venerdì, Dicembre 27, 2024

Paura “Civile” da assicurazione sospesa. L’appello di Ossani alla condanna per il ferimento di Alessandro D’Abundo

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La storia di Alessandro D’Abundo si arricchisce del secondo grado di giudizio. Un atto formale e che tutti si aspettavano. La storia parte, ovviamente, dalla fine del processo di primo grado a cui avevano lavorato tre magistrati e che si era concluso la pronuncia del dispositivo di condanna per Eugenio Ossani. La dottoressa Valeria Scandone, prima, la dottoressa Alessandra Ferrigno poi e il dottor Alberto Vecchione avevano compreso bene la gravità delle accuse mosse dal pubblico ministero Mario Canale che “insieme” all’avvocato Salvatore Scardamaglio per le parti civili (Alessandro, il papà e la madre) si sono contrapposti alla difesa dell’avvocato Umberto Valentino. La sentenza, oggi appellata, vede l’imputato Eugenio Ossani condannato per i reati ascrittogli ad anni uno di reclusione. E, ancora, il giudicante dalla sezione distaccata di Ischia, aveva ha condannato Ossani, in solido con il responsabile civile, la società Punta Molino Alberghi srl, in persona del legale rappresentante, al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede.

Il giudice Vecchione, inoltre, aveva collegato la pena sospesa al “pagamento di una previsionale in favore delle costituite parti civili, quantificata in euro cinquecentomila in favore di D’Abundo Alessandro ed in euro sessantamila per ciascuno in favore di D’Abundo Aniello e Migliaccio Maria, i genitori di Alessandro riconosciuti come persone danneggiate”. Da qui si parte per il secondo round, quello che si dovrà giocare dinanzi alla Corte di Appello di Napoli. Un secondo round un cui Ossani, però, prova a salvare il salvabile e prova a buttare la croce sia sulla sedia a rotelle di Alessandro sia su Mario Marty, il responsabile della sicurezza del Punta Molino. Come? Con un lungo appello preparato da un nuovo collegio difensivo che ha preso il posto dell’avvocato Valentino. Oggi, a difendere Ossani, infatti, c’è lo studio Fulgeri dell’avvocato Gino Fulgeri che ha redatto un appello proposto contro la pronuncia di Vecchione che è ricco di sorprese e di colpi di scena.

NESSUNA ASSICURAZIONE

Il primo colpo di scena che viene fuori leggendo gli atti dell’appello è quello si legge sulla carta intestata della Zurich. “Ci riferiamo alla Vostra comunicazione del 31/01/2023 di attivazione del procedimento di mediazione tra Grand Hotel Punta Molino srl, Zurich Insurance e Agenzia Zurich di Barbato Sebastiano. Seppur spiacenti, vi comunichiamo che non partecipiamo a detto procedimento perché in relazione alla vicenda di cui si tratta, la scrivente società: ha già specificato che la polizza assicurativa non è operante in quanto al momento del sinistro la stessa era sospesa, ai sensi dell’art. 1901 cc.”

Un particolare di non poco conto e che si collega, ovviamente, a tutto il resto dell’appello che, chiarito questo particolare, non può che provare di tutto – anche passando sopra la sedia a rotelle di Alessandro e infliggendogli ancora più pena – al fine di scongiurare gli effetti delle statuizioni civili. Se Ossani avesse avuto la polizza attiva, di certo, oggi, avremmo avuto un esito diverso sia del giudizio di primo grado che, in qualche modo, ha risposto alle sofferenze del D’Abundo sia del potenziale appello. Un appello che, alla luce di quanto prodotto dall’avvocato Fulgeri si presenta come una nuova battaglia all’ultimo sangue. L’avvocato Salvatore Scardamaglio e la stessa Procura della Repubblica, infatti, proveranno a difendere tutto il percorso vissuto nell’aula del tribunale di Ischia e proveranno a smontare le tesi che l’avvocato Fulgeri propone alla Corte di Appello.

