La dichiarazione di Claudio Ranieri in merito all’espulsione del suo giocatore Hummels nella gara di ieri sera contro l’Athletic Bilbao ha rappresentato una rara dimostrazione di onestà intellettuale nel mondo del calcio. “L’espulsione era sacrosanta” ha affermato l’allenatore, senza cercare giustificazioni o alibi, senza alimentare polemiche e senza fomentare la classica spirale di proteste e recriminazioni già partita nei post social della tifoseria giallorossa. Un gesto che, in un contesto ideale, dovrebbe rappresentare la norma, ma che oggi si configura come un’eccezione tanto rara quanto lodevole.
L’onestà, non solo intellettuale, dovrebbe costituire il fondamento di ogni settore della società. Tuttavia, viviamo in un’epoca in cui il riconoscimento degli errori viene spesso percepito come un segnale di debolezza e non come un atto di responsabilità e maturità. L’atteggiamento di Ranieri è un esempio di come la trasparenza e il rispetto per le regole siano valori imprescindibili, tanto nello sport quanto nella vita civile.
Nel mondo del calcio, siamo abituati a vedere allenatori e giocatori protestare contro ogni decisione arbitrale, cercare scuse per le proprie prestazioni e alimentare un clima di tensione e sospetto. Questa attitudine, che dovrebbe essere eccezionale, è invece diventata la norma, portando con sé un messaggio deleterio: quello dell’elusione delle proprie responsabilità. Quando un professionista di alto livello come Ranieri si esprime con chiarezza e accetta con serenità un verdetto arbitrale, dimostra che un altro modo di vivere lo sport è possibile: un modo più onesto, più etico, più rispettoso.
Ma il valore di un simile atteggiamento non dovrebbe limitarsi al calcio o allo sport in generale, ma esteso a tutti i gangli vitali della società. Pensiamo alla politica, all’economia, alla giustizia, al mondo del lavoro. Quante volte assistiamo a comportamenti diametralmente opposti a quelli di Ranieri? Quante volte chi detiene il potere si nasconde dietro giustificazioni pretestuose pur di non ammettere le proprie responsabilità? Quante volte le istituzioni e le aziende ricorrono a narrazioni di comodo per coprire errori, negligenze o persino illeciti?
L’onestà dovrebbe essere il pilastro su cui si costruisce il tessuto sociale di un Paese. Un dirigente d’azienda che ammette un errore e cerca di rimediare con trasparenza dimostrerebbe integrità e credibilità. Un giudice che riconosce una scelta sbagliata e si assume la responsabilità delle sue azioni guadagnerebbe il rispetto della comunità. Un cittadino che rispetta le regole e agisce con correttezza contribuirebbe al bene comune. Tuttavia, la realtà è ben diversa: viviamo in un contesto in cui l’onestà, in molti casi, è vista come un rischio da evitare, in cui la verità viene distorta per salvaguardare interessi personali e la ricerca del capro espiatorio è più diffusa di quella della verità stessa.
Lo sport, come la vita, dovrebbe essere un laboratorio di valori da trasferire alla società. Questo principio dovrebbe valere ovunque: nel rispetto delle leggi, nella gestione della cosa pubblica, nelle relazioni interpersonali. In definitiva, la dichiarazione di Ranieri non è solo una lezione di sportività, ma anche di civiltà. La speranza è che un giorno l’onestà e la verità tornino ad essere la norma, e non l’eccezione, non solo nei campi di calcio, ma in ogni ambito del sociale. Fino ad allora, gesti come quello del tecnico romano meritano di essere sottolineati, apprezzati e soprattutto imitati, pur nella loro “normalità”.
Ranieri, l’onestà e la verità. Dentro e fuori dallo sport | #4WD

Daily 4ward di Davide Conte del 15 marzo 2025