giovedì, Settembre 19, 2024

“Palermo Group” all’attacco del porto! Pascale si difende dinanzi al Tar con Molinaro

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La società napoletana, che a maggio aveva richiesto senza esito la concessione demaniale per l’approdo turistico, chiede l’annullamento degli atti comunali di “auto assegnazione” invocando la normativa nazionale e il diritto Ue e avanzando dubbi sul Pef. In vista dell’udienza del 12 settembre per la sospensiva la difesa dell’Ente replica punto per punto. Ma soprattutto ricorda che è stato il gip a restituire il porto sequestrato al Comune

Sul “progetto” di Giacomo Pascale per la gestione diretta da parte del Comune o tramite Azienda speciale del porto di Lacco Ameno grava una nube minacciosa, ovvero il ricorso al Tar della società napoletana “Palermo Group”, che a maggio aveva invano richiesto la concessione demaniale per la gestione dell’approdo turistico. E che ora chiede l’annullamento previa sospensione delle relative delibere comunali. Proprio in vista dell’udienza camerale fissata per il 12 settembre Pascale si affida all’avv. Bruno Molinaro per “disinnescare” la minaccia.
Nella memoria difensiva il legale riassume i fatti e le censure della “Palermo Group”, operante nel settore della nautica da diporto. Rimasta senza esito la richiesta del 10 maggio, «ha denunciato l’illegittimità degli atti adottati dal comune di Lacco Ameno con riferimento alla gestione diretta del medesimo approdo turistico».

SEI MOTIVI DI RICORSO
Il ricorso è basato su sei motivi. Innanzitutto che il porto turistico «ricadrebbe sotto l’egida della direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE (c.d. “Bolkestein”) in tema di libertà di stabilimento e concorrenza». E «i servizi portuali sarebbero, in ogni caso, diversi da quelli relativi agli approdi turistici».
Ancora, l’assegnazione dell’approdo turistico alla categoria dei “servizi pubblici a domanda individuale” «non escluderebbe “l’applicabilità dei principi di concorrenza, di stabilimento e di libera circolazione di cui al TFUE”».
Terza censura: «Anche l’autoassegnazione di una concessione di un bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreative non si sottrarrebbe all’obbligo della procedura concorsuale. Gli atti impugnati sarebbero, comunque, viziati da difetto di motivazione sotto il profilo del pubblico interesse che, peraltro, la società ricorrente sarebbe “in grado più dello stesso comune di salvaguardare”, come dimostrato dalla relazione prodotta, dimostrativa “di un progetto di investimento più proficuo e dunque di un migliore sfruttamento della risorsa demaniale”».
Si contesta anche la relazione posta a base della iniziativa pubblica, in quanto non esplicativa sui risultati, la qualità del servizio e gli investimenti infrastrutturali, la situazione delle finanze pubbliche e i costi per l’ente locale e per gli utenti.

Per la “Palermo Group” sarebbe inoltre illegittimo «”continuare” ad utilizzare i beni demaniali marittimi anche in assenza di un formale titolo concessorio ex art. 36 C.N.». Ritenendo scadute le concessioni in capo al Comune al 31.12.2023. Infine si ritiene lacunoso il PEF e illegittima la costituzione dell’azienda speciale «in relazione alle disposizioni vigenti che disciplinano “l’in house providing”».
L’avv. Molinaro però parte da un’altra questione, ovvero dal “famoso” sequestro del porto dopo aver accertato l’occupazione abusiva da parte di Perrella. Ricordando che il provvedimento di sequestro è stato definito «evidentemente funzionale alla cessazione della permanenza dell’illecito e dunque (alla necessità di evitare) la perpetuazione del reato… in via prodromica alla successiva attività di sgombero delle aree e restituzione del bene al suo legittimo concessionario ovvero il Comune di Lacco Ameno». Come confermato dal Tribunale del Riesame rilevando, sempre con riferimento al “periculum in mora”, che «”trattandosi di reato permanente la consumazione ed il conseguente pregiudizio per il Comune sono in itinere”, sicché “l’unico modo per interrompere la condotta illecita è far sì che l’ente concedente riacquisti il legittimo possesso”».

