Tutto sembrava pronto per iniziare il processo vero e proprio. Dopo le schermaglie iniziali sulla legittimità o meno sull’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, era tutto pronto per ascoltare il primo testimone del processo legato alla metanizzazione di Ischia realizzata dalla Cpl Concordia di Modena. Nel processo che si sta celebrando a Napoli e che vede sul banco degli imputati il sindaco d’Ischia Giosi Ferrandino e il tecnico comunale Silvano Arcamone per un’ipotesi di corruzione. Il processo non si è affatto aperto, nulla si è celebrato. Tutto è stato rinviato al prossimo giugno. La causa è legata alla diversa composizione del collegio della I sezione penale. Per l’assenza di uno dei giudici a latere, impegnato ad un’attività giurisdizionale che ha impedito che il teste chiamato dal pubblico ministero potesse rispondere alle domande concernenti i rapporti che erano intercorsi tra gli attuali imputati e i vertici della cooperativa emiliana. E’ un dirigente della Cpl che è giunto a Napoli e ha dovuto fare ritorno in Emilia Romagna con l’impegno di ritornare per iniziare quel confronto tra accusa e difesa che è indispensabile per giungere alla verità e scoprire se ci sono state delle pressioni, delle richieste, degli accordi tra i rappresentanti della Pubblica Amministrazione e la cooperativa Concordia. Ed in particolare con il suo presidente Roberto Casari e i suoi più stretti collaboratori.
Questa è un’inchiesta che alla fine di marzo del 2015 fece molto clamore mediatico a livello locale e soprattutto a livello nazionale. Per la chiamata in causa di esponenti politici di primo piano, tra cui l’ex presidente del Consiglio dei ministri Massimo D’Alema. Con provvedimenti cautelari in carcere per la stragrande maggioranza degli indagati e solo per Arcamone vennero applicati i domiciliari. Una storia legata principalmente alla rete del gas per rifornire civili abitazioni, ma soprattutto aziende alberghiero-turistiche; di come era stata realizzata la rete; dei pagamenti per gli stati d’avanzamento, che secondo l’accusa sarebbero stati pagati alla Concordia dal Comune dietro un accordo che si ritiene non corretto. Ma soprattutto si dovrà specificare del contratto che venne stipulato con la struttura alberghiera facente capo alla famiglia del primo cittadino con il presidente Casari per sette camere per ospitare quando c’era la necessità i propri dipendenti trasferiti sull’isola per lavoro, o per accogliere quegli stessi dipendenti per un periodo di vacanza sull’isola. Questo è l’elemento centrale sul quale si svilupperà il processo. Tant’è vero che il pubblico ministero Celeste Carrano ha depositato una corposa lista di testimoni per rafforzare la propria tesi e dovrà confrontarsi con quelle delle difese che prospettano una situazione del tutto diversa per escludere l’ipotesi corruttiva.
Quest’inchiesta, però, si è spaccata in due tronconi proprio per decisione del tribunale del riesame che ha ritenuto la competenza, per il reato più grave di associazione per delinquere e per i cosiddetti reati fine, del tribunale di Modena, che comprende l’intero vertice della Cpl Concordia, collaboratori e consulenti di punta della cooperativa e lo stesso Massimo Ferrandino. In questo caso il processo ha avuto un inizio, ma siamo solo alle schermaglie sulle intercettazioni telefoniche, sulla non corretta applicazione delle misure cautelari provenienti da Napoli e che avevano l’obbligo di essere di fatto confermate dall’autorità giudiziaria modenese. Come nel caso del Ferrandino, che di fatto non ha mai ricevuto un provvedimento analogo, come è stato fatto invece per altri indagati della Cpl. Eccezioni che hanno costretto l’unico collegio giudicante presente ad approfondire le tematiche che gli sono state poste all’attenzione, disponendo il rinvio delle udienze. In modo che possa giungere ad una soluzione e conclusione con un’ordinanza che verrà depositata al prossimo confronto, che avverrà tra qualche mese.