La contrapposizione tra Giuseppe Perrella e il Comune di Lacco Ameno si infiamma sul fronte del porto anche in relazione al pub-bar “Onda Blu”, l’attività della famiglia del “Barbiere”, l’assessore Ciro Calise. Ad inizio anno, come si ricorderà, il Tar Campania aveva accolto il ricorso dell’amministratore della “Marina di Capitello”, che aveva impugnato il rifiuto del Comune di accesso agli atti per la verifica dei titoli abilitativi e delle concessioni demaniali dell’attività commerciale. Acclarando la legittimazione e l’interesse a visionare la documentazione. Ebbene, mentre la battaglia sul porto non accenna a placarsi, l’8 settembre Perrella, con atto trasmesso anche alla Procura della Repubblica, ha diffidato il Comune ad accertare una serie di abusi ed irregolarità relative al pub-bar. Lo stesso, lo ricordiamo, che ad agosto era stato oggetto di un intervento dei Nas per gravi carenze igienico-sanitarie nel locale cucina. All’atto stragiudiziale di Perrella la famiglia Calise ha reagito con la memoria di replica dell’avv. Bruno Molinaro indirizzata al responsabile del III Settore LL.PP. arch. Alessandro Dellegrottaglie, chiedendo l’archiviazione del procedimento innescato dalla diffida.
In premessa si ricostruisce la “storia amministrativa” dell’“Onda Blu” dalla prima DIA del 2010 per un vecchio manufatto di 13 mq., i nulla osta anche al cambio di destinazione d’uso da residenziale a commerciale; la concessione demaniale per un’area nella “Piazzetta del Pescatore”; i pareri favorevoli della Soprintendenza. Un procedimento per difformità alla DIA si concludeva con ottemperanza alla ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, cui seguiva l’assoluzione in sede penale. E così via. A significare la regolarità dell’attività sotto i vari profili.
LA DIFIFDA DOPO LA VITTORIA AL TAR
La diffida di Perrella invece sollecita l’Ente del Fungo «ad accertare gli abusi evidenziati nell’esposto e ad adottare i necessari provvedimenti sanzionatori; a rigettare eventuali nuove S.C.I.A. e sanatorie; ad annullare in autotutela le agibilità rilasciate; ad accertare eventuali ulteriori abusi e ad emettere i relativi provvedimenti sanzionatori; ad adottare provvedimenti di decadenza della concessione demaniale e di cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande; ad inibire e/o annullare e/o revocare i titoli commerciali; evidenziando, in particolare, le seguenti violazioni: totale abusività del manufatto di mq. 13 su suolo demaniale; totale abusività del cambio di destinazione d’uso con frazionamento/accorpamento dell’attività commerciale da valutare come ristrutturazione edilizia; totale abusività dell’innalzamento del tetto del manufatto di mq. 13 per effetto della eliminazione dello spiovente successivamente al rifacimento effettuato con D.I.A. del 2010; totale abusività del tavolato in legno con sovrastante tendo-struttura retrattile, in quanto: asservita, in violazione dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla SABAP, a manufatti abusivamente modificati/realizzati e non sanati; realizzata con materiali diversi e chiusa lateralmente; illegittimità derivata dell’agibilità, della licenza di esercizio e della S.C.I.A. sanitaria, fondate su presupposti erronei».
CONTESTATO L’INTERESSE DI PERRELLA
Tracciando un quadro di irregolarità a cui controbatte la memoria dell’avv. Molinaro. Partendo innanzitutto dalla legittimazione e l’interesse di “Marina del Capitello”, che «sono stati giustificati dalla società intimante con il fatto che la stessa “esercita attività turistico-ricreativa su beni demaniali marittimi e, segnatamente, l’attività di gestione di porti, approdi turistici e punti di ormeggio”, precisandosi, altresì, che, “in ragione dell’apertura al mercato dei servizi afferenti le concessioni demaniali marittime (legge 118/2022), la società intende diversificare i servizi offerti attraverso la gestione di ulteriori beni demaniali marittimi”».
