Ugo De Rosa | Il “vizio” della Soprintendenza di esprimere tardivamente, e dunque ben oltre il termine prescritto, il parere richiesto, è stato sonoramente bacchettato dalla Sesta Sezione del Tar Campania, presieduta da Santino Scudeller. E insieme all’organo periferico del Ministero è stato “punito” anche il Comune di Barano, che aveva ritenuto vincolante quel parere negativo all’autorizzazione paesaggistica per il condono di un immobile, divenuto in realtà inefficace. Il cittadino che si era visto respingere l’istanza di sanatoria edilizia è ricorso ai giudici amministrativi chiedendo l’annullamento di quel provvedimento di diniego definitivo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e di conseguenza alla richiesta di condono adottato dal responsabile del Servizio Tecnico. Chiamando in causa il Comune e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L’Area Metropolitana di Napoli, che si sono costituiti in giudizio ma non sono sfuggiti alla sonora “bacchettata”. La sentenza ripercorre la cronologia degli eventi: «Con istanza del 29 aprile 2019 il proprietario dell’immobile, odierno ricorrente, provvedeva a richiedere all’UTC del Comune di Barano d’Ischia formale Parere di Compatibilità Paesaggistica, in riferimento alle opere oggetto di domanda di condono edilizio.
Il Comune di Barano d’Ischia, pertanto, con nota del 08.08.2019 trasmetteva al MIBACT – Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli la relazione tecnica illustrativa unitamente alla proposta di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
La Soprintendenza in data 5.03.2020, comunicava il preavviso di definizione negativa del procedimento al quale seguivano memorie difensive da parte del ricorrente».
TEMPI TROPPO LUNGHI
Solo tre mesi più tardi «Con provvedimento del 10.06.2020 la Soprintendenza esprimeva parere negativo definitivo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per le opere oggetto di istanza di condono, rilevando che “l’opera nel suo complesso produce alterazioni non reversibili all’assetto e all’andamento naturale del suolo con pregiudizio per la salvaguardia delle aree agricole residuali e delle pratiche colturali tradizionali e non suscettibili di riparazione mediante interventi di mitigazione e riqualificazione”».
L’Utc avrebbe dovuto tenere conto della circostanza che il parere era stato espresso con netto ritardo. Invece, «“rilevato” quanto espresso nella motivazione del diniego di parere favorevole reso dalla Soprintendenza, “preso atto che … il parere del MIBACT … si presenta come atto di arresto procedimentale che contempla il formale recepimento dello stesso da parte dell’ente comunale competente al rilascio della autorizzazione paesaggistica” ha respinto l’istanza di autorizzazione paesaggistica e la domanda di condono». Sbagliando.
Infatti proprio il primo motivo del ricorso si è rivelato determinante per il suo accoglimento. Laddove veniva contestato «che, nonostante il parere della Soprintendenza sia stato rilasciato oltre il termine di 45 giorni previsto dalla legge, l’amministrazione lo ha ritenuto vincolante e, pertanto, non ha espresso una autonoma valutazione sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio».
Veniva anche eccepito che «in ogni caso gli interventi edilizi sarebbero condonabili in quanto non verrebbero in rilievo vincoli assoluti ed in ogni caso essi sarebbero conformi agli strumenti urbanistici».
L’ERRORE DELL’UTC
Negli uffici comunali di Barano non sanno fare di conto e calcolare i mesi trascorsi, o non conoscono la normativa e la giurisprudenza in materia? Sta di fatto che l’Ente ha difeso «i propri atti e ribadendo la natura vincolante del parere della Soprintendenza anche quando esso sia reso oltre il termine di legge».
Ovviamente il Tar è stato di tutt’altro avviso, giudicando il ricorso fondato «essendo condivisibili le censure esposte nel primo motivo».
E arriva la “lezione” per il responsabile dell’Utc: «Il collegio condivide il tradizionale orientamento giurisprudenziale in materia di autorizzazione paesaggistica e con particolare riferimento alla casistica relativa al silenzio assenso, al parere tardivo, all’ambito delle valutazioni da parte della Soprintendenza (limitatamente agli aspetti paesaggistici e archeologici), ai rapporti coi titoli edilizi, in forza dei quali il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). Le valutazioni espresse sono finalizzate, dunque, all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica».
Precisando che «Nonostante il decorso del termine per l’espressione del parere vincolante da parte della Soprintendenza, non può escludersi in radice la possibilità per l’organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale».
LA “LEZIONE” DEL TAR
Cosa che non è avvenuta a Barano: «Nel caso in esame, il Comune ha indirizzato la richiesta di parere alla Soprintendenza in data 8 ottobre 2019 ed il parere veniva reso in data 10 giugno 2020, ben oltre il termine previsto.
Orbene, facendo applicazione dei consolidati principi esposti, tale parere ha perso la sua efficacia vincolante rispetto alla successiva attività di competenza del Comune dovendosi quest’ultimo esprimere con autonome e motivate valutazioni ai fini del rilascio o del diniego della richiesta autorizzazione paesaggistica».
Quel rigetto della istanza di condono è dunque irrimediabilmente viziato in quanto un parere non più vincolante non è sufficiente a motivarlo. Occorreva una ben diversa pronuncia. E infatti nella sentenza si legge: «Tanto non è accaduto dal momento che il Comune di Barano d’Ischia ha ritenuto di prendere atto del parere negativo reso dalla Soprintendenza e di respingere per ciò solo l’istanza del ricorrente».
Basta dunque la fondatezza del primo motivo per l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento del provvedimento impugnato che rigettava la sanatoria.
Le spese sono state compensate, come sovente si verifica, alla luce della particolarità del caso. Ma l’Ufficio tecnico comunale di Barano non ne esce certamente bene…