giovedì, Gennaio 16, 2025

Scellino al 110%. L’assessore Castaldi era nel CdA del consorzio accusato di aver truffato lo stato per 95 milioni di euro con i fondi dei bonus edili in tutta Italia

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La Procura di Napoli sta indagando su una maxi frode che, sfruttando il Superbonus 110% per l’edilizia, avrebbe fruttato agli indagati, 18 al momento, 95 milioni di euro di guadagni illeciti. Il tutto senza sistemare un infisso, un tetto o installando una caldaia, grazie ai crediti di imposta accumulati nel giro di pochi mesi, da ottobre 2020 a dicembre 2021.

Gaetano Di Meglio – Ida Trofa | Cristian Castaldi, il nuovo assessore di Forio, è il volto ischitano del Consorzio Sgai. Il consorzio finito al centro delle varie indagini delle Procure d’Italia da Aosta a Napoli nella nebulosa gestione del super bonus 110% e che vi raccontiamo nel dettaglio tra poco.
Cristian Castaldi è stato membro del consiglio di amministrazione del Consorzio di Roberto Galloro dalla data del 3 febbraio 2021. Lo è ancora nella data del 12 febbraio 2021 e ancora al 17 gennaio 2022.

Senza volte troppo andare nei dettagli che può essere scocciante, basta evidenziare che nell’ordinanza mossa contro Galloro ci sono 1296 fatture contestate alla data del 30 ottobre 2021.
Cristian Castaldi non è indagato ma deve delle spiegazioni pubbliche. Il suo consorzio è al centro di accuse pesantissime che meritano chiarezza!
Cristian era il segretario del Consorzio, così riporta, ad esempio, il verbale di deposito del bilancio del 2020. I fatti contestati sono tanti e troppo. Serve un’operazione verità e trasparente. Servono chiarezza e dimissioni!

Il caso
Il consorzio “ischitano” Sgai, già nell’occhio del ciclone per svariate denunce anche nelle Marche per lavori di ristrutturazione, mai partiti, con l’utilizzo del Superbonus del 110%, è finito al centro di una maxi inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Aosta e condotta dalla Guardia di Finanza. Nel novembre scorso a finire in manette era stato il presidente del Consorzio, il 48enne Roberto Galloro. L’imprenditore residente ad Ischia in Via Michele Mazzella, aveva espanso lungo tutto lo stivale i suoi affari sino a giungere all’acquisto della squadra di calcio del Pro Patria. A Novembre scorso le prime mosse di una indagine che si è allargata a macchia d’olio.
Quella che viene ritenuta dagli inquirenti un’imponente frode, stava per essere messa a segno sfruttando presidi e sostegni economici pubblici per la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare. L’accusa riguarda 18 persone perquisite dalla Guardia di Finanza di Napoli alle quali sono stati sequestrati, complessivamente, quasi 110 milioni di euro, accumulati in 13 mesi, a partire dal dicembre 2020, grazie ai crediti d’imposta che sarebbero poi stati ceduti a terzi. Soldi che avrebbero prodotto oltre 95 milioni di guadagni illeciti, per l’associazione a delinquere scoperta, senza che mai nessun intervento venisse eseguito.

Le accuse muovono nei confronti del suddetto consorzio Sgai e nei confronti di persone che sarebbero, a vario titolo, coinvolti nella presunta truffa. Una villa ad Ischia era già stata sequestra nella coda del 2021.
Come si legge in una nota ufficiale in totale sono state eseguite attività di perquisizione e sequestro presso le residenze di 21 persone fisiche, le sedi di 3 enti/società nonché sequestri preventivi di crediti presso 16 soggetti (istituti finanziari, società e persone fisiche). A Treviso è stata eseguita una sola perquisizione in una società legata a Sgai, senza sequestrare tuttavia crediti. Le persone indagate si muovono, invece, sui territori della Campania tra Napoli e provincia, isole incluse e dove il consorzio ha una delle sedi in viale Gramsci 5.

Il Consorzio
Nella rete del Consorzio Sgai, dell’ischitano Roberto Galloro, attualmente agli arresti domiciliari, sono finiti ignari cittadini che si erano rivolti al colosso delle pratiche edilizie, attraverso dei procacciatori, per i lavori di ristrutturazione previsti nel cosiddetto «Decreto Rilancio», alla fine, risultati realizzati solo sulla carta. Indagati risultano così alcuni componenti del consiglio di amministrazione, i cessionari finali dei crediti, gli intermediari e anche i tecnici accusati di avere rilasciato i visti di conformità per interventi di ristrutturazione «fantasma».