Prima di leggere nel dettaglio, proviamo a sintetizzarle per offrire al lettore un quadro sinottico più veloce: In breve, Ossani e il suo collegio difensivo, propone alla Corte di Appello di nominare un nuovo CTU per verificare le differenze tra le risultanze dei periti di parte, di riconoscere colpevole Mario Marty, RSPP dell’Hotel Punta Molino e riconoscere, ancora, una parte della colpa ad Alessandro. E, aspetto più importante di tutti, soprattutto ora che Ossani ha pagato la previsionale ai D’Abundo con diversi bonifici, evitare che Ossani sia responsabile di altri danni da valutare in sede civile. Ad oggi, infatti, mentre Alessandro resterà per tutta la vita su una sedia a rotelle a ha perso le sue funzionalità vitali, ad Ossani andrebbe bene spendere solo 620 mila euro e avere un anno di condanna pena sospesa. Ma siamo certi che non andrà a finire a così.

LA STORIA

Era il 27 ottobre 2018 quando, durante il ricevimento per celebrare il battesimo di un piccolo bimbo, Alessandro con l’ex compagna e alcuni amici lasciano la sala del ricevimento e si spostano sulla terrazza dell’hotel che affaccia sul Castello Aragonese per fumare una sigaretta. Un gesto normale, in una serata un po’ speciale. Greta, l’ex fidanzata si avvicina, gli dà un bacio sulla guancia e poi il volo nel vuoto. Da quel momento, da quell’attimo di tenerezza, si è aperta la lunga pagina di dolore, paura e rabbia per Alessandro e la sua famiglia che non terminerà mai.

I comunicati dell’epoca raccontano che Alessandro era precipitato nel vuoto dopo che la balaustra della terrazza dell’albergo aveva ceduto. Il giovane era stato dapprima trasportato in codice rosso all’ospedale “Anna Rizzoli” di Lacco Ameno e poi, nella notte, trasferito al “Cardarelli” di Napoli. Qui i medici, dopo averlo intubato, stabilizzato lo sottoposero a una serie di interventi chirurgici per cercare di limitare le terribili conseguenze di quel volo. Da quel giorno, però, Alessandro è costretto a vivere su una sedia a rotelle. Da allora ha dovuto abituarsi a una vita completamente diversa da quella che aveva vissuto fino al 27 ottobre 2018. Da giovane pieno di vita e di speranze per l’avvenire si è ritrovato proiettato all’improvviso in una nuova dimensione tutta da scoprire giorno dopo giorno, per cercare di ricostruirsi comunque, con coraggio e con determinazione, un futuro accettabile, nonostante le limitazioni irreversibili.

LA PRIMA PARTE DELL’APPELLO
Chi ha seguito il processo come noi e chi ha letto la puntuale cronaca che abbiamo realizzato, si renderà conto che l’esercizio del difensore di Ossani è davvero arduo. Un tentativo di demolire la sentenza e di “accusare” il giudice Vecchione di non aver svolto accurati approfondimenti nel merito delle discrepanze tra i racconti delle parti. Beh, è questo è il gioco delle parti, ma leggere che il comportamento di Alessandro sia stato “eccentrico, eccezionale ed imprevedibile” equivale a buttarlo giù dalla sedia a rotelle e a calpestarla”!

Con la sentenza impugnata. il Giudice di prime cure ha ritenuto il Sig. Ossani responsabile del reato a lui ascritto e. nel l’addivenire alla statuizione di penale responsabilità, ha così motivato il convincimento circa la colpevolezza dell’odierno imputato; “…appare dimostrato la riconducibilità dell’evento lesivo in argomento alla condotta colposa dell’Ossani, che in qualità di responsabile della struttura alberghiera “de qua., non ha garantito l’esecuzione di una attenta ed efficace attività di manutenzione della struttura in esame, che di fatto fungeva da parapetto rispetto all’area della terrazza”

Dalla lettura della sentenza, tuttavia, si evince una narrazione del fatto priva del corretto percorso logico-giuridico che avrebbe dovuto costituire il valido fondamento di una giusta pronuncia, oltre che carente di una congrua motivazione in ordine alla sussistenza del nesso causale tra la condotta commessa dall’Ossani e la tragedia di cui è stato vittima il Sig. D’Abundo Alessandro.