L’ULTIMO DECRETO LEGGE SULLE CONCESSIONI
La memoria affronta quindi le prime tre questioni sollevate nel ricorso, relative proprio all’ordinamento nazionale e al diritto unionale. In ordine alla perdurante validità ed efficacia della concessione demaniale del 3 agosto 2016, n. 12, intestata al Comune, ribadisce che l’Ente «è stato ritenuto dal giudice penale l’unico avente diritto alla restituzione dell’approdo turistico perché provvisto di regolare concessione rilasciata a sé medesimo nell’esercizio della delega di funzioni ad esso conferita dalla legislazione nazionale e da quella regionale, rinnovata in data 3 agosto 2016 con C.D.M. n. 12/16, e prorogata con “legge provvedimento” del 5 agosto 2022, n. 118, sino alla data del 31 dicembre 2024». Non solo, ma richiama anche l’ultima iniziativa del governo: «Tale data, come è noto, è stata, da ultimo, estesa al 30 settembre 2027 con decreto legge del 5 settembre 2024, recante “disposizioni urgenti per la soluzione di procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano”.

L’intervenuta “legge provvedimento”, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, è senz’altro valida ed efficace per i casi di gestione diretta e di “internalizzazione” del servizio pubblico (di rilevanza economica), non ricadenti sotto l’egida della direttiva c.d. Bolkestein 2006/123/CE (in tema di libertà di stabilimento e di concorrenza), e, dunque, anche per il comune di Lacco Ameno».
Quanto alle altre direttive europee richiamate, la 2014/23/UE consente agli Enti di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi, potendo «decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni».

Ancora più chiara la direttiva 2014/24/UE: «Nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici».
Ne deriva «che alcun obbligo di selezione pubblica è rinvenibile innanzitutto nel diritto europeo, che configura la gestione diretta, o tramite società in house o anche azienda speciale, come modulo generale alternativo all’affidamento a terzi mediante selezione pubblica».

MATERIA ESCLUSA DALLA “BOLKESTEIN”
Ad analoghe conclusioni approda anche la giurisprudenza “interna”. Il Tar Liguria in una sentenza del 2021 ha chiarito che «l’affidamento della gestione di un porto turistico si caratterizza per il fatto che, accanto alla concessione di beni demaniali marittimi, impone la prestazione di servizi funzionali all’esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.). Nella prassi accade sovente che, per gestire l’approdo direttamente oppure tramite una società in house o mista, i Comuni si autoaffidino in concessione il compendio portuale».
E dunque «non vi è dubbio che la gestione di un porto turistico sia qualificabile come servizio pubblico locale di rilevanza economica e a domanda individuale, giacché, nonostante la finalità turistico-ricreativa soddisfi interessi privati di una fascia ristretta di utenti, sussistono nondimeno rilevanti interessi pubblici quali la valorizzazione turistica ed economica del territorio, l’accesso alla via di comunicazione marina e la potenziale fruizione da parte dell’intera collettività laddove ricorrano eccezionali esigenze di trasporto pubblico». Come “invocato” negli atti del Comune di Lacco Ameno.

In sostanza, né l’ordinamento nazionale né il diritto europeo obbligano gli enti locali ad affidare a terzi sul mercato i servizi pubblici di rilevanza economica.
Si porta all’attenzione del Tar che la fattispecie «non ricade sotto l’egida della direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), con conseguente insussistenza dell’obbligo di selezione tra gli eventuali candidati».
Altri passaggi della stessa direttiva precisano che «le relative disposizioni non obbligano gli Stati a liberalizzare i servizi di interesse economico generale, sicché i predetti servizi possono essere somministrati dagli enti pubblici senza attivare una procedura concorrenziale tra loro ed i potenziali fornitori privati» e che sono esclusi dal campo applicativo i servizi portuali, «nei quali devono ritenersi compresi anche quelli afferenti alla portualità turistica».
La memoria rintuzza anche la tesi «secondo cui gli approdi, al pari dei punti di ormeggio e dei porti turistici, ricadrebbero, comunque, nella sfera di applicazione della direttiva unionale». Richiamando il c.d. “Piano del Mare”, approvato dal Consiglio dei Ministri a luglio 2023, che per la portualità turistica prevede: «Le concessioni portuali sono escluse dall’ambito di applicazione della Direttiva Bolkestein. Le concessioni portuali e quelle delle altre strutture dedicate alla nautica da diporto non rientrano nel campo di applicazione della c.d. Bolkestein».

COSTI E RICAVI
E si passa alle questioni “locali”. Qui la memoria innanzitutto precisa che «gli atti impugnati danno conto della assoluta idoneità sia del PEF che della relazione integrativa a soddisfare le esigenze di pubblico interesse».
In proposito si riporta il contenuto della certificazione rilasciata il 5 settembre dal responsabile del II Settore Finanziario del Comune, che “rendiconta” sulle spese e sulle assunzioni. Riferendo poi che «i ricavi previsti dal PEF riguardano effettivamente anche i mesi invernali in quanto l’Ente comunale intende garantire, a differenza della precedente gestione privata, la piena fruibilità dell’approdo turistico 12 mesi all’anno». Evidenziando inoltre che «pur avendo il Comune di Lacco Ameno abbattuto prudenzialmente le entrate tariffarie del 30%, i ricavi netti stimati consentono in ogni caso una gestione virtuosa e giammai fallimentare dell’approdo turistico nonché la sostenibilità economico-finanziaria di tutti i costi a carico del gestore».

