E’ un brutto incidente di percorso quello che si è frapposto per due noti imprenditori del settore turistico foriano. Accusati di omicidio colposo e rinviati a giudizio su richiesta del pubblico ministero. Si tratta di Aniello e Ciro Castiglione, i quali nelle rispettive qualità di amministratori di alcune società che gestiscono attività alberghiere, sarebbero responsabili della morte di una cliente che avrebbe contratto la legionella. Una situazione sanitaria che con il tempo si è aggravata e pur essendo stata sottoposta ad incessanti cure da parte di medici specialisti, la donna moriva. E la causa del suo decesso sarebbe riconducibile al soggiorno in questa struttura alberghiera dove avrebbe contratto questa particolare malattia che molto spesso si manifesta nelle strutture isolane. Sarà per scarsa manutenzione, perché non si è attenti nell’adottare tutti quei protocolli che l’Asl predispone, la causa di un problema giudiziario che diventa complesso, in quanto il dibattimento sarà particolarmente tortuoso con la presenza in aula di esperti, consulenti chiamati dal pubblico ministero, dalla parte civile che ha intenzione di riconoscere una responsabilità in capo ai Castiglione, con una difesa che tenterà ovviamente di dimostrare che non vi sono colpe riconducibili agli amministratori. Dato che la legionella viene contratta quando una struttura rimane particolarmente ferma per un periodo abbastanza lungo, per incuria della stessa struttura, per mancanza di quelle attività che tendono ad escludere la presenza di pericolosi batteri, di tutto quello che possa provocare danni alla salute degli ospiti.
E’ stata un’indagine abbastanza complessa, partita con le denunce presentate dai familiari della vittima che sono ben rappresentati da altrettanti difensori, nella cui denuncia hanno scritto che vi è una netta responsabilità di chi ha governato nell’anno 2013 la struttura alberghiera incriminata. Dopo quel soggiorno le condizioni della donna si sono precipitosamente aggravate, del tutto inutili le cure a cui venne sottoposta dai medici di una struttura ospedaliera di Napoli che la ebbero in cura fino al giorno del suo decesso, il 29 settembre del 2013. Per una grave insufficienza respiratoria con polmonite causata da infezione di legionella. Da questa denuncia sono partite le indagini. C’è stata una prima informativa della squadra di polizia giudiziaria dell’Arma dei carabinieri che opera all’interno stesso della procura della Repubblica di Napoli. Una comunicazione notizia di reato molto ricca di sommarie informazioni rese da persone che comunque erano con la vittima a trascorrere un periodo di vacanza sull’isola d’Ischia. Vennero sentiti anche dei medici che ebbero in cura la donna. Sin dalle primissime fasi dei suoi problemi respiratori e fino a quando non si scoprì la causa del malessere. Ma si era arrivati già ad un punto di non ritorno. Le sue condizioni si aggravarono con il passare del tempo e l’intervento farmacologico adottato per tamponare i gravi problemi polmonari risultò del tutto insufficiente. Con il sopraggiungere della morte.
Nei casi di indagini per omicidio colposo ed in particolare per aspetti legati a malattie o ad errori che possono essere commessi all’interno delle strutture sanitarie, diventa essenziale la nomina di un consulente tecnico. Cosa che ha fatto anche in questo caso il pubblico ministero, che ha chiesto un parere ad un medico legale. Per capire se c’era correlazione tra il periodo trascorso presso la struttura alberghiera di Forio e la morte avvenuta qualche tempo dopo in un ospedale. Ha chiesto di conoscere se siano stati fatti tutti quei tentativi che la scienza medica consente per evitare il decesso. E a quanto pare il consulente è giunto alla conclusione che l’elemento cardine della morte è legato all’aver contratto la legionella. Il tutto iniziato con la denuncia di uno dei familiari direttamente all’ufficio della polizia giudiziaria in servizio presso la procura della Repubblica di Napoli. Si sarebbero dimostrati preziosi i racconti resi non solo dai familiari, ma anche da coloro che hanno trascorso questo periodo di vacanza con la vittima. Una legionella che si è dimostrata invalidante a tal punto da essere la causa principale della morte. E’ quanto sostiene il medico legale nominato dalla Procura. Una “attestazione” che ha indotto il magistrato inquirente che vi sia una correlazione su quanto avvenuto e in conseguenza di ciò gli unici a risponderne sono coloro che all’epoca detenevano il timone di comando dell’Hotel Punta del Sole. Secondo la Procura avrebbero dovuto predisporre azioni atte ad eliminare eventuali sorgenti di infezioni negli impianti idrici, dove prospera la legionella, si riproduce velocemente, soprattutto quando l’impianto non viene utilizzato per un determinato periodo. Può essere anche che si sia annidato nei filtri dei rubinetti, che devono essere anch’essi sottoposti in più periodi ad una disinfezione. In modo da uccidere ogni batterio o altra sostanza nociva agli ospiti. E ciò in virtù delle disposizioni che sono state impartite dallo Stato, dalle Regioni e finanche dalle Province, che si resero conto che esisteva una problematica che doveva essere affrontata con rigore. Nel capo d’imputazione che viene contestato ad Aniello e Ciro Castiglione si fa espressamente riferimento alle diverse normative che sarebbero state ignorate. Tant’è che durante gli accertamenti di polizia giudiziaria sarebbe stato scoperto che non c’era stata mai una manutenzione ordinaria e soprattutto straordinaria degli impianti al fine di eliminare la presenza di un qualsiasi batterio. Pericoloso per chiunque: sia che fossero ospiti graditi, personale dipendente e anche gli stessi proprietari che di fatto vivono anch’essi in questa struttura per un lungo periodo dell’anno. Avrebbero altresì violato altrettante norme imposte dallo Stato e dalle Regioni, in cui viene stabilito che queste attività turistiche e non solo debbono eseguire una serie di analisi per capire la sussistenza o meno di un rischio di legionellosi.