Tuttavia, è emerso in maniera evidente che nel corso del dibattimento l’attenzione dell’organo di accusa. ma anche quella del Giudicante. si è focalizzata unicamente sulla ricostruzione della dinamica dell’incidente occorso al D’Abundo senza tenere nel debito conto il ruolo effettivamente svolto dall’Ossani nell’ambito della società. e senza dunque analizzare l’asserito comportamento omissivo tenuto dall’imputato.

L’Ossani è il legale rappresentante della Punta Molino Alberghi s.r.l., società proprietaria dell’Hotel “Punta Molino”, ed in qualità di proprietario e datore di lavoro all’interno della struttura alberghiera aveva provveduto alla nomina di un responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP) il Geom. Mario Marty, di un responsabile dei lavoratori per la sicurezza (RLS) il Sig. Antonio Spignese e: di un medico competente nonché, provveduto a redigere il documento di valutazione dei rischi (DVR) contenente una analisi dei rischi/pericoli connessi allo svolgimento della suddetta attività. oltreché una indicazione di misure idonee a prevenirli.

E’ VERO, D’ABUNDO E’ CADUTO
Ciò premesso, la difesa non ha mai contestato che le gravi lesioni riportate dal D’Abundo siano state una conseguenza della rovinosa caduta del predetto dalla struttura metallica che funge da parapetto sulla terrazza dell’Hotel. Ciò di cui la difesa si duole è piuttosto la conclusione cui è pervenuto il Tribunale circa la diretta derivazione eziologica di tali lesioni dalla asserita condona colposa dell’imputalo. In relazione al delitto contestato non è infatti possibile attribuire la responsabilità penale oggettiva ad un individuo per il solo verificarsi dell’evento, indipendentemente dalla sussistenza di una forma di colpevolezza anche perché il delitto contestato non individua un soggetto che, unicamente per la posizione ricoperta, si renda necessariamente colpevole ma lo stesso può e deve essere imputato a chi realmente abbia posto in essere una condotta commissiva od omissiva colposa. che abbia determinato l’evento che la norma si prefigge di evitare.

LA CADUTA FUORI DALLA SFERA GESTORIA DI OSSANI
Il Sig. Ossani aveva effettuato – per il tramite di un tecnico esperto in materia di sicurezza – una preventiva valutazione dei rischi connessi alto svolgimento di una determinata attività. adempiendo dunque alle obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia. nominando inoltre i soggetti preposti ai compiti di vigilanza e direzione. al fine di prevedere e dunque prevenire i pericoli ipotizzati. A prescindere, pertanto, dalla ricostruzione della dinamica dell’evento – pur essendo fondamentale analizzare la condotta posta in essere dal D’Abundo – appare evidente come il Sig. Ossanì non possa essere considerato soggetto attivo del reato contestato dal momento che l’evento si è verificato al di fuori della sua sfera gestoria. Più precisamente l’imputato aveva predisposto nel DVR un sistema volto a scongiurare i pericoli individuati. tuttavia, la condotta assunta dal D’ Abundo la sera del 27. l 0.2018 doveva ritenersi eccentrica / eccezionale ed imprevedibile rispetto al rischio che l’Ossani era chiamato a governare. secondo una preventiva valutazione dei rischi connessi allo svolgimento della sua attività,

