Alla conferenza stampa dal titolo “Parcomania? No grazie”, svoltasi il 6 marzo a Terzigno, organizzata dalla Confavi Campania, ha partecipato anche l’avv. Salvatore Serpico, presidente dell’Accel (Club Cacciatori Etica Libera Isola d’Ischia). Il consigliere comunale di Forio ha ovviamente incentrato il suo intervento sulla dibattuta questione del Parco dell’Epomeo.
Serpico ha esordito facendo subito riferimento alla presenza, tra i relatori, dell’on. Sergio Berlato, europarlamentare e presidente nazionale dell’Associazione per la Cultura Rurale: «Partecipare a questi dibattiti è sempre un’opportunità preziosa. Mi ha fatto piacere, soprattutto, incontrare di nuovo l’onorevole Berlato, che abbiamo ospitato a Ischia tre anni fa. Tre anni che sono letteralmente volati! In questo periodo, come club e associazioni su Ischia, abbiamo messo in campo diverse attività legate proprio alla questione oggetto della discussione di oggi, alla quale ovviamente porteremo la nostra testimonianza».
Ha quindi illustrato l’attività che svolge l’Accel e le ragioni che ne hanno portato alla costituzione: «Si tratta di un club nato poco più di quattro anni fa, quando un gruppo di amici cacciatori ha iniziato a interrogarsi sulle informazioni che circolavano e su ciò che ci veniva detto dai rappresentanti delle associazioni venatorie esistenti. Ci siamo resi conto che spesso quello che ci veniva raccontato non corrispondeva alla realtà.
Così, abbiamo deciso di rimboccarci le maniche e creare un club, che fin da subito ha trovato un ampio seguito, anche perché l’argomento era di grande interesse.
Se ci ritroviamo a parlare la stessa lingua tra Confavi e Accel, è perché anche noi, a livello locale, abbiamo cercato di emulare ciò che l’onorevole Berlato faticosamente cercava – e ancora oggi cerca – di fare a livello nazionale».
PARLARE LA STESSA LINGUA
L’obiettivo sono dunque strategie unitarie: «Quello che per noi era incomprensibile era il fatto che i problemi dei cacciatori, che fossero a Ischia, a Caserta, a Napoli o in qualsiasi altra località d’Italia, venissero affrontati in modo frammentato. Era impensabile che cinque o sei associazioni venatorie parlassero cinque o sei lingue diverse proprio quando si trattava di discutere di questioni fondamentali, come i piani faunistici regionali o l’approvazione dei calendari venatori. Ognuna rispondeva solo ai propri interessi, e questo per noi era inaccettabile.
Per questo motivo, abbiamo proposto un modello diverso: la creazione di un club, una sorta di confederazione che unisse tutti i rappresentanti locali. Quando ci siamo resi conto che chi avrebbe dovuto rappresentare l’interesse comune non lo faceva in modo adeguato, abbiamo deciso di agire direttamente. Per quanto riguarda la politica venatoria, ci siamo resi conto di quale fosse realmente la situazione. Una situazione in cui persino i rappresentanti locali non erano a conoscenza delle discussioni che avvenivano a livello regionale, né tantomeno di ciò che accadeva a livello nazionale in relazione al Parco».
CACCIATORI CRIMINALIZZATI
Una iniziativa che ha ottenuto riscontri importanti: «In questi quattro anni, il nostro impegno è stato principalmente quello di superare pregiudizi e preconcetti. Abbiamo constatato che, quando si parlava di cacciatori, si faceva riferimento a una realtà poco conosciuta e, dall’altra parte, ci trovavamo di fronte a muri di gomma, fondati unicamente su stereotipi. La nostra sfida più grande è stata proprio questa: far comprendere la realtà della caccia, andando oltre i luoghi comuni. E, nonostante tutte le difficoltà, i risultati ottenuti sono stati enormi.
Sebbene non abbiamo competenze specifiche a livello istituzionale, la nostra attività di informazione ha prodotto grandi risultati anche nel breve periodo. Un esempio concreto riguarda Ischia: per anni, ogni incendio veniva automaticamente attribuito ai cacciatori. Noi abbiamo voluto spiegare che, in realtà, i cacciatori sono contrari agli incendi, perché nelle aree colpite non è possibile praticare l’attività venatoria. Abbiamo chiarito che la caccia, nel caso della selvaggina migratoria, è regolamentata e si svolge in periodi specifici dell’anno.