Si accusa altresì gli imputati di essere stati troppo superficiali. Avendo già ricevuto nel passato una sorta di campanello d’allarme, in quanto sin dal 2008 si sarebbero manifestati dei casi di legionella sul territorio dell’isola d’Ischia ed in particolare nelle strutture alberghiere. E questo avrebbe dovuto indurre chi ha la responsabilità del governo di alberghi di un certo nome ad eseguire tutta una serie di trattamenti e sottoponendo la stessa struttura ad analisi per capire se c’era o meno un rischio di presenza di legionella. In quanto questo tipo di batterio può espandersi, incunearsi senza colpo ferire in tutte quelle attrezzature o luoghi dove vi è la presenza dell’acqua e questo comporta seri pericoli per gli ospiti e lo stesso personale che tutti i giorni è costretto ad essere a contatto con i possibili focolai infettivi. Questa mancanza di sicurezza e soprattutto di prevenzione, per il giudice dell’udienza preliminare è stata la causa trainante della morte della turista napoletana che aveva scelto nell’agosto del 2013 di trascorrere un breve periodo di vacanza in una struttura alberghiera foriana tra le più accoglienti. E che chiedeva un prezzo molto concorrenziale rispetto alle altre strutture, ma a quanto pare con un’altra faccia della medaglia tale da evidenziare una carenza di prevenzione per la salute di chi la utilizza. Le indagini, a questo punto, avrebbero stabilito dove effettivamente il batterio della legionella che ha provocato la morte della donna si è “ingrassato” e ha sviluppato tutta la sua potenzialità, tale da provocare danni irreversibile ai polmoni della signora. Tutto si sarebbe consumato nell’aver utilizzato i servizi igienici di una camera dell’Hotel Punta del Sole ed in particolare, scrive il pubblico ministero, il rubinetto del lavabo e la doccia del bagno. Lì era annidato il killer della legionella? Questo è un altro aspetto sul quale non può dirsi oggi che quanto contesta l’accusa sia la verità. La legionella potrebbe essere stata contratta anche in tutt’altra struttura. Questo è il compito del giudice del dibattimento che deve stabilire se vi è una responsabilità in capo ai due Castiglione, che il batterio era in quella camera così come sostengono coloro che si sono occupati delle indagini. Sarà un confronto molto serrato per verificare se siamo in presenza segnatamente di una negligenza, imprudenza ed imperizia da parte di coloro che avevano a quel tempo la responsabilità e la rappresentanza legale delle società che detengono il controllo dell’Hotel Punta del Sole.
Come abbiamo detto qualche rigo sopra, non è il primo caso di legionella. In un altro albergo importantissimo di Lacco Ameno, il cui legale rappresentante è stato oggetto anche di una richiesta di rinvio a giudizio, secondo la polizia giudiziaria era stata contratta la legionella. Anzi, era stata individuata la presenza del batterio nell’impianto idrico e per questo il pubblico ministero ne aveva chiesto il rinvio a giudizio. Anche per una ipotesi grave, di epidemia colposa. Una sorta di vera e propria “strage”, le cui pene sono stratosferiche. Oltre a richiedere un vaglio dibattimentale per la presenza del batterio della legionella. Due capi d’imputazione che se confermati dal giudice del dibattimento, avrebbero provocato una sonora mazzata per l’imprenditore. Il giudice dell’udienza preliminare in questo caso specifico ha valutato e dichiarato che non vi erano i presupposti per accogliere la richiesta della Procura. Assolvendo l’imputato con la formula più ampia. In quanto si è sostenuto che vi era stata una genericità nell’indagine e che molte delle attività apparivano sommarie e per nulla specifiche, tali da condurre a una colpa da parte di chi aveva in quel momento la sola esclusiva rappresentanza legale della società che deteneva il controllo della struttura alberghiera.
I fratelli Castiglione saranno ben rappresentati da un proprio legale di fiducia, l’avv. Michelangelo Morgera, colui che oggi è diventato lo storico difensore degli interessi di un gruppo alberghiero tra i più importanti di Forio.