domenica, Settembre 8, 2024

Orfani ucraini: arriva la petizione per tenerli in Italia ancora due anni

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Ne parliamo con la prof.ssa Simona Mazzoleni, bergamasca ma legatissima alla nostra isola dove trascorre lunghi periodi dell’anno

Andrea Esposito | Arriva fino a noi, qui a Ischia, tramite la prof.ssa SIMONA MAZZOLENI (bergamasca doc ma ischitana d’adozione, tanto legata sentimentalmente alla nostra isola, dove trascorre spesso le sue vacanze) la petizione online – su change.org – del progetto di accoglienza “Patti educativi” della Valle Imagna. La petizione ha assunto subito valenza nazionale: chiede di non rimpatriare gli orfani ucraini nel loro Paese, dove la guerra è ancora in corso. Inviata sotto forma di lettera anche alla presidente del Tribunale dei minori di Brescia, dott.ssa Cristina Maggia, che dovrà pronunciarsi in merito. A marzo 2022 un gruppo di ragazzi dell’orfanatrofio di Berdyansk è scappato dalla guerra, trovando ospitalità qui da noi. A settembre hanno iniziato a frequentare le scuole italiane e a dicembre è cominciata l’accoglienza in casa delle famiglie in grado di accoglierli.

Simona, facci un riassunto della situazione e delle vostre preoccupazioni?
Esprimo i sentimenti di tutte le famiglie del progetto “Patti Educativi” della Valle Imagna. Siamo molto preoccupati per il futuro di questi bambini, dopo aver saputo che entro la fine dell’estate saranno rimpatriati. Siamo partiti con qualche pomeriggio insieme fino a dicembre e poi l’accoglienza si è ampliata, hanno cominciato a passare la notte nelle nostre case, hanno provato la felicità al mattino di poter fare colazione in pigiama o di svegliarci con il solletico. Piccoli momenti di quotidianità familiare che significano tanto per chi una famiglia non ce l’ha.

E’ questo il punto cruciale, giusto? Questi bimbi non sono solo vittime di guerra, ma erano gia’ orfani prima che la guerra scoppiasse?
Esattamente. Aprendo le porte delle nostre case, superando insieme le normali difficolta’ di adattamento, abbiamo costruito rapporti sani. Nonostante il tempo trascorso insieme sia poco, percepiscono e vivono le nostre case come un posto sicuro, dove si sentono protetti ed hanno nuovamente sperimentato il concetto di FAMIGLIA.

Adesso cosa succede, Simona?
Entro l’inizio del prossimo anno scolastico, i 63 ospiti nel nostro territorio dovranno tornare in Ucraina. C’è grande preoccupazione per il loro futuro. La raccolta firme da noi lanciata ha raggiunto un numero straordinario di adesioni da tutta Italia. Il dramma di questi bambini è doppio: essi sono ORFANI in una condizione aggravata ovviamente dallo status di guerra in cui versa l’Ucraina da due anni. Le garanzie approssimative o nulle riguardo le future strutture ospitanti e l’incertezza del mantenimento dei contatti coi parenti sono un problema.

Quindi qual è l’obiettivo concreto di questa petizione?
Non possiamo far altro che ribadire le parole del prof. DIEGO MOSCA, referente del progetto di accoglienza: arrivare al cuore delle persone e delle istituzioni. Ci sono periodi della nostra esistenza ricchi di senso, non soltanto di interpretazione di leggi, diritti e doveri. Nessuno vuole sostituirsi agli organi competenti, siamo pienamente consapevoli che la questione logistica esiste e va affrontata, ma ci rivolgiamo a chi può fare qualcosa di concreto per loro. La guerra non è terminata, il trasferimento dei ragazzi in questo momento di totale insicurezza è davvero necessario? Il rapporto che si è creato con loro in questi mesi ci da il diritto di esprimere perplessità su questa decisione. Noi famiglie abbiamo imparato a ricostruire la loro identità smarrita. L’idea di rimpatriare tutti indistintamente, senza dare il giusto peso all’integrazione conseguita negli ultimi 30 mesi in Italia, ci sembra semplicistica – come ribadisce con forza il prof Mosca – Non fa bene a nessuno.

Non sarebbe più utile consentire a questa esperienza di continuare per i prossimi 12/24 mesi, allo scopo di trovare una soluzione familiare per ognuno di loro, in Ucraina o anche fuori, mantenendo sempre la predilezione per famiglie ucraine, se questa è la volontà del governo? Perchè non provare a lavorare tutti insieme, Italia e Ucraina, per il bene di questi minori? Per noi la loro partenza rappresenta un colpo di spugna dopo due anni e mezzo di sforzi da parte dell’intera comunità: la scuola, gli educatori ucraini e Italiani, i compagni di classe, i nuovi amici, tutte le persone che in diverse forme si sono prodigate per integrarli nel miglior modo possibile. Questi ragazzi hanno già pagato tanto, forse è arrivato il momento di rendergli qualcosa.

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