Abbiamo anche evidenziato che la nostra attività venatoria si concentra in un periodo limitato, circa 20-25 giorni tra ottobre e novembre, e che per il resto dell’anno non pratichiamo la caccia. Inoltre, da tre o quattro anni ormai, la riapertura della stagione venatoria è vincolata a una serie di restrizioni, e non possiamo esercitarla liberamente.
Nonostante le difficoltà, siamo riusciti ad aprire un dialogo costruttivo, trovando riscontro positivo tra i nostri associati e raccogliendo sempre più consensi. Se nei primi anni ci iscrivevano solo coloro che erano insoddisfatti delle altre associazioni venatorie, oggi siamo diventati il primo club venatorio dell’isola. Il nostro attivismo, portato avanti per 365 giorni all’anno, ci ha permesso di ottenere risultati concreti e riconoscimenti importanti».
L’ISTITUZIONE DEL PARCO
Serpico è quindi arrivato al punto centrale del dibattito, le aree protette, e nello specifico l’istituzione del Parco dell’Epomeo: «C’era dunque anche una critica costruttiva che ha portato la Confavi a scegliere di sostenere il nostro percorso. Questa attività informativa l’abbiamo poi legata anche alla questione del Parco. Ad Ischia, infatti, già si discuteva dell’istituzione di un’area naturale protetta. Con la legge regionale n. 33 del 1993, l’isola era stata inizialmente inclusa in questa previsione. Tuttavia, in seguito sono emersi contrasti che hanno portato, nel tempo, alla sua esclusione dalle previsioni regionali in modo poco coerente dal punto di vista storico e normativo.
Ora, dopo 25-26 anni, un comitato locale si è formato e ha iniziato a promuovere nuovamente l’istituzione del Parco, presentandolo come una soluzione in grado di risolvere ogni problema e valorizzare le tradizioni e il patrimonio naturale di Ischia». La categoria dei seguaci di Diana è però rimasta esclusa dal dibattito: «Noi cacciatori, pur essendo una categoria rappresentativa sul territorio, non siamo mai stati coinvolti in questi incontri né abbiamo avuto l’opportunità di essere ricevuti. Più volte abbiamo espresso, anche a distanza, la nostra disponibilità a un confronto pubblico, purché basato sulla normativa vigente e sulle reali conseguenze che l’istituzione di un Parco avrebbe portato.
Le conseguenze le ha spiegate benissimo l’onorevole Berlato, facendo riferimento alla legge 394 del 1991, che è stata in gran parte confermata e recepita anche dalla normativa regionale. Non poteva essere altrimenti. Noi abbiamo semplicemente adottato un approccio diverso, basandoci su quanto stabilito dalla legge 157 del 1992, in particolare il Capitolo IV.
La nostra posizione non nasce da pregiudizi, ma dalla volontà di comprendere a fondo la situazione. Abbiamo studiato la normativa e verificato quali fossero stati i precedenti che, già nel 1990, avevano portato al contrasto che determinò l’esclusione di Ischia dalle aree naturali protette».
DUE SITUAZIONI CRITICHE
Il presidente di Accel ha quindi spiegato la posizione assunta: «Il nostro dissenso rispetto alla creazione del Parco si basa su esperienze negative già vissute in passato. In particolare, facciamo riferimento a due situazioni critiche.
L’Area marina protetta, istituita circa dieci anni fa, che ha introdotto vincoli e limitazioni senza però garantire un’efficace tutela dell’ambiente. Mentre ai pescatori vengono imposti divieti stringenti – tanto che devono addirittura pagare un accompagnatore per poter navigare nella zona – nessuna misura concreta è stata presa per contrastare gli scarichi illegali provenienti da attività produttive e impianti fognari, che continuano a inquinare il mare. Inoltre, il problema della depurazione non è stato affrontato né a livello locale né a livello isolano.
