lunedì, Dicembre 23, 2024

Quel voyeurismo informativo che ha trasformato una tragedia

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Gaetano Di Meglio | Ho provato sincero disgusto (professionale) nel vedere, ascoltare e subire (da cittadino) la caciara mediatica che si è sviluppata attorno al caso di Antonella. Una sorta di voyeurismo giornalistico di una vicenda che, purtroppo, dopo giorni e giorni di ricerche non riesce a dare nessun dato certo e scientifico sulla tragedia che ha visto protagonista il dolore della famiglia Raco e di Antonella Di Massa.

Una tragedia, sicuramente mediatica, sicuramente nazionale che, tuttavia, in qualche aspetto, meritava meno riflettori e meno spettacolarizzazione.
Una caciara mediata e una proposizione di aspetti futili e secondari per sfamare solo una corte di non lettori, di non spettatori e di non utenti. Una corsa al frame e all’immagine del momento che, lo riconosco, era il piatto giusto per un po’ di engagement. L’ingrediente ad un certo tipo di infotainment che non ho mai seguito. Un modo di approcciare alla cronaca nera, in questo caso, che ho trovato fuori luogo. Nella libertà di fare di tutti, tuttavia, da parte mia non c’è nessuna critica o nessuna forma di giudizio, ma solo la constatazione di un dato di fatto.

Per fortuna, e mi si passi l’uso di questo termine, ora potrà calare il sipario sulla storia di Antonella Di Massa. Ora ci si setta sulle informazioni che arrivano dalla procura e sulle risultanze scientifiche che ne verranno fuori. Restiamo sicuramente con i dubbi e con le domande a cui, è bene rimarcarlo, nessuno è riuscito a dare una risposta. Risposte che dovremo avere e che, per il momento, sono affidate ai Carabinieri del Nucleo Provinciale di Napoli, della Compagnia di Ischia e ai magistrati della Procura della Repubblica di Napoli.

Qualcuno, tuttavia, potrebbe pensare che queste parole sia un incitamento alla censura o, peggio ancora, ad un tentativo di zittire le ricerche e favorire un graduale spegnimento dell’attenzione sulla verità che deve venire fuori. Tutto al contrario. Queste parole vanno proprio nella direzione opposta. Vogliamo la verità, basata su fatti scientifici e su prove che sappiano superare ogni dubbio. Prove che possono superare il vaglio di un processo (se mai ci sarà) e che ci permettano di conoscere la verità.

In questi giorni, per vari motivi, siamo (e l’uso della prima persona plurale è rivolta alla comunità in generale) riusciti a trasformare la tragedia di una famiglia nel soggetto di una miniserie tv o di un episodio dei tanti Crime che si possono vedere sui nostri smartphone. I social sono pieni delle più disparate ricostruzioni e delle varie verità smerciate a buon mercato. E c’è stato anche chi ha pensato di sfruttare questo chiacchiericcio ignorante e senza senso promuovendolo ad elemento di informazione. Ma questo è il contesto nel quale ci troviamo a vivere e a fare i conti.
Ora termina il voyeurismo informativo e inizia la fase del silenzio. Quel silenzio che cala sulle tragedie e che permette agli investigatori di completare il quadro degli indizi. Finalmente, e lo scriviamo con una grande dose di tristezza.

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