PSICOLOGICAMENTE dr Enzo Sarnelli | Quando la realtà risulta ostica, genera sofferenza, l’unica azione percorribile per l’uomo è riflettere, anziché ostinarsi a cercare di cambiarla. In questa condizione diviene più funzionale avviare un processo di accettazione profonda e consapevole dell’esperienza dolorosa. Accettare la realtà significa smettere di combatterla lasciarci attraversare dal turbamento e poi lasciare andare l’amarezza e la sofferenza. Comprendere che ogni evento ha delle cause che non dipendono da noi e che ci sono limitazioni legate al passato al presente che non possono essere cambiate e che la vita è degna di essere vissuta anche se vi sono eventi dolorosi.
L’emozione di tristezza quando riusciamo ad attraversarla con consapevolezza, ci apre ad uno stato di profonda calma e centratura, permettendo al dolore di esaurirsi.
La sofferenza è necessaria nella misura in cui ti fa rendere conto di ciò che non è più necessario, non sono le situazioni a farti infelice possono preoccuparti, ma non ti fanno infelice, i tuoi pensieri ti fanno infelice, le tue interpretazioni, le storie che racconti a te stesso ti rendono infelice. Spesso sentiamo dire che la Vita è ingiusta, le persone diventano cattive, e noi come guerrieri combattiamo per tentare di sopravvivere. L’esistenza umana non riconosce il bisogno delle apparenze e il tragicomico mondo dei nostri bisogni. La quotidianità non è regolata semplicemente da attimi felici con persone e oggetti che illudono le grandi assenze nella nostra identità.
Vivendo, impariamo ad entrare in pieno contatto con l’autenticità della nostra esistenza. E può accadere, che l’ingresso nel mondo reale può diventare doloroso, perché facciamo i conti con tutto il superfluo che abbiamo accumulato nella nostra esperienza di vita. La vita è come una Maestra, accoglie e dona “modalità operative” (insegnamenti) che ci connettono con la realtà per ciò che è, senza badare troppo alle apparenze e a ciò che gli altri si aspettano da noi. L’uomo si lamenta per la durezza dei fatti che possono accadere mentre vive, e più ci lamentiamo e più perdiamo forza, dissipiamo la nostra attenzione da ciò che è realmente vitale per la nostra crescita; lasciare andare le cose senza opporci.
Cadiamo, sbagliamo, e poi inciampiamo ancora, ma la maestra (la vita) è sempre li, accanto a noi e non ci molla. Stiamo male e avvertiamo il conflitto intorno a noi che ci attanaglia e ci spezza il respiro. Litighiamo con le persone che incontriamo fino a quando smettiamo di credere a ciò che si muove fuori da noi e iniziamo a sentire cosa c’è dentro di noi. Per sopportare le perdite che la vita ci invia, è essenziale conoscere il proprio albero genealogico, il racconto familiare. Accettare che noi siamo esseri piccoli rispetto alla saggezza dell’Universo, e come trovarsi davanti ad una quercia, e realizziamo che prima di noi c’è stato tutta questa grandezza. L’uomo risponde agli eventi seguendo diverse modalità operative; attingendo agli schemi appresi durante il proprio sviluppo personale, alle esperienze di vita, che nel tempo hanno strutturato e influenzato credenze e comportamenti.
Ma può accadere anche l’imprevisto; lungo il ciclo di vita, entriamo in relazione con il nuovo, con l’alterità. Grazie alle neuroscienze, oggi, sappiamo che la plasticità cerebrale regola i cambiamenti funzionali e strutturali che abilitano il nostro cervello ad adattarsi all’ambiente esterno. Il nostro cervello canalizza i processi bio-chimici e integra nuovi significati, è come fare un salto quantico sulla scala evolutiva. Apprendere e imparare a regolare nuovi sentimenti che attendono di essere vissuti e relazionati all’interno del nostro campo d’azione. Diviene un dono, una sorta di carezza emotiva, per chi si concede di sperimentare il nuovo, inizialmente operato dai processi di controllo della mente, che afferiscono alla mera elaborazione dei circuiti dei nostri lobi frontali.
Ma che si integrano con nuovi processi psico-dinamici che dal biologico transitano attraverso aree cerebrali deputate al “bagno di consapevolezza e responsabilità umana”. Ovvero assistiamo alla traduzione dal linguaggio biologico a quello emotivo. In effetti quando il nostro sistema immunitario avverte il colpo e degenera sul piano cellulare, entriamo in conflitto con il nostro stato di conservazione e i complessi sistemi degenerativi.
Ciò che si ammala è il neurone, ma la sofferenza è avvertita dal correlato neuro-emotivo che conduce alla comprensione del linguaggio affettivo delle caratteristiche personologiche umane. Per adesso è così, significa che fino a quando non siamo pronti per nuove avventure di crescita, prendiamo semplicemente quello che c’è nel qui ed ora. La vita non ci porta ciò che vogliamo ma ci dona le situazioni di cui abbiamo bisogno per evolverci e per fare questo, a volte, la nostra esistenza diviene impossibile. A volte, ci poniamo contro noi stessi, e può sembrare che le nostre ali si spezzino, restiamo senza radici fino a quando non comprendiamo, che non abbiamo bisogno né di ali né di radici, quando non ci fissiamo nella forma e voliamo nell’essere.
Ci capita anche di perdere beni e soldi, così la nostra bellezza finisce, fino a quando desideriamo collezionarli, invece di far parte del ciclo della vita. Bert Hellinger ci ha resi consapevoli sulle nostre capacità di diventare esseri umani a servizio della Vita. Ma per essere tali, ci confrontiamo con le delusioni e le mancanze di un’esistenza fatta di convenzioni e apparenze sociali che contaminano la coscienza. E’ così che la Vita interviene su di noi; potandoci, togliendoci, umiliandoci, spezzandoci, finché in noi resta solo l’Amore. Domani sarà un altro giorno, ma per adesso è così, prendo ciò che c’è nel qui ed ora, con la mia consapevolezza, responsabilità e la gratitudine che mi avvicina alla mia saggezza umana.