La POLPA E L’OSSO di Francesco Rispoli | Si tratta, oggi come ieri, di scegliere (…) tra una “visione del mondo” provvista di una propria verità e un “gesto” capace di caratterizzare le pratiche nelle quali siamo tutti coinvolti e impegnati.
P. A. Rovatti, Il gesto fenomenologico, 2021
Il primo giorno della nostra vita non è mai quello in cui siamo nati, è un giorno che deve ancora arrivare.
F. Arminio, La cura dello sguardo, 2020
Beati i miti perché erediteranno la terra. (Mt 5,5)
Al volgere del millennio, il tema della “sostenibilità” segnò una svolta epocale. «Lasciare alle future generazioni un mondo “non peggiore” di quello che abbiamo trovato» annunciò il protocollo di Göteborg: quasi un “requiem” alle speranze della mia generazione di costruire “un mondo migliore”!
“Dominare” e “possedere”: questo vogliono scienza e tecnica! Pensiamo di essere al centro! Questo ci ha consegnato l’umanesimo! Ma la Terra è esistita prima di noi e continuerà a esistere senza di noi. «Occorre mettere le cose al centro e noi in periferia o, meglio, le cose dappertutto e noi dentro di esse, come dei parassiti. Il parassita condanna a morte quel che saccheggia e abita senza rendersi conto che alla lunga condanna se stesso a scomparire. Il parassita prende tutto e non dà nulla; l’ospite dà tutto e non prende nulla! Il diritto di simbiosi si definisce invece per reciprocità: tanto la natura dà all’uomo, tanto il secondo deve rendere alla prima» (M. Serres, Le contract naturel, 1990).
Questo è il “tempo dell’incertezza”: del futuro stesso, come mai finora. Perciò «il problema dell’ontologia non è la conoscenza o la rappresentazione, ma l’impegno “con” e “per” il mondo» (I. Stengers, The challenge of ontological politics, 2018).
PATRIMONIO, COMUNITÁ, NATURA: tre parole che abitualmente consideriamo “dati di fatto”.
PATRIMONIO è il “compito del padre” (“patris munus”). Lo pensiamo solo come cosa ricevuta. È, invece, la nostra “missione” per il mondo “a venire”!
COMUNITÁ è “compito” (“munus”) comune. Vive del nostro impegno. Anch’essa è “a venire”. Non se ne sta inerte ai bordi della storia, nei polverosi registri dell’anagrafe, priva di ogni obbligazione.
NATURA è participio futuro del latino “nascere”: sono “le cose a venire”, quelle che nasceranno!
Tre “futuri”. Tre compiti! Ai quali, nel “tempo dell’incertezza”, siamo chiamati tutti – “peregrinantes in spem” e “hopeholders”, credenti e laici insieme – se sostenuti da un principio di responsabilità.