domenica, Dicembre 22, 2024

Ricostruzione & Decreto, oltre il condono c’è di più!

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Gaetano Di Meglio | Prima di iniziare è giusto che faccia una premessa. In questi anni ho sempre favorito la diffusione di un concetto semplice e un po’ demagogico: quello dell’ingiustizia del terzo condono non applicabile alle nostre zone. Ho ridotto i termini del discorso, forse, in maniera troppo forte. Una scelta dai tratti populisti che, però, merita una maturazione e una evoluzione.
Il problema del terzo condono resta. Resta nella natura della sua composizione, della sua applicazione e della sua inefficacia, come legge, nelle nostre zone. Quelle soggette a vincolo. Non entrerò nel dettaglio tecnico che lascio volentieri ad altri, ma continueremo a tratteggiare l’aspetto sociale e le implicazioni che questa legge, la 326/2003, produce in zone come Ischia.
Premessa chiusa e tuffiamoci in quella che è crisi politica che si svolge attorno al “Ponte di Genova”.
Un polemica politica che ci interessa da vicino. Come abbiamo detto fin troppe volte, il decreto Ischia è stato approvato “salvo intese” ovvero c’è stato solo il voto, la conferenza stampa, la sparata di pose e poi si deve decidere la sostanza. In questo caso il nome del commissario per la ricostruzione del Ponte di Genova.
Che, detto alle nostre latitudini, è semplice una spartenza di potere. Te lo prendi tu o me lo prendo io? Questo è il livello. Ovviamente c’è l’effetto mediatico che ne viene fuori oggi e nei prossimi anni, la partita di governo, di sondaggi, di like, di punti percentuali.
E questa battaglia, fino a quando non sarà terminata, sarà un’occasione per tutti noi perché, in parte, saremo in grado di poter far cambiare il nostro testo. Un testo che, lo ricordiamo, non piace a nessuno! E non tanto a noi, ma allo stesso Matteo Salvini.
Se non si “chiude” questa parentesi, infatti, il decreto non sarà completato e non sarà consegnato al parlamento per la discussione e la successiva conversione in legge.
Stessa sorte del famoso Decreto Anticorruzione che, approvato con la formula «Salvo intese», è stato varato con urgenza per la competizione nei sondaggi con la Lega, ma che Salvini teme possa far nascere un Grande Fratello in grado di «indagare sessanta milioni di italiani». Il testo annunciato e sbandierato dal Consiglio dei Ministri, risulta approvato il 6 settembre ma undici giorni dopo non è ancora arrivato al Parlamento! Perché? Stanno faticosamente riscrivendo i punti controversi.
E di questo passo, fino a quando Genova non avrà la sua “pace”, noi possiamo restare qui a guardarci un testo che fa schifo! Che non risponde alle esigenze delle popolazioni. Qui a guardare come i sindaci restano alienati dalla realtà, estranei alla dinamica e continuano a pensare ai loro, piccoli, interessi.
Uno spaccato per comprendere la vicenda che ci tiene, di fatti, bloccati “sotto a un ponte” la racconta bene il Corriere della Sera.
«Qualcuno parla apertamente di «complotto». Costringerlo a scelte diverse sul nuovo commissario per la ricostruzione del ponte di Genova. Sarebbe questo l’obiettivo della guerra di veline che si è scatenata in questi giorni, dopo il Consiglio dei ministri di giovedì, quando è stata approvato l’ormai famoso decreto «salvo intese». Scatola vuota per metà, richiesta dai due movimenti ma fortemente voluta dal premier e accelerata, d’intesa con il ministro Danilo Toninelli. Per questo Conte, dopo aver letto con stupore i retroscena e aver sentito volare i coltelli intorno a lui, tiene a precisare ai suoi collaboratori quello che qualcuno fa finta di non capire: «Io ascolto sempre tutti volentieri, ma le nomine le decido io. L’ultima parola, anche sul commissario per Genova, sarà la mia». Risata fragorosa riempie una nazione intera!
Conte sa bene che non può agire in totale autonomia, ma tiene comunque a ricordare che il premier è lui e quindi sulle questioni fondamentali l’ultima parola spetta a lui. Ma se la prima mossa fatta senza consultare preventivamente Salvini e Di Maio è stata accolta in modo così ostile, è anche perché è in atto da giorni uno scontro decisamente ruvido.
Ma lo scontro più duro è quello che riguarda il bloccoM5S-Lega contrapposto a quello che qualcuno ha chiamato «il partito del presidente».
Conte vorrebbe sciogliere il nodo del nome del commissario entro martedì, giorno nel quale è stato appena fissato un vertice con il governatore Toti e il sindaco di Genova Bucci.
Che ci riesca, non è sicuro, ma il premier ci sta provando. Quello che è certo è che i leghisti non sapevano nulla del decreto. Non solo perché Salvini, in una cena a casa sua mercoledì sera, diceva ai suoi: «Perché dovrei votare un decreto di cui non so niente?». Ma anche perché il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, in una telefonata con Toti alle 18 di giovedì poco prima che cominciasse il Consiglio dei ministri, confessava di ignorare completamente il contenuto del decreto.
Sulla questione in merito al commissario per la ricostruzione del Ponte di Genova, invece, Conte prova a vendere la sua versione: “Stiamo lavorando, non stiamo litigando. Ci serve una persona preparata e onesta perché questa persona agirà in deroga su tante cose quindi per quanto mi riguarda dovremo trovare una persona preparata”.
Bene, perché il decreto che ha voluto il Premier, non può prevedere queste famose “deroghe” anche per Ischia? Deroghe che, altrove, invece, sembrano essere l’oggetto della discussione. Forse la torta è più ampia di quella che pensiamo? Deroghe che farebbero bene a tutti noi. Ma proprio a tutti.
Ma oltre il condono c’è di più. E se per il famoso condono, credo che la decisione di chiedere una norma ad hoc solo per le abitazioni censite con le circa 2000 schede AEDES (tra cui troveremo ante ’67, primo condono, secondo condono e anche terzo) sia quanto mai opportuno, la necessità di equiparare Ischia e la sua economia alle soluzioni genovesi sia imprescindibile.
Ma i sindaci giocano, ancora, a fare i “galluzzelli”. Giacomo Pascale e Giovan Battista Castagna continuano a restare isolati e gli altri impegnati in altre faccende e così non andiamo da nessuna parte e non abbiamo nessuna credibilità.
Anche in questo caso siamo impreparati. Non sappiamo quale sia il danno, non conosciamo i numeri del calo turistico, non conosciamo il fatturato che non abbiamo raggiunto. Vanno a Roma, come Totò e Peppino e cercano di aver qualcosa. Ma la domanda è: “fino a quando?” Fino a quando ce lo possiamo permettere?

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