Il volto di Marina ha fatto il giro del web. Il suo cartello, semplice, scritto con un pennarello simile a quello di Greta sono i simboli del coraggio. Quale coraggio? Quello di chi vuole dire “no” e “basta” ad un sistema.
Ma c’è un’altra immagine che mi piace ricordare. Era il 4 giugno 1989 e in Piazza Tienanmen, altri coraggiosi trovarono la forza di non abbassarsi.
Qualche millennio fa, 3 giovani, ebbero il coraggio di resistere in faccia al Re di Babilonia.
Nabucodonosor aveva obbligato a tutti di inchinarsi, un po’ come Putin che ha ordinato a tutti di non “dire guerra”. Bene, c’è qualcuno che, ancora oggi, non si vuole inchinare e vuole mostrare il coraggio. Quel coraggio e quella dignità che demolisce ogni ragionamento di finto pacifismo sbandierato tra gli agi.
E così, ecco che il coraggio di Marina torna attuale e ci impone di fare una riflessione sulla questione locale.
Nessun paragone per carità. Nessuna comunanza tranne quello che può essere trovato nel coraggio delle donne. Nella caparbietà delle donne e nella loro forza.
C’è voluta una donna, giovane, social e con la testa sulle spalle per sfidare il mondo di Putin. Per sfidare a viso aperto il capo di un modo di pensare.
C’è voluta una giovane donna per dire che molti del popolo russo “non si vuole inchinare”
E veniamo a noi. È il 16 marzo e tra 80 giorni, più o meno, Ischia e Barano saranno chiamati alle urne per il rinnovo delle rispettive amministrazioni e in entrambi i comuni non c’è traccia di opposizione. Non c’è traccia di azione contro il sistema. Sembriamo tanti russi che non dicono “guerra”. Sembriamo un popolo che preferisce stare buoni e zitti e, anzi, sfruttare questo tempo per chiedere il favore, il piacere e per smerciare qualche voto a quelli che già sappiamo sono favoriti per la vittoria.
C’è una Marina dalle parti nostre? C’è una Marina che non ha paura di scrivere un cartello, semplice, con un pennarello e inizia a sfidare il sistema di potere locale? C’è una Greta che vuole imbracciare un cartello e che non ha intenzione di svendere la sua propria dignità e la sua propria idea di paese?
C’è una Marina (uomo o donna che sia) che abbia voglia di rompere gli indugi, di uscire alla scoperta, di occupare un TV in prima serata e di fare il giro del mondo locale?
C’è una Marina (uomo o donna che sia) che abbia la voglia di rivendicare il diritto a non essere tanti fili legati ad un unico sistema che, tra l’altro, suona sempre la stessa, stonata, sinfonia?
C’è una Marina (uomo o donna che sia) che abbia la voglia di essere protagonista di una stagione di cambiamento, di rinnovamento, di azione, di coraggio e di libertà?
E’ vero, c’è molto da perdere e molto da rischiare. E’ vero, il periodo che stiamo attraversando è pieno di incognite, dubbi, pericoli e punti interrogativi difficili da rispondere ma è anche vero che in ballo c’è il futuro di una comunità, di un popolo e di un’isola.
Certo, Ischia e Barano sono due missioni impossibili da affrontare. Nessuno ha voglia di uscire allo scoperto, di apparire dietro uno speaker e mostrare un cartello, semplice, con poche parole e pochi segni per dire che c’è un’occasione e un’opportunità?
Ischia, c’è una Marina (uomo o donna che sia) che abbia la voglia di rivendicare il diritto a non essere tanti fili legati ad un unico sistema che, tra l’altro, suona sempre la stessa, stonata, sinfonia?