BASTAVANO LE FIORIERE
L’incidente si è infatti verificalo sulla terrazza esterna adiacente la sala di ricevimento dell’albergo ove era innestata una struttura in tubolari di ferro per la posa dei tendaggi e lungo lutto lo sviluppo della balaustra erano poste delle fioriere a pianta rettangolare che di fatto inibivano l’affaccio diretto e/o la seduta sulla ringhiera prospiciente la pubblica via, l’avvicinamento della clientela alla ringhiera veniva quindi fisicamente impedito dalla posa dei tendaggi oltre che dalla collocazione della fioriere, così come chiarito anche dal teste Marty escusso all’udienza del 23.03.2023: “Diciamo quelle hanno una doppia funzione, sia di impedimento che qualcuno possa avvicinarsi a queste tende per appoggiarsi o quant’altro ed ornamentale” Nel corso del dibattimento, il teste della difesa il Sig. Marty ricordava dunque che il giorno in cui si era verificato l’evento la struttura era in fase di chiusura autunnale; per cui era in funzione solo la sala interna per il ricevimento, mentre la terrazza esterna non era utilizzabile per l’evento. difatti non vi erano tavoli o sedie per gli avventori e le luci esterne erano spente

CI HANNO FATTO FARE IL G7
l sistemi precauzionali adottati – secondo una valutazione ex ante dei rischi connessi allo svolgimento d’attività – hanno sempre garantito nel corso degli anni un adeguato livello di sicurezza – ulteriormente vagliato dagli ispettori e VV.FF. in occasione dell’evento G7 tenuto presso l’Hotel Punta Molino – e pertanto pur non potendo escludersi con assoluta certezza la possibilità di un diverso meccanismo causale, si ritiene che l’adozione di ulteriori misure precauzionali non avrebbe scongiurato l’evento.

LA POSIZIONE DI ALESSANDRO
Sulla posizione assunta dal D’Abundo, il consulente tecnico della difesa Prof Leccisi ha osservato che il tubolare distaccato dalla struttura è stato rinvenuto dai CC intervenuti nell’immediatezza della terrazza, circostanza che induce a ritenere che la persona offesa, in realtà, non fosse semplicemente appoggiato di schiena al tubolare della struttura ma invece vi fosse seduto sopra. A sostegno delle sue conclusioni, il CT ha effettuato delle prove dì carico sul tubolare evidenziando altresì che il corrimano possedeva le caratteristiche di robustezza richieste dalle norme. pertanto, il crollo sarebbe verosimilmente avvenuto per una concomitanza di circostanze tra cui la sovra sollecitazione dinamica costituita dall’impatto di una persona – la ex fidanzata della p.o. Scaburri -sul sig. D’Abundo per sedersi in braccio.

Sul punto, il Giudicante ha ritenuto l’argomento difensivo meramente suggestivo posto che: “come ha illustrato il C.T. del PM in udienza, il rinvenimento del tubolare sul pavimento della terrazza non risulta fisicamente incompatibile con la posizione riferita dal D’Abundo, atteso che la direzione che, nel momento della sua caduta ha in concreto preso l’elemento distaccandosi dalla struttura è stata condizionata fisicamente dall’inclinazione del corpo della p.o. nel momento in cui si è determinata la rottura”

RISULTATO PARADOSSALE PER CT DELLA DIFESA
Pertanto. l’esposizione argomentativa ciel Giudicante è incentrata sulla tendenza a screditare l’operalo del consulente della difesa ritenendo che, stando alle prove di carico effettuale dall’Ing. Leccisi sul campo di ringhiera adiacente a quello che ha ceduto si giunga ad un risultato “paradossale” e che dunque le circostanze evidenziate dal consulente non appaiono idonee a smentire la ricostruzione secondo la quale la p.o. era semplicemente seduta di schiena

il Tribunale non si confronta dunque con le doglianze difensive e la motivazione con la quale è stata disconosciuta valenza a discarico alle conclusioni del CT della difesa non è supportala da un esaurimte iter logico-argomentativo, pertanto, permane una macroscopica falla nel costrutto accusatorio costituita dalla discrepanza tra la descrizione fatta dalla persona offesa e la ricostruzione effettuata dal teste esperto in materia. Discrepanza che le argomentazioni del Tribunale non sono tuttavia idonee a superare.

1 – CONTINUA

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