Le zone SIC (Siti di Interesse Comunitario), istituite in conseguenza della Direttiva Habitat, che hanno introdotto restrizioni senza una reale gestione del territorio. Abbiamo approfondito queste tematiche non perché qualcuno ce le abbia imposte, ma perché riteniamo fondamentale informarci e comprendere a fondo le conseguenze delle scelte politiche e ambientali che impattano sul nostro territorio».
IL “NODO” DELLE ZONE SIC
E sulle “famigerate” zone SIC che penalizzano in particolare i cacciatori isolani, Serpico non ha lesinato critiche, rivelando anche significativi retroscena: «Quando eravamo più giovani, qualcuno delle associazioni venatorie a cui eravamo affiliati cercava di spiegarci queste dinamiche. Tuttavia, nonostante le zone SIC siano state previste fin dal 2000, la loro istituzione ad Ischia è avvenuta in maniera piuttosto discutibile. Me lo ha confermato personalmente una dirigente della Regione Campania, responsabile del settore ambiente, affermando che nel 2000 ad Ischia fu realizzata una cartografia senza alcun vero studio scientifico. In pratica, sette-otto persone si riunirono attorno a un tavolo, osservarono la cartina e la planimetria e segnarono arbitrariamente quattro o cinque zone SIC.
A distanza di 25 anni dalla loro istituzione, il risultato qual è? Ancora oggi non si sa se quelle limitazioni abbiano effettivamente contribuito a proteggere le specie indicate, come il pipistrello, la farfalla o una particolare felce che cresce sulle colline del Monte Epomeo. Non è chiaro se queste misure abbiano portato a un progresso reale nella tutela ambientale né se ci sia stato un coordinamento efficace per la loro gestione. Per questo motivo, abbiamo chiesto – e continuiamo a chiedere – risposte concrete. Chiediamo con forza anche un sostegno pubblico da parte della Confavi, qui rappresentata sia a livello regionale che nazionale, affinché ci dia una mano su queste tematiche».
IL CALENDARIO VENATORIO REGIONALE
Per venire incontro alle esigenze della categoria, il presidente di Accel ha chiamato in causa l’on. Berlato: «A livello di Regione Campania, ciò che chiediamo è semplice: rivolgo in particolare questa richiesta al presidente Berlato, affinché si faccia promotore di un’attività di monitoraggio sulla situazione delle zone SIC. Se, come sappiamo, non esiste alcuna reale esigenza conservativa in determinate aree, chiediamo che venga attivato un processo di riduzione della loro estensione. Non parliamo di una cancellazione totale, ma quantomeno di una riduzione proporzionata alla reale necessità di tutela ambientale.
L’altro impegno che chiediamo al presidente nazionale riguarda un’importante modifica già avvenuta a livello nazionale, che rappresenta un primo passo avanti: la modifica dell’articolo 18 della legge 157/92 in occasione dell’approvazione della legge di bilancio. Su questo punto, sollecitiamo un’azione concreta per spingere la Regione Campania a eseguire rapidamente tutti gli studi necessari e ad acquisire i pareri indispensabili, così da poter approvare in tempi utili un calendario venatorio certo e definito.
Il Piano Faunistico Regionale è già stato approvato ed è in corso di validità. Per questo motivo, chiediamo che si arrivi finalmente a un calendario venatorio che non lasci i cacciatori nell’incertezza fino ai primi di settembre, come purtroppo accade ormai da 4-5 anni. Non vogliamo più trovarci a pochi giorni dall’inizio della stagione venatoria senza sapere se la pre-apertura verrà concessa o meno, quali specie saranno effettivamente cacciabili, se la chiusura sarà fissata al 31 gennaio o se sarà possibile un’estensione fino a febbraio.
Quello che chiediamo è semplice: chiarezza. E per ottenerla, purtroppo, dobbiamo continuare a fare pressione, sia come Confederazione, sia come associazioni venatorie, affinché le istituzioni amministrative regionali forniscano risposte certe e tempestive. Siamo consapevoli che la caccia non è considerata una priorità rispetto ad altri problemi che la Regione affronta, ma è fondamentale garantire certezze e tranquillità a una categoria di cittadini che vogliono poter esercitare la propria passione nel rispetto della legalità e con la massima serenità».