giovedì, Marzo 20, 2025

Passioni negate: quando la società ci spinge a rinunciare a ciò che amiamo | #4WD

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Viviamo in un’epoca in cui le nostre passioni sembrano essere costantemente minacciate da ostacoli di ogni genere. Burocrazia, costi elevati, normative sempre più restrittive e una gestione spesso inefficiente delle risorse pubbliche rendono difficile, se non impossibile, dedicarsi a ciò che ci appassiona. La sensazione è quella di una società che non solo non incoraggia gli interessi personali, ma anzi sembra spingere le persone a rinunciarvi, imponendo barriere su barriere.
Un esempio emblematico è quello della nautica da diporto, dove la passione per il mare si scontra con una realtà fatta di difficoltà logistiche ed economiche. Possedere una barca non significa solo affrontare i costi di acquisto e manutenzione, ma anche fare i conti con una gestione della portualità turistica che, in alcune aree, diventa un vero e proprio ostacolo. A Ischia, ad esempio, trovare un posto barca annuale adeguato è un’impresa più ardua che in terraferma. A Casamicciola Terme e Lacco Ameno, poi, la situazione è stata resa ancora più complicata dai contenziosi tra pubblico e privato, con conseguenti difficoltà per chi, in prospettiva a breve termine, chiede semplicemente vivere il mare senza stress.
Questa realtà ha portato molti appassionati come me a decidere di rinunciare alla loro imbarcazione, perché al di là delle proprie motivazioni personali (nel mio caso trasferimenti in nuce, figli lontani e quant’altro) il gioco non sembra più valere la candela. Cosa significa possedere una barca se poi la si può usare solo sporadicamente a causa delle difficoltà burocratiche e gestionali? La passione si trasforma così in una fonte di frustrazione, portando a decisioni sofferte ma inevitabili.
Un altro caso eclatante è quello della caccia, un’attività ormai ridotta a un piccolo gruppo di irriducibili che resistono nonostante una burocrazia soffocante, divieti sempre più numerosi e tasse annuali che continuano ad aumentare. Quella che un tempo era una tradizione radicata nel territorio e nella cultura, oggi viene progressivamente ostacolata, rendendo sempre più difficile la sua pratica e additando i suoi praticanti quali assassini e nemici dell’ambiente.E sempre restando sulle mie personali passioni, vogliamo accennare anche al tennis? Chi ha gestito finora questo sport sull’isola d’Ischia, avanzando peraltro la pretesa di non subire intromissioni per non perdere il controllo del pur esiguo mercato locale, ha costretto i veri appassionati agonisti di andare a zonzo in terraferma, con ogni relativo aggravio di spese, solo perché non si è in grado di indire tornei sul territorio isolano trovando adeguato riscontro. E naturalmente, per chi non ha la possibilità di organizzarsi con il proprio lavoro e la propria tasca, tocca accontentarsi del proprio sparring partner in allenamenti amichevoli.
Il problema non è solo economico o burocratico, ma anche culturale. La società contemporanea sembra aver perso la capacità di valorizzare le passioni individuali, soffocate da un sistema che impone sacrifici in nome di una presunta efficienza e regolamentazione. Così, tra costi proibitivi, leggi sempre più restrittive e una gestione poco lungimirante delle risorse, ci troviamo costretti a mettere da parte ciò che amiamo, rassegnandoci all’idea che alcune passioni siano diventate un lusso per pochi o un percorso a ostacoli insormontabile.
Forse è il momento di chiederci se sia necessario trovare soluzioni per restituire a tutti il piacere delle proprie passioni senza continue limitazioni. Ovvero rassegnarsi a diventare semplici ingranaggi di un sistema che non lascia più alcuno spazio alla nostra libertà di goderci la vita.

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