giovedì, Novembre 28, 2024

Nuova tappa per la ricerca della verità sulla morte di Sara Castigliola

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Giovedì 9 maggio conferimento dell’incarico peritale al dott. Carlo Sepe. La giovane mamma era deceduta all’ospedale “Rizzoli” il 30 ottobre 2021 nel dare alla luce una bimba, a seguito della massiccia emorragia insorta dopo il taglio cesareo. Indagati i sei medici Francesco Rando, Domenico Loffredo, Mariantonia Galano, Silvia Galletti, Marcella Marino e Roberto Buonanno. Il rigetto della richiesta di archiviazione e l’incidente probatorio

Giovedì 9 maggio al Tribunale di Napoli presso il Centro direzionale verrà compiuto un nuovo passo per cercare di stabilire la verità sulla morte di Sara Castigliola. La giovane mamma era deceduta all’ospedale “Rizzoli” il 30 ottobre del 2021 nel dare alla luce una bimba, a seguito della massiccia emorragia insorta dopo il taglio cesareo. Per quella morte ancora senza un perché sono indagati sei medici del nosocomio di Lacco Ameno: Francesco Rando, Domenico Loffredo, Mariantonia Galano, Silvia Galletti, Marcella Marino e Roberto Buonanno, difesi rispettivamente dagli avvocati Massimo Stilla, Nicola Albano, Antonio e Maria Antonietta De Girolamo, Gianluca Mari e Luigi Tuccillo. I familiari della Castigliola sono invece rappresentati dagli avvocati Francesco Pero, Giuliano Di Meglio e Giuseppe Poli.

Su disposizione del gip dott. Giovanni De Angelis per quella data è stato convocato alla nuova udienza camerale il dott. Carlo Sepe per la comparizione ed il conferimento dell’incarico peritale.

Come si ricorderà, le indagini iniziate dopo la denuncia dei familiari di Sara, si erano “arenate” una prima volta a seguito delle conclusioni a cui era giunto il primo collegio di periti nominato, che escludeva responsabilità da parte dei sanitari. Il pubblico ministero Ciro Capasso a questo punto aveva chiesto l’archiviazione nei confronti di tutti gli indagati, ma a questa richiesta si erano opposte le parti offese, in forza della consulenza medica di parte che aveva evidenziato gli errori in cui erano incorsi i periti. Il gip De Angelis aveva rigettato la richiesta di archiviazione, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché procedesse alle nuove indagini indicate, nel caso anche ricorrendo a collegio peritale.

E il pm aveva richiesto che venisse disposta perizia medico-legale collegiale con le forme dell’incidente probatorio. Richiesta accolta dal giudice per le indagini preliminari che aveva anche proceduto alla fine dello scorso anno alla nomina del collegio peritale.

OTTO DOMANDE CHE ATTENDONO RISPOSTA

Restano ancora senza risposta gli otto quesiti che devono fare luce su quanto accadde al “Rizzoli” nell’ottobre del 2021: «1. Su eventuali patologie preesistenti o concomitanti da cui era affetta la p.o., anche con riguardo a possibili problemi di coagulazione del sangue, le ragioni del ricovero presso il Pronto Soccorso del nosocomio ischitano, le condizioni in cui versava al momento del ricovero, quelle nel momento dell’accesso alla sala operatoria per il primo intervento chirurgico, la successiva evoluzione dell’operazione chirurgica, le complicanze eventuali e tutte le circostanze che determinarono il secondo intervento chirurgico. Si accerti la correttezza di entrambi gli interventi chirurgici sotto il profilo del rispetto delle linee guida in ambito ginecologico e delle buone pratiche clinico-assistenziali.

