domenica, Dicembre 22, 2024

Michele Calise: «Abbiamo dimostrato che il fallimento Pegaso era stato voluto dal Comune»

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«E’ stata finalmente resa giustizia a due persone perbene dando atto della loro buonafede». Il suo assistito «era diventato presidente di una società a cui era stato completamente tolto il core business, in quanto il 90% del bilancio di quella società fondava sul servizio di raccolta dei rifiuti». Perché anche il pm si è convinto dell’innocenza: «Tutte le attività poste in essere da Monti e Serpico erano interamente vincolate a scelte non proprie, ma dell'Amministrazione comunale»

Gaetano Di Meglio | Tiene ancora banco la notizia dell’assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta di Franco Monti e Salvatore Serpico nel processo Pegaso. Al legale di Serpico, l’avv. Michele Calise, abbiamo chiesto di commentare questa sentenza.
«La pronuncia è di grandissima importanza perché rende finalmente giustizia a due persone perbene, dimostrando e dando atto della loro buona fede nel momento in cui sono stati coinvolti nella gestione della società Pegaso. Soprattutto rende giustizia all’operato di persone sulle quali io, così come tanti altri che conoscevano la vicenda, non ho mai nutrito alcun dubbio. C’è da rilevare che già l’imputazione di per sé formalmente era molto grave, perché la bancarotta fraudolenta è uno dei reati maggiormente sanzionati nel nostro ordinamento e prevede addirittura una pena che va dai 13 anni di reclusione. Di per sé questa contestazione molto grave comunque si limitava alle condotte di gestione della società, ma non si è mai trattato di condotte distrattive.

In parole semplici, non è mai stato nemmeno contestato, né a Serpico né a Monti né a tutti gli altri imputati che sono stati prosciolti all’udienza preliminare o che sono stati assolti a seguito del giudizio abbreviato, di aver distratto soldi pubblici al fine di intascarli per interessi personali, né che abbiano distrutto documentazione contabile o quant’altro. Ad essere sottoposte al giudizio sono state le condotte, le scelte di questi amministratori in relazione a quello che poi è stata l’esito fatale della società in termini di dissesto finanziario e quindi di fallimento. Dunque un’imputazione sotto il profilo processuale tecnico molto complessa, proprio perché si è dovuto dimostrare l’assoluta buona fede delle scelte operate da questi soggetti. Nel caso che mi riguarda più in particolare, che mi ha come dire riscaldato il cuore, il mio assistito non era un semplice assistito, ma è una delle persone a cui tengo di più. Un ragazzo giovanissimo, valoroso avvocato, una persona che si è distinta anche nella nostra società per tante attività compiute in maniera egregia.

Quindi ci siamo da subito impegnati affinché nel processo emergesse quella che era la realtà, ovverosia che Salvatore Serpico era stato individuato all’epoca dall’Amministrazione Regine come il primo presidente della società Pegaso all’indomani della dismissione del servizio di nettezza urbana che era stato ceduto alla neonata Torre Saracena. Quindi Salvatore Serpico era diventato presidente di una società a cui era stato completamente tolto il core business, in quanto il 90% del bilancio di quella società fondava sul servizio di raccolta dei rifiuti. Ed era stato lasciato con una montagna di debiti e la gestione del semplice servizio di trasporto.

Di sicuro un’impresa quasi impossibile, una sorta di Mission Impossible che Salvatore Serpico nonostante la sua giovane età ha condotto in maniera brillante. E questo non lo dico adesso io commentando fatti noti, ma lo hanno evidenziato i giudici con la loro sentenza di assoluzione e il pubblico ministero, che all’esito di una lunga e tormentata attività di dibattimentale in maniera coerente, dopo aver messo in ordine tutte le idee, ha cambiato opinione ed è venuto coraggiosamente a richiedere anch’egli l’assoluzione di Serpico e di Monti».

LA TIRANNIA DEL COMUNE SULLA PEGASO

Perdonami. Questo è un aspetto che a me è chiaro come lo è a te, ma io da quando Paolo Mosè ha lasciato questa terra per quella migliore frequento le aule di tribunale e ho capito il meccanismo. Lo facciamo capire anche a chi ci legge e ci ascolta e vede il pubblico ministero, cioè colui che aveva accusato Monti e Serpico di aver commesso dei reati, cambiare idea durante il processo e lui stesso chiedere l’assoluzione per i due imputati? Questo passaggio è importante da chiarire perché in questo modo tutti possono poi comprendere anche l’importanza della sentenza di assoluzione a cui si è arrivati.
«In realtà nella struttura organizzativa della Procura di Napoli, così come in quasi tutte le Procure d’Italia, quasi mai il pubblico ministero che segue le indagini è lo stesso che poi segue anche il processo nel dibattimento. Di solito si ferma all’udienza preliminare ed infatti anche in questo caso è stato così. Tuttavia il pubblico ministero Battiloro, che è stato il pubblico ministero che ha seguito tutto il processo, quindi tutta l’attività istruttoria, ha di fatto mutato la sua opinione. Lui ha ereditato queste indagini dal dottor Francesco Raffaele e dalle prime battute ha mostrato tutto il suo pregiudizio di carattere professionale, nel senso che era fortemente orientato sulla tesi accusatoria, perciò utilizzo il termine pregiudizio che tecnicamente forse non è corretto. In maniera molto seria e serrata ha portato avanti la sua attività accusatoria cercando appunto di provare la tesi che emergeva dalle indagini condotte dal dottor Francesco Raffaele. Nella corso del dibattimento ha dovuto verificare la mole di documenti prodotti dalle difese e le tante testimonianze anche dei suoi stessi testi, tra cui il curatore fallimentare che non era un asserito sostenitore della teoria del reato.

Questi eventi che lui aveva esaminato e i testi che abbiamo invece escusso su richiesta delle difese hanno dimostrato come le attività poste in essere sia da Monti sia da Serpico fossero delle attività che in buona sostanza erano del tutto vincolate a scelte non proprie, ma dell’Amministrazione comunale, il cui massimo rappresentante, il sindaco, era al tempo stesso il socio di maggioranza di questa società. Per tale motivo deteneva il numero massimo di voti in consiglio, ma citato di volta in volta a partecipare alle assemblee veniva meno, facendo mancare il numero legale per adottare le dovute de liberazioni. In ogni caso da sempre, sin dalla sua nascita, il Comune di Forio – e questo è emerso dal processo – ha posto in essere un atteggiamento tirannico nei confronti della società Pegaso, che veniva trattata come una sorta di vittima sacrificale.

Voglio dire che tutto ciò che il Comune desiderava fare, anche senza copertura delle spese, veniva ordinato alla società Pegaso che però non poteva mai rifiutarsi di eseguire questi ordini in quanto esercitava un servizio pubblico, che come tale non può essere sospeso. Quindi approfittando di questa condizione giuridica il Comune, a torto o a ragione, ha creato le condizioni di dissesto reale di questa società. Questo abbiamo dovuto provare e il processo lo ha dimostrato e lo ha acclarato. Tutti coloro i quali hanno gestito questa società, in particolare Monti e Serpico, hanno operato in buona fede al massimo delle loro possibilità e hanno dovuto in qualche modo subire scelte non loro, ma del Comune di Forio che si sono rivelate ferali per la società stessa e che hanno condotto al fallimento della Pegaso».

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