L’area flegrea di cui Ischia fa parte, nonostante il mare e la condizione insulare la rendano abbastanza corpo a sé stante, vive un momento particolarissimo per le continue scosse telluriche che la stanno interessando. E già nella comunità flegrea si vive un’insolita inquietudine ed altrettanta divergenza di vedute tra allarmisti e negazionisti.
I primi sono quelli che si rendono conto della straordinarietà della situazione, pronti a far proprie le indicazioni degli esperti sulla necessità di sloggiare e accettando di modificare in modo repentino e radicale la propria esistenza sulla base di un trasferimento forzato e, allo stato, senza una destinazione precisa e, magari, neppure tanto gradita. I secondi, invece, preferiscono rifugiarsi dietro l’esperienza del proprio vissuto, minimizzando l’accaduto e ricordando che non è la prima volta che in terra flegrea, in particolare a Pozzuoli e dintorni, la natura abbia portato simili segnali in termini di bradisismo e terremoto, ma alla fine tutto è poi rientrato nella normalità, puntando così a restare ad ogni costo in casa propria.
Diciamo che tra le due posizioni, oggi quella che meriterebbe maggior attenzione riguarda il Governo e, con esso, la Protezione Civile, megafono ufficiale delle strategie in casi d’emergenza come questo o come frane e terremoti che hanno riguardato la nostra Isola dal 2006 al 2022. Quando, infatti, ho sentito le dichiarazioni del sempre puntuale Ministro Musumeci rispetto alla necessità di reperire circa cinquecento milioni di euro per favorire una serie di interventi tra cui le ricollocazioni delle famiglie che accetterebbero di andarsene dall’area flegrea, mi sono chiesto se sia stata effettivamente vagliata una concreta mappatura delle aree a rischio, anziché limitarsi a circoscrivere il fenomeno alla macro-area di Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Marano, Monte di Procida, Procida e Ischia.
Se l’ipotesi fosse la seconda, allora l’errore sarebbe macroscopico! Pensate, io ho una coppia di carissimi amici residenti a Pozzuoli in una splendida e panoramicissima villa in collina, che dopo la scossa di oltre il quarto grado hanno deciso di trasferirsi in barca. Quando gli ho chiesto se avessero valutato l’ipotesi di lasciare Pozzuoli in una delle loro dimore a Napoli, la risposta è stata chiara: “A che serve? Le scosse ci sono anche lì, forti e chiare! In Costiera Amalfitana potrebbe andar bene, ma Napoli vale Pozzuoli.”
Domanda d’obbligo: cosa comporterebbe ricollocare anche una buona parte di Napoli? Sarebbe realmente fattibile? In che tempi? Con quali risorse?