martedì, Febbraio 11, 2025

«Occupazione senza titolo», il Comune d’Ischia perde ancora al Tar contro i Villari

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L’Ente non ha dato esecuzione a una sentenza del 2022 relativa a porzioni di beni occupati senza essere stati formalmente espropriati sostenendo che fosse maturata l’usucapione. Il commissario ad acta, il segretario di Forio Noemi Martino, non aveva eseguito il proprio compito. I giudici hanno ordinato di adottare un provvedimento formale

Ancora una batosta per il Comune d’Ischia nell’infinito contenzioso con gli eredi Villari seguito agli espropri delle pinete voluti negli anni Ottanta del secolo scorso da Enzo Mazzella. L’ultima decisione che condanna l’Ente è relativa alla esecuzione della sentenza del 2022 che accoglieva il ricorso proposto da Carlo e Maria Giovanna Villari relativo a porzioni di beni occupati senza essere stati ufficialmente espropriati e dunque «per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Ischia sulla istanza trasmessa via PEC in data 30/07/2021, con la quale chiedevano la restituzione degli immobili ivi identificati, con la rimessione in pristino e con pagamento dei risarcimenti dovuti, ovvero di emanare un formale e motivato provvedimento nell’esercizio del potere di cui all’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01, corrispondendo gli indennizzi dovuti; nonché per la condanna del Comune di Ischia a pronunciarsi sulla istanza medesima entro un termine non superiore a giorni trenta; a disporre la restituzione degli immobili con rimessione in pristino e corrispondendo i risarcimenti dovuti, ovvero a valutare e decidere se intenda esercitare o meno il potere di cui all’art. 42 bis TUE corrispondendo gli indennizzi dovuti». E questa ennesima sentenza, “in soldoni”, si trasforma in una batosta non da poco.

Come detto il Tar aveva accolto il ricorso, ordinando al Comune «di riscontrare l’istanza mediante adozione di un provvedimento espresso, entro e non oltre novanta giorni dalla comunicazione, o, se anteriore, dalla notificazione della sentenza, con contestuale nomina del Commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inerzia».
L’Ente non aveva ottemperato nel termine indicato e il commissario ad acta nominato, il segretario comunale di Forio dott.ssa Noemi Martino, non aveva provveduto ad insediarsi. Tanto che i Villari a gennaio dello scorso anno erano nuovamente ricorsi ai giudici amministrativi per ottenere l’eventuale sostituzione del commissario e comunque l’ottemperanza alla sentenza.

IL COMMISSARIO RITENUTO “INCOMPATIBILE”
Sta di fatto che ancora nelle more dell’insediamento, il responsabile del Servizio Patrimonio del Comune d’Ischia, con provvedimento del 31 gennaio 2024, ha finalmente riscontrato l’istanza, «rigettandola sia quanto alla restituzione che quanto all’acquisizione ex art. 42 bis Tue, in ragione dell’asserito acquisto dell’immobile da parte del Comune per usucapione ultraventennale».
Di qui il ricorso per incidente di esecuzione, invocando la nullità del provvedimento per elusione di giudicato, e la presentazione di motivi aggiunti per sostenere la illegittimità dell’atto.
Intanto il commissario ad acta, preso atto del provvedimento dell’Ente del 31 gennaio 2024, ha depositato nel fascicolo telematico verbale con il quale ha dichiarato chiuso il procedimento. Avverso tale verbale, i Villari sono “insorti” con il reclamo, «asserendone l’inefficacia, siccome adottato dopo che l’amministrazione ha emesso il provvedimento, che attualmente è sub iudice per elusione/violazione del giudicato».

Il Comune d’Ischia, costituitosi, ha eccepito il difetto di giurisdizione, ribadito l’intervenuta usucapione e difeso (ovviamente) la legittimità delle proprie determinazioni. Ma come detto gli è andata ancora male.
In vista della discussione del ricorso, dai Villari è arrivato l’“attacco” alla Martino, adombrando qualche “inciucio”. Insistendo «affinché sia data esecuzione alla sentenza n. 1436/2022, nominando un Commissario “ad acta” di altra P.A., al fine di evitare conflitti di interesse, e impartendo dettagliate istruzioni in merito alle tre possibilità offerte dall’ordinamento per la cessazione dell’illecita occupazione: acquisizione ex art. 42 bis Tue, restituzione, transazione».

