Domani avevo intenzione di ospitare alcuni parenti e amici nella bella tenuta di mio suocero in quel di Santa Maria al Monte per festeggiare Ognissanti con una tradizionale conigliata. Vi assicuro, per chi non lo sapesse, che il coniglio cucinato da Enzo “Baffo” Sirabella, rigorosamente in tegame di creta e fuoco a legna, rappresenta una delle delizie gastronomiche di cui noi familiari andiamo fieri e ne siamo praticamente schiavi, impossibilitati ad accettare di mangiarlo altrove perché del tutto incomparabile.
Eppure, da quanto ho potuto appurare, in giro i conigli nostrani (dove per “nostrani” intendo quelli nati e allevati sull’Isola e non “importati” dalla terraferma tramite grossisti) scarseggiano. Com’è noto, durante l’estate il caldo non favorisce affatto la riproduzione ed è preferibile evitare di stressare sia i maschi sia le fattrici in un periodo tutt’altro che ideale, per poi concentrare gli accoppiamenti col tempo più fresco in vista della produzione natalizia. Ma quest’anno, in particolare attualmente, a quanto pare un po’ tutti sono rimasti a corto di conigli, anche per quella relativamente minima quantità ad uso personale che poi spinge molte famiglie a continuare la tradizione del piccolo allevamento domestico, che con tanto sacrificio riesce a garantire in tavola un prodotto di assoluta genuinità. In molti casi, sono tanti i “privati” che ancora girano in campagna o nei boschi per rimediare i cosiddetti “palieri” o fanno ricorso a potature fresche di agrumi per cibare i propri lagomorfi, rifiutandosi categoricamente di utilizzare mangimi industriali, seppure dei migliori in commercio quanto a ingredienti biologici ed equilibrio proteico.
Conosco negozianti che per i propri clienti, anziché acquistare animali di dubbia provenienza, preferiscono accettare ordini su prenotazione e, successivamente, approvvigionarsi di conigli da privati per garantire assoluta genuinità e qualità. Ma anche queste realtà stanno soffrendo un momento in cui i loro pusher abituali non riescono a far fronte ad un fabbisogno sempre crescente e, di conseguenza, si trovano oggi in seria difficoltà.In passato ho fatto una mia personalissima stima del consumo medio di conigli sull’isola d’Ischia e sono giunto alla conclusione che solo di domenica, per soddisfare la domanda delle famiglie in cui non è festa se non c’è il coniglio in tavola, vanno in tegame mediamente diecimila animali. E posso assicurarVi che esiste un rinomato ristorante alle falde dell’Epomeo che nel corso del suo periodo di apertura (circa sette mesi) necessita di ben oltre duecento conigli a settimana.
Eppure, nonostante il boom dell’agroalimentare di qualità e degli ottimi finanziamenti disponibili, anche in questo settore Ischia e la sua imprenditoria non riescono ad organizzarsi adeguatamente. Anzi, in tante stanno per chiudere.
Daily 4ward di Davide Conte del 31 ottobre 2024