AZIENDA SPECIALE SOCIETA’ IN HOUSE
Quanto all’azienda speciale, «le censure della ricorrente sono del pari inammissibili, in quanto anch’esse rivolte a sindacare il merito amministrativo». In base al TUEL «l’azienda speciale è – senza dubbio – un ente strumentale dell’amministrazione, legata a quest’ultima da stretti vincoli… attraverso l’azienda speciale, infatti, l’amministrazione persegue i propri fini istituzionali, insiti nell’erogazione di un servizio pubblico, secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza gestionale». Le aziende speciali, pur gestendo servizi pubblici locali, «restano nell’alveo della pubblica amministrazione pur quando eventualmente operino con strumenti privatistici».

Dunque «l’azienda speciale è un soggetto in house, al pari della società a partecipazione pubblica c.d. in house, inteso come longa manus dell’amministrazione pubblica per la realizzazione di lavori o opere o per l’espletamento di servizi. L’affidamento del servizio pubblico ad un’azienda speciale configura, pertanto, un affidamento in house». E per questi ultimi «le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta di soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta». Una possibilità contemplata anche dal d.lgs. 201/22 “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”.
Il Comune di Lacco Ameno, ribadisce la memoria, si è attenuto a tali principi.

INTERESSE PUBBLICO PREVALENTE
Per sostenere l’infondatezza della istanza cautelare di sospensione si ricorda che a fronte delle spese sostenute, il Comune «ha urgente necessità di rientrare quanto prima nella piena disponibilità delle aree demaniali e degli specchi acquei dell’approdo turistico…all’evidente scopo di favorire, nel miglior modo possibile, l’economia produttiva del paese e di recuperare le spese a qualsiasi titolo effettuate senza compensazione di introiti, salvaguardando efficacemente, in tal guisa, l’equilibrio finanziario e il pubblico interesse, con innegabili benefici anche in termini di tutela ambientale e di accessibilità dei servizi offerti».
Richiamando la certificazione del Servizio Attività Produttive del 3 giugno, dalla quale risulta: «Il sequestro del porto turistico di Lacco Ameno ha già generato una serie di ripercussioni su tutte le attività ricettive e commerciali del centro storico e del corso principale situati a ridosso della litoranea e dell’approdo. Il volume d’affari da Pasqua al weekend del 2 giugno è calato a picco, venendo a mancare le migliaia di diportisti che negli anni passati nel medesimo periodo, oltre a ormeggiare presso la struttura portuale» alimentavano anche l’intera economia indotta. E che «i danni subiti a causa della mancata attivazione dei servizi portuali stanno ingigantendo le difficoltà della avversa congiuntura economica, determinando licenziamenti, calo degli impieghi, chiusure di locali e attività».

Per l’avv. Molinaro «Non vi è dubbio, pertanto, che l’interesse e il danno prospettati dalla ricorrente, laddove astrattamente ipotizzabili, siano, comunque, recessivi rispetto al pubblico interesse del quale è portatore il comune resistente, titolare, come già evidenziato, della concessione demaniale n. 12/16, mai impugnata dalla ricorrente, alla quale ha anche fatto seguito, da ultimo, il rilascio, in via tuzioristica, della concessione demaniale n. 21/2024, previa acquisizione (fra gli altri) dei pareri favorevoli dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Ischia del 30 agosto 2024 e dell’Agenzia del Demanio (Direzione Regionale Campania) del 6 agosto 2024».

Infine «palesemente errata, sul punto, è l’affermazione secondo cui la ricorrente, con la istanza presentata, si sarebbe fatta carico del rischio d’impresa connesso alla prospettata riqualificazione dell’approdo “con un cospicuo canone a favore dell’amministrazione comunale” (la qualcosa finirebbe per garantire, in ogni caso, il soddisfacimento del pubblico interesse).
È risaputo, infatti, che i proventi del canone di concessione sono incassati dalla amministrazione statale e non dal Comune in quanto i beni del demanio marittimo appartengono allo Stato».
L’esito del primo round dinanzi al Tar consentirà di capire l’orientamento dei giudici.

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