LO “SCONFINAMENTO” NEL CORSO DEGLI ESPROPRI
Il collegio della Settima Sezione ha innanzitutto rigettato le eccezioni formulate dal Comune di inammissibilità dell’incidente di esecuzione e dei motivi aggiunti e di difetto di giurisdizione. In particolare relativamente a quest’ultima contestazione, i giudici osservano che «in disparte il rilievo che l’incidente di esecuzione si innesta su una precedente sentenza di questa Sezione, che ha ritenuto sussistere nella specie la giurisdizione amministrativa e sulla quale si è oramai formato il giudicato, va comunque confermata la giurisdizione di questo giudice amministrativo anche in questa ulteriore fase processuale, indipendentemente dal fatto che venga in rilievo l’esame delle vicende relative all’usucapione (che, secondo l’avversa prospettazione della resistente radicherebbe la giurisdizione del g.o.)».

Aggiungendo: «Ciò posto, a fronte di un’occupazione “sine titulo” la posizione dei ricorrenti rispetto all’istanza di esercizio del potere ex art. 42 bis è di interesse legittimo, a prescindere dalla circostanza che la occupazione consegua ad un esito patologico del procedimento espropriativo che abbia riguardato comunque le particelle apprese (per illegittimità degli atti della procedura o mancata conclusione nei termini) o ovvero per mero “sconfinamento”, essendo presupposto dell’istanza un’occupazione sine titulo, quale che sia la sua forma di manifestazione».

Il passaggio successivo contiene pesanti “accuse” a come è stata gestita quella procedura espropriativa, rimarcando che «la controversia all’esame rientra certamente nella giurisdizione di questo giudice amministrativo, vertendosi in tema di doverosità della pronuncia dell’ente in merito all’esercizio di un potere discrezionale di procedere all’acquisizione sanante, ex art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, al fine di far cessare una situazione di asserita illegittima apprensione di alcuni immobili di proprietà dei ricorrenti che perdura da oltre 40 anni e che, in attuazione delle prescrizioni del PRG regionale “approvato” 1983, il Comune utilizza per scopi di interesse pubblico avendoli peraltro modificati e irreversibilmente trasformati (parco pubblico, vialistica e sottoservizi). Tanto si è verificato, secondo quanto incontestatamente dedotto in ricorso, in relazione a diverse procedure espropriative avviate nel 1985, le quali hanno avuto un esito patologico in ragione dello “sconfinamento” su beni appresi in occasione degli espropri di cui ai decreti sindacali 594/1985, 254/1983e 255/1983».

COLPO DI SPUGNA SULL’USUCAPIONE
Nel merito delle questioni sollevate dai Villari nella attuale controversia, la sentenza sconfessa quanto sostenuto dal Comune, ovvero «di non dover procedere alla acquisizione sanante, pur a fronte della incontroversa occupazione, ritenendo essere divenuto proprietario degli immobili in questione, per intervenuta prescrizione ventennale. Difatti, come anticipato nello svolgimento in fatto, a fronte dei mezzi di gravame esperiti, il Comune ha poi concluso il procedimento in maniera espressa, opponendo alle pretese domenicali dei ricorrenti l’intervenuta “usucapione ultraventennale”».

Ma quel provvedimento è nullo perché elusivo del giudicato. L’usucapione invocata è “inesistente”. La sentenza, per motivare questa conclusione, si richiama anche alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo: «Come chiarito dalla giurisprudenza, ove l’istituto dell’usucapione si innesti a valle di un procedimento espropriativo sfociato in un esito patologico, la sua operatività può essere ammessa solo entro ristretti limiti, allo scopo di evitare che sotto mentite spoglie (i.e. alleviare gli oneri finanziari altrimenti gravanti sull’Amministrazione responsabile, stante la cd. retroattività reale dell’usucapione che estinguerebbe ogni pretesa risarcitoria) si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta o larvata, abiurata dalla giurisprudenza della Corte EDU, che esclude la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento espropriativo, censurando in particolare ogni fenomeno di creazione pretoria di acquisto della proprietà mediante fatto illecito, in violazione della Convenzione ed in particolare dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu, a mente del quale “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”».