2. Se nel determinismo causale del decesso siano intervenuti elementi di imperizia, imprudenza, negligenza nelle condotte dei sanitari – nello specifico ambito di intervento sanitario, nonché in ambito medico-legale e negli altri ambiti di afferenza dell’intervento terapeutico realizzato – che ebbero in cura la Castigliola, analizzando il decorso patologico, la sintomatologia, le diagnosi riscontrate e le terapie praticate. 3. Sotto il versante anestesiologico, si accerti il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche clinico-assistenziali relativamente ad entrambi gli interventi chirurgici.

4. Riferiscano in ordine al rispetto, da parte dei medici, del dovere di informazione e della corretta acquisizione del consenso al trattamento terapeutico fornito dalla paziente”. 5. Se, in caso di evidenza di condotte colpose nei passaggi anamnestici, diagnostici e terapeutici inerenti le cure della Castigliola, e ove fossero stati realizzati i comportamenti corretti ed adeguati ascrivibili all’agente modello nella specifica situazione verificatasi (prognosi postuma con prospettiva ex ante) se evento morte, con elevata probabilità statistica ed credibilità logico e razionale, si sarebbe comunque verificata ovvero si sarebbe verificato in un momento significativamente successivo. 6. Se nel determinismo causale che ha condotto alla morte della Castigliola, siano ravvisabili profili di imprudenza, imperizia ovvero negligenza nella condotta dei sanitari che ebbero in cura la p.o. nell’arco temporale tra l’arrivo in ospedale e il momento in cui la stessa veniva sottoposta a taglio cesareo che portava alla nascita della bambina, tenendo conto della situazione patologica pregressa di cui era affetta la vittima: segnatamente obesità, anemia e minacce pregresse di aborto.

7. Si accerti l’adeguatezza dell’approccio terapeutico e chirurgico posto in essere dai sanitari che ebbero in cura la donna nella successiva evoluzione dell’operazione chirurgica tenendo conto di tutte le circostanze che hanno condotto al secondo intervento chirurgico, fino al decesso della vittima. In particolare, si chiarisca se le complicanze che hanno condotto al successivo intervento chirurgico siano ascrivibili o meno ad errori diagnostico- terapeutici dei medici ovvero se fossero da costoro prevedibili ed evitabili nel rispetto delle linee guida in ambito ginecologico e delle buone pratiche clinico- assistenziali. In particolare, se l’intervento in laparoscopia, cui veniva sottoposta la Castigliola, sia stato l’approccio chirurgico più adeguato allo stato di salute della stessa, alla luce della obesità della donna e della progressiva e costante diminuzione della emoglobina in atto.

8. Si accerti se l’emorragia, manifestatasi a seguito del primo intervento chirurgico, sia stata trattata dai sanitari con tempestività e correttezza tecnica: in particolare, si chiarisca se il quantitativo di sangue somministrato per emotrasfusione alla p.o. fosse adeguato rispetto alla grave anemia della donna (…) si accerti altresì se, oltre alla adeguatezza terapeutica nel ripristino della volemia e nella terapia trasfusionale, l’emorragia post-partum fu gestita dai sanitari adeguatamente dal punto di vista dei trattamenti chirurgici.

In caso di valutazione negativa, e quindi di accertata negligenza ed imperizia, occorreva ancora verificare se le insorgenze negative, qualora fossero state correttamente e tempestivamente riscontrate, avrebbero potuto interrompere il decorso causale che ha portato alla morte della paziente».

Le complicanze

«… si chiarisca se le complicanze che hanno condotto al successivo intervento chirurgico siano ascrivibili o meno ad errori diagnostico- terapeutici dei medici ovvero se fossero da costoro prevedibili ed evitabili…»

1 COMMENT

  1. Devono andare in Galera, hanno ucciso una ragazza sana, e inesperti. Quando si procede per un parto che sia taglio cesareo, o parto naturale, i medici ginecologi devono SAPERE e ESSERE pronti a qualsiasi evenienza, avere sempre pronti i medicinali salva vita come gli emostatici e le emorragie di parto sono , si può dire NORMALI. Che cavolo hanno fatto? dove è la loro professionalità? Guardavano il Grande Fratello? In galera

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