martedì, Novembre 26, 2024

Nino D’Angelo: «Il ricordo più bello che ho di Ischia è l’incontro con Pino Daniele»

Gli ultimi articoli

Iscriviti alla nostra newsletter

Resta informato e non perderti nessun articolo

Intervista. Breve viaggio nel mondo del “poeta che non sa parlare”. «Ho suonato in tutte la piazze di Ischia e ho cantato in tutta l’isola». E ha giocato a calcio nello stadio con Mario Merola. I quarant’anni di “Nu Jeans e na maglietta” con un tour dal successo imprevisto. Ma lui avverte: «Aspettiamo l’anno prossimo»

“Iamme damme sta vocca, Viene astrigneme e mane, E scrivimmelo ‘nzieme, Stu romanzo d’ammore”. Rubando la penultima quartina di “Nu Jeans e na maglietta” iniziamo questo breve viaggio nel mondo di Nino D’Angelo, il poeta che non sa parlare e che, 40 anni dopo, affolla ancora stadi, arene e palazzetti. Il caschetto biondo che ha riempito gli anni di una generazione e che, oggi, ascolta l’eco di quel successo che mai avrebbe pensato. Un successo scritto nell’affetto e nell’attenzione che il suo popolo non ha mai smesso di riconoscergli. Un successo personale e di tutti. Un riscatto per tutti quelli che hanno nel cuore luoghi come San Pietro a Patierno e a cui, per troppo tempo, è stato detto, come un’accusa, “tu vieni da”.

– Ho un vivido ricordo. 35 anni fa, più o meno. Eravamo nella Piazza di Barano quando c’era ancora un campo di calcio e di basket…
«… Eh, i ricordi di Ischia sono tanti. Ricordo che una volta giocammo nello stadio e in quel pomeriggio Mario Merola chiamò anche me. Erano pomeriggi felici, Mario mi chiamava perché gli piaceva come giocavo a pallone. Ma se devo dire la verità, il ricordo più bello che ho di Ischia è quando un pomeriggio incontrai Pino Daniele. Che bell’incontro. Eravamo nello stesso hotel, lui avrebbe cantato al Negombo e io, al mare, al Marecoco. Ricordo che fu incontro affettuoso. Pino è rimasto nel cuore. Ho suonato in tutte la piazze di Ischia e ho cantato in tutta l’isola».

– Quarant’anni di “Un Jeans e una maglietta”, un anniversario che va ben oltre la storia personale di Nino D’Angelo…
«Certo, questa è la canzone che mi ha cambiato la vita e che mi ha fatto conoscere da tutti. E’ una canzone che ho sempre nel cuore. Certo, come le altre, ma questa, proprio per il successo che ha avuto, possiamo dire che ha cambiato non solo la mia vita, ma ha cambiato proprio la canzone napoletana».

CANTANTE NAPOLETANO

– Questa è una cosa interessante, ha cambiato la canzone napoletana. Lei in un’altra intervista ha detto che ci sono cantanti napoletani e cantanti di Napoli. Lei è un cantante napoletano. Quale è la differenza?
«Ah sì. Cosa significa essere cantante napoletano? Significa essere cantante napoletano dalla mattina alla sera e non quando ci fa comodo. E’ una scelta di vita dalla quale non puoi tornare indietro. Lo sei tutti i giorni e per tutti i giorni. Non è una moda. Il vero cantante napoletano canta napoletano e basta. Non segue le mode, non canta in italiano. Io sono un cantante napoletano della canzone napoletana».

– Nella vita di Nino D’Angelo, a metà tra il successo dell’uno e dell’altro, ci sono state due figure che hanno arricchito la sua esperienza, due figure importanti: Mario Merola e Gigi D’Alessio.
«Si, Mario Merola e Gigi D’Alessio sono importanti. Diciamo che io sono stato per Gigi quello che è stato Mario per me. Quando ho conosciuto Mario, lui aveva già 20 anni di carriera e di esperienza alle spalle. Così io, quando ho incontrato Gigi D’Alessio avevo già 15 anni di successi e di carriera. Gigi era un mio fan, poi siamo diventati amici e col tempo abbiamo organizzato concerti e tour che ci stanno dando ancora tante soddisfazioni e tante emozioni».

– Il tour di questa estate, 40 anni di un Jeans e una maglietta, è spesso sold out e sta avendo un successo enorme.
«Assolutamente così, ma non mi aspettavo questo successo. E’ stato un ritorno della gente esagerato, che mi sta emozionando sera dopo sera, però dobbiamo dire la verità, il vero successo lo misureremo il prossimo anno. Abbiamo tutti voglia di uscire, di evadere e di tornare alla normalità e c’è tanta voglia di fare. Per vedere se è un vero successo, però, bisogna aspettare l’anno prossimo. Perché è stato esagerato, diciamo, non solo per me, ma per tutti».

