venerdì, Settembre 20, 2024

Nitrodi, round 2 al comune. L’appello “salva” le fonti di Barano

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In primo grado Ente locale e società erano stati condannati alla consegna del compossesso del terreno al privato coerede dei venditori. Un verdetto dalle pesanti ripercussioni economiche. La decisione dei giudici di secondo grado mantiene lo status quo e induce all’ottimismo in relazione alla sentenza che verrà pronunciata dopo l’udienza fissata per il 15 gennaio 2025. Sono state accolte le tesi dell’avv. Gerardo Mennella, difensore del Comune

Dionigi Gaudioso può tirare un sospiro di sollievo. La Corte di Appello di Napoli ha sospeso la sentenza del giudice della Sezione distaccata di Ischia Criscuolo che condannava il Comune di Barano e la società “Ischia Spaeh” che gestisce lo stabilimento termale “Fonte delle Terme di Nitrodi”, alla consegna del compossesso del terreno al privato che aveva citato in giudizio Ente e società. Quella prima sentenza in sostanza dichiarava che l’acquisto da parte del Comune nel 2008 era viziato in quanto i venditori avevano alienato anche la parte di bene di proprietà di un coerede. Una sentenza che apriva scenari inquietanti sulla gestione delle Terme di Nitrodi, con pesanti conseguenze economiche. E per questo subito appellata sia dal Comune, difeso dall’avv. Gerardo Mennella, che da “Ischia Spaeh” e venditori, per ottenerne la riforma previa sospensione.

Adesso arriva una boccata d’ossigeno che apre anche la porta a previsioni ottimistiche per il futuro, quando la questione sarà esaminata approfonditamente per l’emissione di una sentenza nell’udienza fissata per il 15 gennaio 2025.
Il collegio della II sezione civile della Corte di Appello, presieduta dalla dott. Rosaria Papa, scrive nel provvedimento adottato: «Premesso che, ai sensi dell’art. 283 c.p.c. (nella formulazione in vigore sino al 28.2.2023, applicabile “ratione temporis” alla controversia) la sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sentenza di primo grado può essere concessa ove ricorrano gravi e fondati motivi, ravvisabili, secondo la consolidata interpretazione, in presenza dei concorrenti requisiti del “fumus” dell’impugnazione e del pericolo nel ritardo, inteso come pregiudizio per la sfera giuridica della parte soccombente derivante dall’adempimento coattivo, difficilmente reversibile e non suscettibile di reintegrazione economica; osservato, quanto al requisito del “fumus”, che i motivi di gravame sollecitano il riesame della decisione impugnata sotto diversi profili ed appaiono meritevoli di più approfondita disamina; considerato che le plurime e specifiche circostanze addotte dall’ente pubblico a fondamento del “periculum in mora” – segnatamente, la rilevanza economica delle opere realizzate sul fondo oggetto di lite in relazione al valore della quota di comproprietà riconosciuta in favore dell’attore, e la oggettiva difficoltà di agire per la eventuale ripetizione, essendo il medesimo residente all’estero – inducono a ravvisare anche tale concorrente requisito, sicché, ad una valutazione comparativa dei contrapposti interessi, devono ritenersi sussistenti i gravi e fondati motivi che giustificano la sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’ esecuzione del capo 2) della sentenza di primo grado, avente ad oggetto la condanna del Comune di Barano d’Ischia e della Ischia Spaeh s.r.l. alla consegna del “compossesso del bene” oggetto di lite in favore dell’attore».

In sostanza la Corte di Appello ha recepito le motivazioni addotte dall’avv. Gerardo Mennella e ha tenuto in debita considerazione le ripercussioni economiche della sentenza di primo grado.
A gennaio 2025 la questione si chiuderà definitivamente ma certamente ora Dionigi Gaudioso può dormire sonni più tranquilli.
L’importanza di questa decisione viene sottolineata proprio dall’avv. Mennella: «Sono estremamente soddisfatto di questo primo provvedimento della Corte di Appello che dà contezza della fondatezza delle ragioni dell’Ente rispetto alle assurde rivendicazioni avanzate da controparte in primo grado. Il fatto che la Corte abbia ravvisato il fumus boni iuris dei motivi di gravame, al punto da ritenere necessaria una loro approfondita disamina in prosieguo, conferma, da un lato, la giustezza delle censure rivolte alla sentenza di primo grado e, dall’altro, la proditorietà dell’azione intrapresa contro il Comune. Resto ottimista sulla possibilità di una riforma radicale della pronuncia impugnata e auspico che possano terminare le tante speculazioni fin qui fatte sulla vicenda».

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