giovedì, Dicembre 26, 2024

“Pesare 46 chili e sentirsi grassa”, un appello ai Prof di Sandra Malatesta

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Un professore quando insegna non deve solo dare nozioni ma deve prima imparare a conoscere chi gli è stato affidato. Mai farsi i fatti, proprio mai. Se sto scrivendo questo è perché nella mia lunga carriera scolastica spesso sono stata chiamata “la mamma” o, in alcuni consigli, colleghi che non mi conoscevano bene dicevano in modo sarcastico: “Chiedete a Sandra, lei sa sempre tutto dei suoi alunni”.

Non nascondo che le prime volte ci restavo tanto male e una volta a casa, mi dicevo che forse sbagliavo. Man mano che passavano i miei anni di insegnamento avvertivo forte la voglia di parlare con i miei alunni e ho fatto dei dieci minuti di intervallo un momento per noi.
Tutti intorno alla cattedra a raccontarmi a dirmi dei loro gusti, delle cotte, dei pezzi musicali, di moda, dei problemi che avevano. Mi trovavo ad avere anche 40 ragazzi perché, i miei alunni, portavano i loro amici. Così, un giorno, durante una gara a braccio di ferro, una ragazza aveva il braccio senza forze e crollò subito. Feci finta di niente e non ci misi forza io.

Poi le scrissi un biglietto e lei mi rispose così: “Prof sto tanto male, mi sento brutta, grassa, il ragazzo che mi piace non mi guarda, non so con chi parlare perché mia madre non sta bene e mio padre dice che è normale perché è l’adolescenza. Vi voglio bene datemi un consiglio”. Cominciò così il mio rapporto con una ragazza speciale che stava dando i primi segnali di poco appetito. La invitai a casa mia e lei, puntuale, ogni giorno verso le quattro veniva e stava con me e i miei figli.

A scuola, di solito, si rendeva antipatica e insopportabile e portava spie, insomma faceva di tutto per non farsi amare. A casa, con me, era dolce, sorridente e io facevo spesso ciambelle e lei ne mangiava una fetta.
Fu un periodo lungo ma lei, piano piano, capii cosa le stava succedendo.
Parlai di nascosto con sua madre e suo padre e li coinvolsi anche se la mamma faceva cure dolorose per una malattia invalidante. Alla fine, la facemmo aiutare e fece un lungo percorso di psicoterapia a Napoli.
Quando lei, oggi che vive in America, mi scrive spesso che mi vuole bene e che ho capito quando era ancora presto quello che le stava succedendo, io mi commuovo e mi dico che noi prof abbiamo il dovere di arrivare in tempo e avvisare le famiglie.

So che ci sono malattie come l’anoressia e la depressione difficili da curare, ma so anche che ci sono segnali che possono allarmare e so che come succede con la droga, intervenire in tempo può fare sperare. Ho combattuto tanto nella mia vita, ho perso volendo aiutare ragazzi difficili, ho perso quando anche in famiglia ho dovuto lottare per dare una mano a chi non la voleva e mi sfidava facendo cose che facevano male non a me. Eppure, mi sento di dire a chi oggi insegna di guardare gli occhi dei propri alunni, di non aver paura di perdere un’ora di lezione per parlare con loro, di dare una mano.

E so che ci sono tanti prof che lo fanno. Tanti che hanno fatto del proprio dolore una voglia di dare a chi ha bisogno, di aiutare quando si è in tempo e sono contenta se tanti giovani si riferiscono anche ai prof. Voglio dire che non è mai troppo quello che si può fare per dare una mano a chi si sente perso, che basta anche una carezza o ascoltare quello che vuole dire, e che io insegnando mi sono arricchita di sensazioni meravigliose passando per momenti faticosi in cui magari un alunno mi provocava.
Vincere con chi non ci ama è dolce. Vincere con chi scrive che pesa 46 chili e si sente grassa è incredibile, vincere con chi dice che tutto è brutto intorno a sé è forte. Vincere nel senso di vedere chi si ama stare bene e sereno non vincere per sentirsi forti e prepotenti.

Allora finalmente so che anche essere chiamata LA MAMNA, magari in tono ironico, oggi mi fa un baffo se da mamma-insegnante ho aiutato tanti ad essere sicuri e sereni. Questo mio scritto è quasi in grido di aiuto rivolto a chi sta a scuola con i giovani. Vi prego aiutate i ragazzi e le ragazze, magari mettete un quattro in matematica e poi fatevelo amico in modo da avere le sue confidenze. Anoressia, bulimia, bullismo, depressione, droga, sentire di non stare bene nel proprio corpo, sono cose che esistono e devono essere affrontate subito. l ragazzi hanno tutto dentro, provano quasi un senso di disagio nel dover dire ai genitori che spesso hanno intuito e non sanno come fare perché trovano un muro. Diamoci da fare, tutti sono i nostri figli, diamo loro la fiducia, l’autostima, che spesso non hanno. Si può fare, credetemi, e spesso lo fa proprio chi ha sofferto tanto e apre il cuore al dolore per trasformarlo in un caldo flusso d’amore e pazienza.

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