Psicologicamente del Dott. Enzo Sarnelli | Ogni volta che ci sentiamo impotenti e soverchiati dagli eventi della vita, involontariamente smorziamo il nostro respiro, bloccandoci. Sintomi che non regrediscono, e che cambiano la traiettoria dell’esistenza; ansia, paura, ipervigilanza, irritabilità, insonnia, ottundimento emozionale, astenia. Chi ha vissuto l’esperienza di una catastrofe naturale, di un profondo trauma, rivive attimi di paura. La tensione e il senso di vulnerabilità rischiano di contaminare il benessere di coloro che non riescono a ritornare alla loro quotidianità (normalità). Fortunatamente, nel corso della vita di ciascuno di noi, i momenti catastrofici nei quali i ricordi traumatici vengono impressi nella psiche sono rari.
Gli stessi circuiti neurali che fissano così marcatamente tracce mnestiche (ricordi) dal contenuto sfavorevole della nostra esistenza, sono presumibilmente all’opera anche nei momenti più tranquilli della vita. Le sofferenze più comuni dell’infanzia, ad esempio l’essere costantemente ignorati e deprivati dell’attenzione o della tenerezza da parte di un genitore, l’abbandono o la perdita, o ancora l’essere respinti socialmente, sono traumi silenti con la “t” minuscola che possono non raggiungere mai il livello di un trauma con la “T” maiuscola, ma sicuramente lasciano il segno sul cervello emozionale, creando distorsioni, collera nelle successive relazioni intime dell’individuo.
Le neuroscienze hanno scoperto il ruolo chiave di una importante regione cerebrale localizzata nel sistema limbico; l’amigdala come sensibile sistema di innesco nelle esplosioni emotive. I momenti così intensi e terrificanti diventano ricordi incastonati nei circuiti del cervello emozionale. Ogni evento traumatizzante può imprimere nell’amigdala questi ricordi innescanti: come una catastrofe naturale, un incendio, un incidente automobilistico, una violenza o un’aggressione.
Il PTSD (disturbo post-traumatico da stress) ha un impatto biologico; comporta un pericoloso abbassamento della soglia neurale che fa scattare l’allarme, l’individuo reagisce quindi ai normali eventi della vita come se si trattasse di continue emergenze. Ciò che tende a destabilizzare e a contaminare negativamente la funzionalità del nostro sistema cerebrale è la natura incontrollabile della situazione catastrofica di eventi eccezionali che possono accadere. Quella sensazione di impotenza che fa sentire soggettivamente sopraffatti da un evento eccezionale che rischia di alterare alcune regioni del cervello”.
Accade che un’esperienza di insostenibile terrore può contaminare la chimica del cervello proprio quando il soggetto vive la sensazione di essere in pericolo per la propria vita. Come possiamo notare, il nostro circuito neurale diventa iperattivo, secernendo dosi eccezionalmente elevate di catecolamine; neurotrasmettitori che mobilitano l’organismo preparandolo all’emergenza e fissando i ricordi altamente disturbanti nella memoria con particolare intensità. Quando nel corso di un evento traumatico, impattiamo con un profondo malessere, significa che stiamo apprendendo e memorizzando la paura. Facciamo l’esperienza di essere stati condizionati nella e dalla paura, per questo diveniamo più vulnerabili al PTSD.
Ciò che risulta complesso da comprendere è che il nostro organismo è divenuto più sensibile, nel contatto tra: Evento-scatenante (catastrofi naturali o cagionate dalla mano dell’uomo) con conseguente apprendimento di un sentimento di paura e la risposta delle regioni cerebrali iper-attivate. L’uomo non può gestire, con la sua conoscenza, la ciclicità delle modificazioni ambientali, ma può autoregolare la sua convivenza come “ospite rispettoso” rispetto alla Natura.
La potenza della mente umana risiede nella sua capacità relazionale, quando ci sentiamo affranti, addolorati, assenti rispetto al nostro sé, significa che non siamo in armonia con noi stessi. Forse è giunto il momento di ascoltarsi, decidendo di riprendere a vivere nel pieno benessere non solo fisico ma anche psicologico. Ricostruendo la propria esistenza non solo materiale ma anche relazionale fatta di storie, vissuti e legami che prima di essere visti richiedono di essere sentiti. Nella pratica clinica il “ri-apprendimento emozionale” permette l’acquisizione del senso di sicurezza, calmando i circuiti neurali iper-attivati dalla paura. La rielaborazione dei ricordi traumatici avviene grazie alla desensibilizzazione di quelle immagini-sensazioni altamente disfunzionali per la salute, riplasmando le reazioni emotive apprese. Rieducare il cervello per non essere più prigionieri di quel tragico momento del passato, per poter cominciare a guardare avanti, liberi dalla morsa del trauma. Riducendo i sintomi fisiologici ad un livello accettabile e la capacità di sopportare i sentimenti legati al ricordo, in modo da non divenire incontrollabili.Dopo una terapia, la persona è in grado di rivisitare i propri ricordi e di metterli da parte volontariamente, proprio come accade per tutti gli altri ricordi. L’opportunità data dalla cura per il sé, fa acquisire la dignità umana allontanando lo spettro della patologia. Bisogna cercare, sempre, la verità (diritto) in ognuno di noi, e per farlo l’uomo non ha scorciatoie, deve prima o poi contattare e ri-plasmare con creatività il proprio dolore personale.