Gaetano Di Meglio | In funzionamento della pec veritas. O, meglio, “nel nome della PEC” che funziona. Dopo la pantomima indecorosa del cambio di statuto e di indizione delle nuove elezioni, gli avvocati dell’isola d’Ischia. Per la precisione, circa, 172. Il “dovremmo essere questi” è la comunicazione ufficiale di un sodalizio che nel 2023 non sa quali sono i suoi soci, incassa le iscrizioni a nero e con i bigliettini dei concorsi della sagra del “porco”.
Il gruppone, guidato fino al prossimo voto dall’avvocato Gianpaolo Buono (secondo il Consiglio Superiore della Magistratura uno dei più influenti del foro di Ischia), dovrà scegliere il nuovo presidente e i nuovi 6 consiglieri.
La scelta è caduta sull’avvocato Alberto Morelli per il direttivo uscente che, sperando che la PEC funzioni, si dovrebbe confrontare con Francesco Cellammare. Tuttavia, però, non è esclusa qualche altra candidatura che dovrebbe essere comunicata alla PEC dell’associazione entro le 24 di ieri sera.
Durante le indecorose assemblee dei mesi scorsi, gli avvocati isolani hanno fatto di tutto per evitare il boom di iscrizioni in vista del voto e, così, la base elettorale è ferma al 6 aprile, data limite per rispondere alla nuova prescrizione statutaria inserita con il nuovo statuto che riconosce il diritto di voto al socio solo dopo 3 mesi dalla sua iscrizione. Ma Cellammare – che è già carico a pallettoni contro Morelli, Gianpaolo Buono e altri “gestori” – si chiede perché l’elenco degli iscritti con facoltà di voto non sia stato reso noto il 6 aprile e non “solo due giorni fa”.
Avremo tempo per raccogliere le motivazioni dei candidati presidenti così come avremo modo di conoscere i candidati alla carica di consiglieri.
Se per i presidenti è evidente che c’è un corto circuito, per i consiglieri, invece, troviamo gli avvocati Lello Pesce, Cristiano Rossetti, Carmine Passaro (che finalmente riesce a candidarsi a qualcosa e la smette di provare a fare il king maker ora che si è scottato le mani a Forio), Imma Capuano e, sempre secondo i rumors di “palazzo”, anche l’avvocato Vito Manna.
Mentre andiamo in stampa e all’oscuro di altre candidature – se non quelle che abbiamo già scritto –, la speranza è che la notte abbia portato consiglio anche se le percentuali sono bene espresse con i “centesimi”.
L’obiettivo da raggiungere è chiaro: c’è da portare a casa la stabilizzazione della sezione distacca, uscire dalla roulette delle proroghe e impegnarsi affinché la gestione della giustizia ad Ischia possa essere amministrata senza il pregiudizio napoletano e, soprattutto, con una visione di lungo termine. Le promesse del governo, quelle che il sottosegretario Delmastro Delle Vedove aveva fatto nella sua visita ad Ischia, sono chiare: la stabilizzazione è un obiettivo di legislatura. La pressione da fare, chiaramente, è quella di arrivare alla prossima legge di Bilancio con un capitolo dedicato.
«La visita ad Ischia – disse il sottosegretario alla Giustizia Delmastro – è un segno di attenzione del governo per ribadire l’impegno per la stabilizzazione della sezione distaccata del Tribunale di Napoli, presente sull’isola, con un duplice presupposto: giustizia di prossimità e insularità di cui all’articolo 119 della Costituzione, così come modificato. Se riteniamo l’insularità una specificità italiana, con un approdo in Costituzione, è evidente che debbano essere garantiti i servizi. Compreso quello della giustizia. Ischia, oltre a vivere di turismo, deve avere i migliori servizi per chi vi risiede. Le decisioni degli anni passati – aggiunse il sottosegretario a margine della sua visita ischitana – non hanno portato ai risultati attesi né in termini di risparmio né in termini di qualità delle sentenze. È finita l’epoca in cui lo Stato, soprattutto sulla giustizia, arretra».
Parole profetiche. Nel frattempo arretrano gli avvocati con le loro scelte. E allora, così come c’è una disaffezione dei più rispetto l’amministrazione dei comuni, così c’è un distacco dalla rappresentanza di categoria. Con un parallelo, forse troppo veritiero, ci basta guardare ai nostri consigli comunali per capire come la “rappresentanza” sia diventata una virtù poco praticata. O meglio, praticata da chi riesce ad eccellere in attività secondarie (come quelle di molti consiglieri comunali) rispetto a merito, qualità espressive, carisma e riconoscibilità.