“…Adesso l’economia americana vale il 40% in più. Forse qualcosa bisognerebbe imparare. In un continente come l’Europa che ha sempre dato la priorità al welfare, all’assistenzialismo, alla burocrazia. E perdendo dinamismo ha anche perso forza lavoro, talenti che continuano a emigrare qui negli Stati Uniti. Quindi anziché prendercela con l’America, prendiamo atto che questa vigilia di elezione gli europei sono eccessivamente preoccupati, ansiosi, spaventati da quello che può accadere il 5 novembre. Anche perché hanno accresciuto negli anni la loro dipendenza nei confronti degli Stati Uniti.”
Il solito Federico Rampini, sempre puntualissimo nelle sue analisi socio-politico-economiche dei rapporti tra UE e Stati Uniti sul Corriere.it, ha così smontato in maniera inequivocabile tutte le solite congetture sugli USA in caduta libera e sull’Europa che, proprio per questo, strizzerebbe molto più volentieri l’occhio al BRICS, fregandosene altamente di quel che potrebbe accadere nei cinquanta stati a stelle e strisce dopo la prossima tornata elettorale in programma tra nove giorni esatti.
Che vinca Trump (sicuramente) o Harris (manco ‘e cane), il legame a filo doppio tra il nostro Paese, la Comunità Europea e gli Stati Uniti d’America resterà inevitabilmente indissolubile. Piuttosto, è proprio nelle mani del nostro Governo centrale e della premier Meloni in particolare lo strumento diplomatico indispensabile a rivalutare il ruolo dell’Italia nelle relazioni che contano. La nostra centralità è già in netta ascesa a livello comunitario per la nomina di Fitto a vice-commissario delegato; il mondo intero, non solo l’Europa che conta, guarda oggi all’Italia con il dovuto rispetto e non più con quello scetticismo della considerazione stereotipata in stile “spaghetti & mandolino” che in particolare Francia e Germania avrebbero sempre voluto continuare ad attribuirci.
Di certo è da idioti ignorare il legame sempre più solido che Vladimir Putin sta stringendo con la Cina (che continua a subire una sempre crescente emorragia di capitali, visto il ritorno di Xi ad una politica sempre più statalista), il Brasile, l’India e il Sud Africa e le new entry di Emirati Arabi, Egitto, Etiopia ed Iran come nel recente meeting totalmente ignorato dai media del mainstream. Sarà necessario rivedere senza ombra di dubbio, ciascuno per le proprie competenze -anche territoriali-, le relazioni con queste forze, facendo in modo che l’Italia possa recitare un ruolo da autentica protagonista e non da semplice gregaria dei soliti noti.
Il 5 novembre, quando spero di poter festeggiare il ritorno di Trump e dei repubblicani alla guida degli Stati Uniti d’America ma soprattutto la sconfitta di un sistema pseudo-democratico e del suo inutile e disinformante “cambio in corsa”, sarà per noi italiani molto più di un semplice spartiacque. Credetemi!
Daily 4ward di Davide Conte del 27 ottobre 2024