Richieste ritenute «inammissibili e, comunque, manifestamente infondate nel merito». Per l’avv. Molinaro difettano legittimazione e interesse: «Le richieste sono inammissibili per l’assorbente ragione che la società Marina del Capitello, contrariamente a quanto sostenuto, non essendo qualificabile come impresa operatrice nel medesimo settore di riferimento, non è legittimata, né vanta alcun interesse concreto (giuridicamente rilevante) all’ottenimento dei provvedimenti invocati, sia se espressione dell’esercizio dei poteri sanzionatori in materia edilizia sia se collegati a una pretesa autotutela decisoria in relazione “alle agibilità rilasciate e ai titoli commerciali”».
Spiegando: «Il consolidato indirizzo della giurisprudenza in ordine a tale questione è, infatti, nel senso che il titolare di un’autorizzazione amministrativa vanta sicuramente un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ma solo a condizione che l’esercizio, da parte dell’ente pubblico, del potere autorizzatorio riguardi il medesimo settore di attività commerciale, ovvero quello riferito all’ambito territoriale all’interno del quale si radica la posizione giuridica del richiedente. La società intimante esercita notoriamente “attività di gestione di porti, approdi turistici e punti di ormeggio”, la quale evidentemente non ha niente a che vedere con l’attività svolta dalla deducente, di ben diversa natura».
AUTOTUTELA INAMMISSIBILE
Citando la giurisprudenza in materia, secondo la quale «va riaffermata, anche in materia di impugnazione di titoli edilizi rilasciati a terzi “vicini” la distinzione e la autonomia tra legittimazione e interesse al ricorso quali distinte condiciones della azione; lo scrutinio di ammissibilità della domanda caducatoria, indi, impone al Giudice la certazione ex officio della esistenza di ambedue le ridette condizioni dell’azione, non potendo affermarsi che “il criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, valga da solo e in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso”».
Viene contestato anche il potere di autotutela: «L’intimante pretende, per le agibilità e i titoli commerciali rilasciati, l’annullamento, rispetto al quale, tuttavia, non è ipotizzabile, a carico di codesto Comune, alcun obbligo di provvedere. È stato, infatti, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa che: “Il privato che presenta ricorso in autotutela non ha diritto a ottenere una risposta da parte della P.A., né viola alcun principio costituzionale il fatto che la stessa P.A. possa ignorare l’istanza di autotutela sulla base di valutazioni largamente discrezionali”. Alle medesime conclusioni è da tempo pervenuta anche la Suprema Corte di Cassazione».
LA PERIZIA DELL’ING. TRANI
La memoria di replica quindi entra nel merito dell’esposto di Perrella, contestandone le richieste in quanto manifestamente infondate e richiamando la perizia asseverata a firma dell’ing. Benito Trani.
La relazione smentisce gli abusi evidenziati punto per punto. Innanzitutto, sullo stato dei luoghi riferisce: «Effettuato un accertamento sui luoghi in data odierna, il sottoscritto ha potuto rilevare che l’attuale stato dei luoghi è conforme alla rappresentazione grafica degli stessi, come in ultimo approvata ed allegata alla SCIA 2015, al parere favorevole della Commissione Locale per il Paesaggio del 23 marzo 2016, al parere favorevole della Soprintendenza BAP di Napoli del 12 luglio 2016 ed all’autorizzazione paesaggistica n. 3 del 1 settembre2016. L’affermazione della esponente sulla totale abusività delle opere in oggetto è, pertanto, clamorosamente smentita dagli atti consegnati dalla committente». Scendendo nel dettaglio, l’ing. Trani esamina i singoli casi di abusi e violazioni, partendo dal manufatto di mq. 13: «L’esponente evidenzia una pretesa totale abusività del manufatto di mq 13 ricadente su suolo demaniale, senza però fornire prova alcuna di tale pretesa abusività. Invero, il semplice esame della documentazione acquisita prova la piena legittimità dello stesso, atteso che trattasi di manufatto di vecchissima costruzione, di proprietà demaniale, oggetto di: concessione demaniale marittima 2010; regolare nulla-osta edilizio del 2010; regolare denuncia di inizio attività del 18 febbraio 2011 e nulla-osta paesaggistico della Soprintendenza; in ultimo, segnalazione certificata di inizio attività 2015, nulla-osta Soprintendenza BAP di Napoli. Ebbene, il rilascio di tali titoli, avvenuto fin da oltre un decennio e previa istruttoria di diversi enti, prova la piena legittimità del manufatto, in assenza della quale i titoli predetti non avrebbero potuto giammai essere rilasciati. Del resto, la legittimità di tale manufatto non è stata mai contestata».