Il nodo della questione è che si deve escludere dal computo del tempo utile, ai fini della maturazione del ventennio per l’usucapibilità del bene, il periodo di occupazione illegittima maturato ante D.P.R. 327/01. Poiché solo con l’entrata in vigore del T.U. Espropri (ovvero dal 30 giugno 2003), è stato introdotto l’istituto dell’acquisizione sanante, il termine ventennale per l’usucapione va fatto decorrere da quella data. E ciò per il Tar vale anche per l’occupazione di superfici eccedenti ovvero lo sconfinamento, come nel caso in questione.
E qui il Comune d’Ischia è rimasto “fregato”. Il collegio ha sentenziato che «deve respingersi l’eccezione di usucapione, non potendo dirsi che al momento della notifica dell’originario ricorso avverso il silenzio (risalente al 2021, ndr), in disparte le precedenti diffide e contenziosi tra le parti in causa, fosse maturato il tempo necessario ad usucapire, non essendo comunque compiuto il ventennio di occupazione, come sopra computabile, sicché, ad oggi, non può dirsi realizzata alcuna pretesa fattispecie estintiva della proprietà in danno dei ricorrenti».

“AMMONITO” IL SEGRETARIO MARTINO
Inevitabile e logica la conclusione: «Permane, dunque, l’obbligo dell’amministrazione di determinarsi in merito alla scelta fra acquisizione e non acquisizione degli immobili, in quanto “la concreta restituzione rappresenta un semplice obbligo civilistico – cioè una mera conseguenza legale della decisione di non acquisire l’immobile assunta dall’amministrazione in sede procedimentale – ed essa non costituisce, né può costituire, espressione di una specifica volontà provvedimentale dell’autorità, atteso che, nell’adempiere gli obblighi di diritto comune, l’amministrazione opera alla stregua di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento e non agisce iure auctoritatis”».

Accolto l’incidente di esecuzione, è stata annullata la nota del 31 gennaio 2024 del responsabile del Servizio Patrimonio del Comune di Ischia, in quanto elusiva del giudicato. Così come è stato accolto il reclamo avverso la determinazione del Commissario ad acta, «permanendo l’obbligo dell’ente e, in caso di sua perdurante inerzia, del predetto organo commissariale di dare integrale esecuzione alla sentenza di questo Tribunale n. 1436/2022, provvedendo alla assunzione di un provvedimento espresso in ordine alla scelta di adottare o non adottare un provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis D.P.R. n. 327 del 2001».
Il collegio ha ribadito l’ordine al Comune d’Ischia «di concludere con l’adozione di un provvedimento espresso, entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il procedimento relativo all’istanza presentata dai ricorrenti in data 30 luglio 2021».

Ha confermato la dott.ssa Martino come commissario ad acta, «non sussistendo ragioni di incompatibilità, solo genericamente dedotte dalla parte ricorrente». Il segretario generale del Comune di Forio non potrà però più tergiversare, in caso di inottemperanza dell’Ente ischitano. Il passaggio successivo suona infatti come un “ammonimento”: «Giova in proposito ricordare che l’ufficio del commissario ad acta è obbligatorio per legge e non può essere rifiutato; che, pertanto, l’inerzia del commissario ad acta può determinare responsabilità di diversa natura (civile, penale, contabile)».
L’eventuale compenso al commissario sarà ovviamente a carico del Comune d’Ischia, condannato anche a pagare 2.000 euro di spese di lite.
Ma la conseguenza grave è che esclusa l’usucapione “gratuita”, ora l’Ente dovrà decidere se confermare l’acquisizione con relativo pagamento delle indennità o restituire beni occupati finora illegittimamente che però sono stati pesantemente modificati nel tempo. Comunque un salasso economico, anche in caso di transazione.
L’esproprio delle pinete Villari per gli occupanti del palazzo di Via Iasolino sembra proprio essere diventato un incubo senza fine…

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