venerdì, Dicembre 27, 2024

Napoli-Juventus: ‘a guerra è guerra!

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Il colore del cielo contro un ibrido, triste chiaroscuro; la gioia scanzonata (a volte troppo) del sud contro il rigore (spesso eccessivo) del nord; la città meridionale dal grande fascino e i mille problemi contro quella che ha ospitato tanti suoi figli in cerca di lavoro; la storia frastagliata di una società dai vari padroni e dalle esigue vittorie contro quella di una dinastia di successo che, in un modo o nell’altro, vanta una bacheca come poche altre al mondo; la squadra che ha avuto tra le sue fila il più forte di tutti i tempi contro quella che, pur avendolo desiderato con forza, non riuscì a strapparglielo neppure a suon di prestigio e quattrini; uno stadio ormai fuori dal tempo ma che, con la forza della sua gente e dell’inguaribile passione che la contraddistingue, tiene testa con decisione al piccolo gioiello che ospiterà i suoi beniamini nel pomeriggio torinese del prossimo 22 aprile.

Potrei continuare fino a chissà quando con mille altri di questi accostamenti per introdurre quello che è il topic del 4WARD di oggi. Stasera, per chi non l’avesse capito, c’è Napoli-Juventus al San Paolo: una sfida epica! Seguo gli Azzurri dal 4 novembre del 1973, quando andai per la prima volta allo stadio con mio padre e mio fratello Tony, unici responsabili del mio “contagio”, assistendo quasi per intero alla vittoria contro la Sampdoria ma non alla rete in zona Cesarini della mitica ala sinistra Giorgio Braglia, perché Pippone, da padre previdente, volle uscire dallo stadio pochi minuti prima del fischio finale per non trovarci nella confusione, limitando così tutti e tre a gioire lungo le scale nel capire dal boato della folla che il Napoli aveva appena segnato.

Quella vittoria, quel giorno, ci regalò un primato che, come in tanti altri campionati di massima serie, non riuscimmo a conservare sino all’ultima giornata. In fondo, il nostro palmares conta solo due scudetti, cinque Coppa Italia, due Supercoppa di Lega, una Coppa Uefa (l’attuale Europa League) e poco altro, ma la fede è fede! E se è vero che “’u sazio nun crere ‘u riùno”, io posso assicurarVi, avendo vissuto la quasi totalità di quelle vittorie, che il loro sapore è ancora perfettamente presente al mio palato e il mio cuore ne continua a gioire. E nonostante tutto, ancora oggi, a quasi cinquantun anni suonati, Napoli-Juve o viceversa rappresenta per me la partitissima per antonomasia, la maxi-sfida totalmente indipendente dalla posizione di classifica o dalla categoria in cui si milita, la tensione ricorrente fin dal lunedì, quando devi trattenerti dal replicare allo sfottò spocchioso dello juventino di turno, abituato per suo stile e per innegabili numeri a cantar vittoria in anticipo, nella speranza di potergli ricambiare pan per focaccia sin dallo scadere.

Napoli-Juve o viceversa occupa una buona porzione di memoria con ricordi comunque indelebili per ciascun tifoso napoletano. Per me, resta tale la vittoria a Torino nell’anno del primo scudetto, quando rimontammo l’uno a zero di Laudrup con un terno secco targato Ferrario-Giordano-Volpecina e io, allora militare di guardia in Marina, ammainai la bandiera tricolore dal pennone della Capitaneria di Ischia issandovi quella azzurra con tanto di ciuccio (gesto che non mi procurò alcun provvedimento disciplinare bensì il soprannome di “Maradona” affibbiatomi dal mitico Comandante dell’Agostino Lauro, Pasquale Mattera); o il coraggio di esultare solitario e indisturbato al gol di Callejon nella tribuna laterale dello Stadium per poi tacere sconsolato dinanzi all’evoluzione negativa di quella discutibilissima sconfitta in Coppa Italia della scorsa primavera; o l’uno a zero casalingo con la magica punizione di Maradona entrata in porta contro ogni legge della fisica, con Tacconi impigliato inutilmente tra il palo e la rete e io che rischiavo di sfasciare, saltandoci sopra ripetutamente dalla gioia, la poltroncina del “Club dei 200” gentilmente offertami dall’amico Gino Cerciello; o il tremendo sei a due inflittoci in casa quale pessimo regalo natalizio del ’74; o ancora, il transfer nella mia Panda da Santa Lucia a Pozzuoli tornando dalla finale d’andata della Coppa Uefa al San Paolo contro lo Stoccarda, quando la Polizia ci fermò in tangenziale contandoci in ben tredici e graziandoci da un provvedimento sanzionatorio di sicura e rilevante gravità. Anche qui, meglio fermare il mio ricchissimo amarcord. Ma… capita anche questo!

Negli ultimi anni, il livello del tifo è sicuramente degenerato, così come le provocazioni che, andando oltre il semplice sfottò e sfociando inevitabilmente nel razzismo e, talvolta, nella inconcepibile violenza, fanno sì che oggi l’accesso allo stadio per la squadra ospite sia sistematicamente vietato per motivi di sicurezza sia ai napoletani sia agli juventini. Siamo ben lontani –e non solo in curva- dagli anni in cui ci si imponeva di limitare un pur ristretto (rispetto ad oggi) impatto mediatico, rilasciando dichiarazioni –per intenderci- nello stile impeccabile ed inimitabile del compianto Avvocato Gianni Agnelli o in quello tanto sornione quanto efficace dell’Ingegner Corrado Ferlaino. Oggi è il clamore a farla da padrone, un clamore che si riscontra agevolmente anche a livelli senza dubbio meno importanti; come ad esempio, quello della sfera social, dove spesso si rischia di compromettere anche vecchie amicizie per l’onta imperdonabile (?) di esser stati messi alla berlina dal tifoso avversario di turno dopo una sconfitta.

Ciononostante, non chiedetemi proprio oggi di mettere da parte quell’inguaribile anti-juventinità che si placa solo in campo europeo, quando con uno sforzo immane mi violento nel sentirmi italiano e tacere. Per un vero tifoso del Napoli, vincere contro la Juve, o vederla perdere in campionato contro altre squadre, o ancora vedere i suoi tesserati incavolati più che mai per il VAR che gli impedisce più volte di “vincere facile”, rappresenta una goduria indescrivibile. E anche stasera, seppur con lo spauracchio di giocare contro una squadra sempre e comunque temibile, aspetterò fiducioso il triplice fischio finale per tentare di assaporare la gioia calcistica più ambita e, un secondo dopo, guardare oltre con l’ottimismo di chi, quest’anno, ci crede davvero, nonostante nella mia squadra del cuore vi siano ancora tanti limiti oggettivi che potrebbero tarparle le ali verso i traguardi che tutti, da troppo tempo, legittimamente ci aspettiamo.

Non me ne vogliano i miei amici Gobbi e men che meno mia moglie, ormai più che abituata a tutto ciò: “’a guerra è guerra!”, tanto poi, per quanto mi riguarda, il giorno dopo tutto passa. Forza Napoli, sempre!

 

 

 

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