IL MURO DI PREGIUDIZIO

– Più di un estimatore ha detto che “Un poeta che non sa parlare” è un grosso lavoro. Tanta qualità e tanta sostanza.
«E’ un grosso lavoro che racchiude un tour e un libro. C’è tanto di me e, devo dire, il libro è piaciuto molto a tante persone che prima non mi ascoltavano e adesso magari mi conoscono meglio. Diciamo che è venuto meno quel pregiudizio che per anni mi ha tolto il fiato. Ci sono stati uomini di cultura che mi apprezzano e che si sono espressi in modo sempre positivo nei miei confronti. Questo mi ha dato molto».

– Ci sono voluti quarant’anni per abbattere questo muro di pregiudizio?
«Questa è una cosa brutta, soprattutto perché questo pregiudizio che portiamo avanti, spesso è un pregiudizio che alimentiamo proprio noi uomini del Sud. Purtroppo, abbiamo sempre a che fare con un Sud nelle persone. Nelle nostre stesse città creiamo differenze e discriminazioni. Oggi la società è divisa tra alti e bassi. Io ho sempre rappresentato il popolo e quindi, magari, qualcuno per questo ha storto un po’ il naso. Io mi sento il rappresentante della gente che conta poco e ho sempre detto quello che penso ad alta voce, forse anche per questo subisco qualche pregiudizio. Mi piace pensare che la gente mi veda come una persona che ha avuto il suo riscatto, perché lo dovrebbero avere tutti un riscatto nella vita. Purtroppo, viviamo in una società che, ancora oggi, divide il mondo e questo non è giusto. Io sono contro tutte queste manie di razzismo e di discriminazioni. Io sono per le persone».

IL TEATRO TRIANON

– Cambiamo, solo per un attimo, argomento. Velocemente Diego Armando Maradona e il Calcio Napoli.
«Diego Armando Maradona? E che devo dire, Diego Armando Maradona è il Calcio? Diego è stato il calcio in tutti i sensi e ci ha regalato sogni incredibili. Il Napoli di oggi sta facendo bene e si sta comportando bene sul mercato. Purtroppo, ha dovuto vendere qualche grande giocatore perché Koulibaly aveva un anno di contratto e quindi per 40 milioni, per l’età che ha Koulibaly, è stata fatta un’operazione giusta. Penso la stessa cosa per l’operazione Mertens. Pure Dries ha una certa età e, se voleva, poteva rimanere, però ha ritenuto di finire qui la sua la sua avventura a Napoli. Però è lui che ha deciso, come l’ha deciso Koulibaly…»

– Un’altra parentesi importante che caratterizza e qualifica l’impegno di Nino D’Angelo è stato quello per il teatro.
«Ho avuto la possibilità di diventare direttore del Teatro Trianon. Oggi, quando passo per Forcella mi rallegro perché sento il Trianon una cosa mia, una sfida che era difficile perché tutti pensavano che non sarebbe stata facile. Oggi, invece, siamo una realtà viva a Forcella e io vado fiero di questo».

– Maestro, ma questa guerra mente-cuore è finita?
«(Ride) Finché c’è l’amore, la guerra mente e cuore non finirà mai. Questa è una delle canzoni che ho scritto e che non è mai tramontata. Un lavoro di gruppo insieme con i maestri Bruno Lanza e Antonio Annona. Una canzone del 1991 che è sempre stata cantata. Questa canzone è l’esempio di come le canzoni entrano nel cuore. Certe canzoni restano impresse nei salotti, altre nei vicoli. Io ho scritto tante canzoni di successo e ognuna di loro ha trovato la sua casa e il suo cuore nel quale risuonare».

– In chiusura, con i social c’è stata una sorta di riscoperta della canzone napoletana. Io non voglio adesso fare distinzioni, ma c’è una ribalta…
«Torniamo alla canzone napoletana e ai cantanti napoletani. Se uno dà un’etichetta a qualcuno già fa delle distinzioni. Esiste la canzone napoletana dei cantanti napoletani. Per me, poi, puoi chiamarli come vuoi. Io sono un cantante napoletano che scrive canzoni che sono piaciute negli anni alla gente e oggi mi chiamano poeta. Io sono contento di questo. Io sono un poeta che non sa parlare, come diceva la mia maestra quando mi diceva “Tu arrivi al cuore, anche quando ti esprimi male”. Eh, mi piace questa definizione, poeta che non sa parlare…».

Rappresentante del popolo
«Io ho sempre rappresentato il popolo e quindi, magari, qualcuno per questo ha storto un po’ il naso. Io mi sento il rappresentante della gente che conta poco e ho sempre detto quello che penso ad alta voce, forse anche per questo subisco qualche pregiudizio»

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Gli ultimi articoli

Stock images by Depositphotos