IMMOBILE TOTALMENTE LEGITTIMO
Quanto al cambio di destinazione d’uso e natura dell’intervento: «Preliminarmente, occorre evidenziare che, come provato dalla documentazione acquisita, l’intervento in questione è stato realizzato negli anni 2010/2011, pertanto da ben oltre un decennio, in virtù di regolare denuncia di inizio attività del 20 dicembre 2010 con successivo atto di assenso costituito dalla determinazione del 28 giugno 2011 (con tale atto il Responsabile del Servizio Edilizia Privata determinava l’importo dovuto quale contributo di concessione e ne chiedeva il pagamento)». Il perito di parte non rilevato nemmeno la abusività della eliminazione dello spiovente: «Va subito precisato che è, anch’essa, clamorosamente smentita dagli atti, che la stessa esponente ha – tra l’altro – dichiarato di conoscere, in particolare la DIA del 2010 ed il nulla-osta del Responsabile dell’Edilizia Privata di Lacco Ameno del 24 dicembre 2010. Con tale nulla-osta risulta, infatti, autorizzata proprio la sostituzione del tetto a spiovente con tetto piano. Tale configurazione veniva poi assentita anche con nulla-osta paesaggistico della Soprintendenza. Sul punto, va, inoltre, precisato che lo spiovente in oggetto era assolutamente irrilevante, essendovi una differenza di altezza di appena 20 centimetri tra la linea di colmo e la linea di gronda».
Idem per il tavolato di legno e tendo-struttura, scrivendo: «Ebbene, anche tali contestazioni sono clamorosamente smentite dagli atti, atteso che, come documentalmente provato: l’attuale struttura è tutt’altro che abusiva, risultando assentita con: S.C.I.A.; parere favorevole ella Commissione Locale per il Paesaggio; parere favorevole della Soprintendenza; autorizzazione paesaggistica. Come già sopra accertato, il locale pub-bar Onda Blu, cui la struttura in questione è asservita, non è affatto abusivo, risultando coperto da tutti i titoli occorrenti e conforme agli stessi».
Infine, sulle esposte illegittimità di agibilità, licenza di esercizio e SCIA sanitaria in quanto «basate sull’erroneo presupposto della legittimità dell’immobile», l’ing. Trani conclude: «Ebbene, avendo provato che l’immobile in oggetto (pub-bar Onda Blu) è tutt’altro che abusivo, non vi è dubbio alcuno sulla totale insussistenza anche di tale contestata illegittimità derivata».
La memoria di replica a questo punto rileva che «ne deriva chiaramente l’assoluta inconsistenza e/o falsità degli addebiti e, dunque, la palese infondatezza delle richieste formulate». Riservandosi «ogni più ampia tutela nelle competenti sedi», si sollecita l’archiviazione del procedimento. Cosa farà ora Dellegrottaglie? Di sicuro ogni giorno che passa gli interessi dei familiari dei componenti della maggioranza di Pascale creano sempre maggiore imbarazzo al sindaco e agli uffici comunali…