Sono passati meno di cinque mesi di indagini per depositare la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Vincenzo Ippolito, accusato di omicidio colposo con l’aggravante di aver guidato sotto l’effetto di sostanze di tipo cannabinoidi. Più comunemente spinelli. E di aver violato il Codice della strada per essersi posto alla guida di un’utilitaria che risultava essere sprovvista della revisione periodica, di aver guidato ad una velocità in pieno centro abitato oltre il limite ed infine di aver investito una ragazzina di appena 14 anni mentre attraversava sulle strisce pedonali. Una vera e propria tragedia che si è abbattuta sulla famiglia della giovane, i cui genitori si trovavano poco distante dal luogo del terribile impatto. La tragica sorte ha voluto che nello spazio di qualche attimo hanno visto prima la figlia attraversare e nella fase successiva volare per oltre venti metri, fino a cadere in prossimità di un albero posto sul marciapiede di via Antonio Sogliuzzo, ad un tiro di schioppo da Ischia Ponte. Un terribile impatto che non ha lasciato alcuna speranza, possibilità ai sanitari di strapparla alla morte. Un’agonia breve ma sofferta, e l’ululato della sirena dell’autoambulanza che si dirigeva a fortissima velocità verso il “Rizzoli” per consegnare quel corpo alle cure dei rianimatori, è stato del tutto inutile. La morte è arrivata molto prima della speranza.
Sul banco degli imputati siede un giovane che attende il responso della giustizia. E in questa fase vige la regola di chi è imputato e del suo difensore di limitare il più possibile la punizione della giustizia. Il pubblico ministero Alberto Cannavale aveva già chiuso le indagini nel luglio scorso, con la notifica come prevista per legge, in modo da consentire all’imputato Ippolito e al suo difensore di fiducia, avv. Vincenzo Arcamone, di poter chiedere l’interrogatorio per chiarire la sua condotta e spiegare nei particolari per quale motivo procedesse su quella strada assai frequentata ad un’andatura non inferiore ai 74 chilometri orari. La possibilità di presentare memoria o documenti per alleggerirne la posizione, che dalla contestazione appariva già in quella fase assai difficile e compromessa. Il pubblico ministero, dopo aver proceduto con la notifica della chiusura delle indagini che è un atto obbligatorio, in tempi strettissimi ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
La scelta è capire quale sarà la strategia che avrebbe adottato la difesa dinanzi al giudice dell’udienza preliminare Piccirillo. E la scelta è stata ufficializzata con il rito abbreviato. Una strada che serve innanzitutto a concludere il processo nel chiuso della camera di consiglio, demandando al giudice di decidere sulla base della documentazione presentata dal pubblico ministero e dalle altre parti processuali che si confronteranno, analizzeranno e chiederanno al giudice di decidere.
Il pubblico ministero ha confezionato questo capo d’imputazione che è l’esatta rappresentazione di quanto è accaduto il 9 maggio scorso in via Antonio Sogliuzzo, nel tardo pomeriggio: «Perché, guidando sotto l’effetto di sostanze stupefacenti del tipo cannabinoidi, per colpa, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia nonché in violazione di legge e regolamenti relativi alla circolazione stradale ed in particolare, oltre all’aver guidato sotto l’effetto di sostanze stupefacenti,
– nell’aver condotto l’autovettura Fiat Idea tg: DE120NZ ad una velocità di marcia sicuramente non inferiore a km. di circa 74 km/h orari e pertanto non rispettando il limite ivi esistente di 50 km/h (in violazione agli artt. 141 e 142 Codice della Strada),
– nell’aver condotto la predetta autovettura non sottoposta a regolare collaudo e/o revisione periodica (in violazione all’art. 80 Codice della Strada),
– nel non aver dato la precedenza a soggetto che transitava sulle strisce pedonali ( in violazione all’art. 191 Codice della Strada),
cagionava la morte di Di Meglio Marianna, di anni 14; in particolare, nel mentre transitava alla guida dell’autovettura Fiat Idea tg: DE120NZ in Ischia alla via Antonio Sogliuzzo, in direzione Ischia Ponte, nelle condizioni di cui in precedenza, impattava, con la parte anteriore destra della citata autovettura, la Di Meglio Marianna, che stava attraversando la carreggiata sulle strisce pedonali, scaraventando la stessa ad una distanza non inferiore ai 12 metri. cagionando un violento trauma cranico con impatto del capo in regione fronto-parientale destra. che ne determinava il decesso».
Un’accusa di omicidio colposo con l’aggravante che se confermata aumenterebbe di un “botto” la condanna. Per l’inasprimento della pena voluto dal legislatore nei confronti di coloro che si pongono alla guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti.
