Pioveva, pioveva forte ed incessantemente dal sabato e, per tutta la notte, la situazione non era cambiata. Una vera e propria concentrazione di acqua, con una nube quasi “incastrata” sul promontorio ora, tristemente, noto a tutti. Pioveva, dicevamo, e tra spavento, urla e dolore, la vita di molte famiglie è cambiata per sempre. E di questo funesto evento ne vediamo ancora i segni: due grandi e profondi graffi sul versante di Monte Vezzi, visibili anche da lontano.
Era il 30 aprile di 10 anni fa quando, tra le ore 7.00 e le ore 7.30 una frana, composta da fango, detriti e alberi, si è verificata su Monte Vezzi, travolgendo nel suo incedere importante e risoluto ogni cosa trovava sulla sua traiettoria, tra cui, purtroppo, anche abitazioni costruite proprio lì, a ridosso del versante della montagna.
Ad avere la peggio è stata la casa che ospitava la famiglia Buono: l’impeto della frana e il fiume denso di fango che ha generato ha distrutto l’abitazione strappando alla vita il capofamiglia, Luigi e le tre figlie, Anna di 18 anni, Giulia di 12 anni e Maria di 16 anni. Illesa la nipotina di soli tre anni, Stella, che era stata affidata proprio agli zii, mentre la mamma e moglie delle vittime, Orsola Migliaccio, è stata salvata dalla macerie dai soccorritori accorsi sul posto non appena è stato dato l’allarme.
Una intera famiglia decimata da quello che è stato, senza ombra di dubbi, tra gli eventi più catastrofici registrati sulla nostra isola nei tempi recenti.
La frana, di grandi dimensioni (alcuni testimoni raccontarono dell’arrivo di una prima frana più contenuta, di una seconda molto estesa e di altre piccole “di assestamento”), ha sospinto fango e detriti di ogni genere fino in strada e oltre. Rivoli di fango e terra, con anche grosse pietre, sono stati ritrovati fino alle strade centrali del comune di Ischia. Scene davvero surreali che, in una domenica di aprile, ancora sempre e comunque piovosa, hanno fatta calare una atmosfera davvero funesta su tutta l’area ischitana che va dai Pilastri al mare.
Tutti, direttamente o meno, erano aggiornati su ciò che accadeva e seguivano con i mezzi del tempo, lo sviluppo delle ricerche dei soccorritori.
La viscosità del fango e le strade strette e fortemente in pendenza dell’Arenella, luogo dove si è verificata la frana, hanno reso difficili i soccorsi, ma non impossibili. Grazie alla preparazione e alla presenza di tutte le forze dell’ordine isolane la grande macchina dei soccorsi si mise subito all’opera, formando anche delle vere e proprie catene umane per riuscire a trarre in salvo nel più breve tempo possibile tutti gli abitanti dell’area colpita.
Sì, perché oltre alla casa dei Buono, distrutta dall’impeto della frana, anche tutte le altre case costruite nell’area, una di fianco all’altra, sono diventate inagibili e pericolose per la popolazione. Una grande sezione “rossa” è andata ad identificare sulle cartine geografiche delle autorità preposte quella determinata area, già, comunque, sotto osservazione.
Dal verificarsi della frana all’evacuazione dell’area a ridosso del punto interessato e alla dichiarazione di inagibilità con divieto assoluto di accesso, il passo (vista anche la gravità estrema dell’evento) è stato molto breve.
L’intera area, così, è diventata in un lampo offlimits, sia nell’area nel cuore della frana e sia quella adiacente, per svariati metri in progressione concentrica.
Tante, tantissime le famiglie sfollate nell’immediato, con l’invito da parte delle autorità di trovare un altro luogo da eleggere a domicilio, presso parenti, amici o altrove. Un cambio radicale nella vita di decine e decine di persone che hanno vissuto, a partire da quel particolare 30 aprile, un vero e proprio incubo.
Con il passare delle piogge e le forze dell’ordine inviate anche dalla terraferma, l’area, a distanza di giorni, iniziò ad essere di nuovo accessibile a valle, consentendo l’accesso a molte abitazioni e ristabilendo un po’ l’ordine.
Un ritorno graduale alla normalità per molti residenti dell’area che, intanto, erano stati ospitati in altre strutture e cui le autorità territoriali avevano affidato un sussidio in base a determinati requisiti, proprio per poter far fronte alle spese di prima necessità.
I più colpiti, gli abitanti propri dell’area posta a ridosso del versante sul quale ad oggi sono perfettamente visibili ancora i segni del tragico evento, quasi come fosse un monito verso il futuro, non potendo rientrare nelle proprie abitazioni, che sono state dichiarate inagibili e l’intera area è ancora interdetta perché considerata a forte rischio idrogeologico, sono stati sistemati dalle autorità in alcuni container posizionati all’interno dell’ex camping internazionale.
Una soluzione che al tempo sembrò la più giusta e rapida, fornire un tetto alle tante famiglie, molte con bambini anche piccoli, che avevano perso davvero tutto a causa dell’evento franoso.
E i giorni, da quel 30 aprile 2006, passarono in fretta tra operazioni di ricognizione dell’area, delibere ministeriali per lo stato di calamità naturale e per lo stanziamento di fondi. Poi tutto si fermò per il commosso rito funebre che si svolse all’interno del Palazzetto dello Sport Federica Taglialatela di Ischia, un giorno davvero molto triste per tutti e che vide l’intera isola riflettere su quanto era accaduto.
Oggi, a distanza di 10 anni, il versante di Monte Vezzi è ancora così, sfregiato da quei profondi e pesanti graffi che, bianchi, si stagliano contro la vegetazione scura e la linea del cielo. Un promemoria, forse, perché ciò che accadde all’epoca non si ripeta.
E le famiglie sfollate? Molte, quasi tutte, sono rientrate nelle proprie abitazioni dichiarate agibili, altre sono ancora all’interno dei container che furono predisposti al tempo, anzi, lungo gli anni il comune di Ischia ne prese anche altri aggiuntivi per ulteriori nuclei familiari.
Insomma, quella di Monte Vezzi è una tragedia che, a distanza di 10 anni, deve far riflettere sul nostro rapporto con il territorio, non solo in occasione degli anniversari, ma sempre, ogni qualvolta transitiamo lungo la strada che taglia a metà i Pilastri e alziamo, anche inconsapevolmente, lo sguardo.