, Nikolinka, Mariateresa, Maurizio, Giovanna, Giovan Giuseppe e di Gioacchino.
E secondo l’esperto che pubblica per Rai Libri, anche il piccolo Giovan Giuseppe di 16 giorni e Mariateresa, Francesco e Michele, i piccoli Monti della strage dell’Epomeo del 2022, sono l’esempio universale dell’avidità dei sapiens.
Prima di andare avanti, però, vorrei accendere un piccolo focus su queste due parole

Secondo il Treccani on line avidità è “L’essere o mostrarsi avido, desiderio intenso e smodato: la sua a. di denaro è insaziabile; a. di guadagno, di cibo; mangiare, guardare con a.; soddisfare l’a. del ventre. Talora anche con senso attenuato e positivo: a. di gloria; a. d’imparare”
Sapiens, invece, è inteso come “il nome di genere della famiglia ominidi, di cui fa parte l’umanità attuale” o “l’unica specie vivente, caratterizzata da stazione eretta, pelosità ridotta, mani con pollice opponibile che consente la presa di precisione, grande sviluppo del cervello e del neurocranio, che sovrasta la regione facciale; si differenzia inoltre da tutte le altre specie animali per la complessità del linguaggio simbolico articolato, per l’alta capacità di astrazione e di trasmissione di informazioni per altra via che non sia l’ereditarietà biologica (trasmissione culturale)” sempre secondo Treccani.
In breve, secondo Tozzi, Ischia è l’esempio universale di uomini avidi che hanno costruito in zone pericolose e costruito violando le leggi e costruendo dove non era possibile.

E di questa gravissima generalizzazione Ischia dovrebbe indignarsi. Di questa proiezione degli ischitani calati in una dimensione falsa e per nulla aderente alla realtà e soprattutto all’attualità, dovremmo chiedere le scuse dell’esperto.
Pensare che gli ischitani siano un simbolo così grave non è accettabile se pensiamo alla “dimensione” della nostra Nazione, alle milionate di istanze di condono presentate in Italia negli anni per le tre legge e, soprattutto, alla grandissima percentuale di zone a rischio che si leggono sulle mappe del rischio della nostra Italia.

L’amara verità è che Tozzi sfrutta un luogo comune (spesso alimentato dai noi stessi, dalle nostre pessime abitudini e delle nostre autolesionistiche uscite in pubblico) e lo amplifica con un taglio inaccettabile, populistico al fine di racimolare un po’ di visibilità per il suo libro che, oltre Ischia, sembra non interessare nessuno. La prova arriva dal secondo intervento sul più prestigioso quotidiano nazionale che, ancora una volta, ne sottolinea solo il richiamo ad Ischia. Ad orologeria con il primo anniversario della tragedia di Casamicciola.
“La definisco la malattia dell’ingordigia dei sapiens: hai un paradiso ma lo occupi senza ritegno facendo finta che la natura non esista. Sono trent’anni che vedo alluvioni, quello di Ischia ha nomi e cognomi” sono le parole che Simona Brandolini utilizza per l’incipit della sua intervista. Altrove, in Italia e nel Mondo, quando si verificano tragedie come quelle di Ischia non ci sono nomi e cognomi? Non ci sono costruzioni nei posti sbagliati? Non ci sono ecomostri che, ad esempio, Ischia non ha.

“La frana di Ischia somiglia molto a quella di Sarno. Ma sull’isola c’è un surplus di avidità e responsabilità. Non puoi mettere un muro davanti all’Epomeo, non si può fare”. Secondo quale valutazione “sull’isola c’è un surplus di avidità e responsabilità”? Qual è l’aggravante ischitana? La visibilità da rimediare per il libro? La possibilità di dare un titolo alla giornalista del Corriere per avere uno spazio d’apertura su 3 colonne?
La banalità di certe affermazioni rimbomba con evidenza. Doveva arrivare Tozzi per dirci che “Certe zone vanno sgomberate”? E quali? Secondo quali studi? Perché una zona si e l’altra no? Tozzi ovviamente non dice nulla a riguardo e, soprattutto, ma non vorrei citarmi, non dice una sola parola (e la Bardolini evidentemente non ne era a conoscenza) su tutti i passi avanti in termini di conoscenza del territorio che in un anno sono stati fatti. E non dice una parola perché Tozzi sostiene una tesi totalmente antiscientifica: quella degli interventi dolci. Ma non deve essere questo il terreno di scontro con l’esperto.
La cosa che non può passare è la generalizzazione di tutti gli ischitani come simbolo universale di avidità (territoriale)!

È una esagerazione ed è un’etichetta che oggi, più di ogni altro giorno, non possiamo permettere a nessuno di affibbiarci. Lo dobbiamo per la memoria di Gianluca, Valentina, Michele, Francesco, Mariateresa, Salvatore, Eleonora, Nikolinka, Mariateresa, Maurizio, Giovanna, Giovan Giuseppe e di Gioacchino! Nella loro vita non c’è stato neanche un grammo di avidità. Piccoli appena nati, una giovane coppia trasferitasi in quella zona da poco, una donna diventata italiana da un solo giorno e semplici cittadini che hanno avuto il terreno del Celario come “terra natia”.
Stare qui a ragionare sulle “ragioni” di Tozzi è un’attività del tutto ininfluente. Anche immaginando che abbia tutte le ragioni per affermare quello che afferma (anche se non è così), tuttavia, non possiamo consentirgli di definirci come il simbolo universale degli uomini abusivi.

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