A fronte di questa contestazione la difesa dell’Ippolito ha depositato una perizia che verrà valutata dal giudice un attimo prima che emetterà la sentenza con rito abbreviato. Il consulente ha ravvisato un errore nella valutazione del pubblico ministero. Specificando che il conducente che si era posto alla guida il 9 maggio del 2015 non era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti di tipo marijuana o hashish; che gli accertamenti che ne seguirono dimostravano soltanto che l’imputato era stato assuntore dei cannabinoidi. Una traccia che nell’organismo umano viene espulsa mai del tutto e rimangono dei residui che con una regolare analisi immediatamente compaiono. E’ una tesi, come è una tesi la ricostruzione della dinamica dell’incidente per tentare di dimostrare un concorso di colpa. Volendo dire in termini pratici che è vero che l’Ippolito era alla guida ed aveva una condotta non perfettamente rispettosa del Codice della strada, ma altrettanto si riferisce nella consulenza che vi sarebbe stato un attraversamento improvviso della vittima, tale da non consentire una frenata utile ad evitare l’impatto. E’ una tesi, ma ce n’è un’altra che va in tutt’altra direzione ed è quella del pubblico ministero, che osserva che l’imputato era sotto l’effetto della sostanza stupefacente, che aveva un’andatura non inferiore a 74 chilometri orari rispetto ai 50 massimi previsti su quella strada, di aver investito la giovane mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. E su questa ricostruzione la Procura non fa sconti, come non fanno sconti i difensori della costituita parte civile che rammentano che per una evidente negligenza, imprudenza ed imperizia è stata stroncata la vita di una ragazzina di appena 14 anni; che si trovava in quel luogo nefasto mentre era in compagnia dei genitori. I quali hanno assistito, per aver attraversato un attimo prima, alla perdita dell’unica figlia femmina che avevano e sulla quale riponevano molte speranze per il futuro. Una famiglia distrutta, che ha affrontato il gravissimo dolore con dignità, rimanendo unita e cercando di continuare a vivere, anche se non come prima.
La strategia della difesa tende a sollevare in parte le responsabilità e questa consulenza, lo studio degli atti che sono stati messi a loro disposizione dal pubblico ministero serve proprio per affrontare il processo con rito abbreviato in modo diverso. Cercando di affrontare la discussione sollevando argomenti, dubbi e perplessità e convincere il giudice ad emettere una sentenza che quantomeno consenta all’imputato di ottenere la pena sospesa. E questo è consentito fino ad una condanna a due anni di reclusione per gli incensurati o per coloro che hanno qualche piccola pendenza e che dimostrano di aver avuto un comportamento lineare e rispettoso della giustizia. Siamo nella fase preparatoria dell’udienza preliminare vera e propria, della sentenza di primo grado. Il giudice ha autorizzato la parte offesa a citare in giudizio il responsabile civile, che in questo caso è la compagnia assicuratrice. Un’operazione tecnica indispensabile che ha dilatato di qualche mese la riconvocazione dinanzi al gup Piccirillo per entrare nel merito di questa vicenda tragica e che ha scosso molto la comunità isolana. E solo allora si passerà alla discussione del pubblico ministero, che nella fase conclusiva dovrà tenere conto del rito scelto con una richiesta che contempli la riduzione di un terzo della pena. Così come dovrà fare il giudice nella sentenza. Quest’ultimo elemento è stato determinante per la difesa, che vede come un’ancora di salvataggio la riduzione di un terzo rispetto ad un processo ordinario le cui previsioni non sono affatto possibili da pronosticare. Se avesse scelto il rito ordinario, il giudice non avrebbe avuto alcun dubbio sul rinvio a giudizio e sarebbe stata un’udienza prettamente di smistamento, inutili le discussioni. Con l’inizio del processo questa vicenda si sarebbe portata avanti per un bel po’ di tempo, perché lunghe sarebbero state le testimonianze degli uomini delle forze dell’ordine intervenuti, dei medici che prestarono le prime cure, di coloro che assistettero all’incidente. Ma sarebbe stato un “calvario” ascoltare i periti patologi che eseguirono l’autopsia e “sentenziarono” sulle cause della morte. Sarebbe stato un confronto serrato con domande e risposte dalle varie parti in causa. Lungo e penoso con il rischio, per la difesa, di ritrovarsi con una pena molto più alta rispetto all’abbreviato. Sono strategie processuali che comunque non diminuiscono il fatto in sé, l’accaduto.
confido in una condanna esemplare, tuttavia non servirà perchè gli ischitani, istituzioni e cittadini, hanno la memoria molto corta
Mi auguro Una Pena severa sono un genitore e ho rabbia nel vedere persone simili libere dopo atti del genere che la giustizia sia giustizia almeno per questa volta e che punisca SERIAMENTE
Penso sia molto più giusto da parte Dell’imputato dichiararsi colpevole.dei reati a lui contestati, pagare ed espiare la propria pena terrestre anche se ciò nn riporterà mai più in vita , ai propri genitori, la giovane ragazza..tutto ciò servirebbe allo stesso a capire il gesto e le.conseguenze perché il dolore che si porterà dentro sarà più pesante della pena stessa come il macigno che è dentro ai genitori della giovane e che , con la sua reale, seria e convinta ammissione con relativa richiesta di perdono, potrà quantomeno alleviare.