I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli, coordinati dalla sezione reati economici della Procura partenopea, insieme con i colleghi in loco, hanno eseguito perquisizioni in Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto. Passate al setaccio le abitazioni degli indagati ma anche le sedi delle società e degli istituti finanziari ritenuti coinvolti. A dare impulso alle indagini è stata un’analisi di rischio sviluppata dall’Agenzia delle Entrate, precisamente dal Settore Contrasto Illeciti sulla spettanza del bonus in materia edilizia previsto dal Decreto «Rilancio».
Il Consorzio con sede napoletana in viale Gramsci – sostengono gli inquirenti che hanno chiesto e ottenuto la convalida del sequestro dal gip di Napoli Giovanna Ceppaluni – proprio grazie a una rete di procacciatori si proponeva ai privati cittadini interessati ai lavori con il superbonus. Ai procacciatori dicevano di puntare alle unità unifamiliari. Niente amministratori di condominio o persone che si mettessero in mezzo. Meglio clienti “singoli”, interessati agli incentivi fiscali, ma poco esperti. Che facessero poche domande e che, insomma, si affidassero a “chi ne sapeva”.
Il contratto d’appalto contemplava necessariamente la cessione del credito d’imposta. Dopo la consegna della documentazione necessaria, però, i rapporti tra il Consorzio e il committente cessavano. Sempre secondo l’ipotesi accusatoria, una volta incassati i contratti, il Consorzio emetteva fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei committenti in cui si faceva riferimento a uno stato di avanzamento lavori per una percentuale non inferiore al 30% (la minima prevista per vantare la cessione del credito d’imposta). E per questi lavori «fantasma» emettevano fatture. Alcuni cittadini, è emerso, si sono accorti dell’avvenuta fatturazione solo dopo i controlli dei finanzieri.

La documentazione
La documentazione era correlata dalla cessione di credito in favore del Consorzio e anche della comunicazione dei commercialisti con il visto di conformità. Inoltre, è emerso dagli accertamenti, le certificazioni tecniche sui lavori svolti dal Consorzio, che sarebbero state rilasciate da professionisti abilitati, presentavano rilevanti anomalie peraltro evidenziate dall’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (Enea). L’inchiesta di fatto evidenzia la fitta rete dei controlli legato alla misura e lo sfruttamento dei fondi pubblici che, come tutte le grandi opportunità, può purtroppo divenire strumento d’attuazione di condotte illecite.

La precisazione del Consorzio Sgai
In relazione alle vicende giudiziarie riportate in queste ore su alcuni organi di stampa, il Consorzio Sgai precisa che il provvedimento a proprio carico non è ancora stato convalidato. Per sua natura, il sequestro preventivo d’urgenza è non solo provvisorio ma anche destinato a perdere immediatamente efficacia se non convalidato entro dieci giorni dal Giudice per le indagini preliminari, che doveva pronunciarsi entro il 23 gennaio 2022.

La nota SGAI
La notizia di reato alla base del provvedimento è rappresentata da 9 su 5.709 clienti attivi. Con questi nove clienti, Consorzio Sgai aveva già risolto il rapporto e rinunciato al proprio compenso. Fino a oggi, il Consorzio ha ricevuto appalti per un valore complessivo di 1,5 miliardi di euro ed eseguito interventi di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico per oltre 226 milioni di euro: dunque, le denunce alla base del provvedimento rappresentano soltanto una minima parte (con un valore di 550.000€) rispetto alle migliaia di progetti in essere.

A ogni modo il Consorzio intende dimostrare la legittimità del proprio operato anche nei pochissimi casi oggetto di denunce-querele, rispetto ai quali non ha conseguito alcun profitto, avendo rinunciato al proprio compenso. Il Consorzio, infine, sta effettuando nuove verifiche su tutti i progetti e dimostrerà in tutte le sedi la legittimità del proprio operato e dei professionisti che con esso collaborano.

L’indagine partita dallaValle D’Aosta
Il consorzio Sgai era entrato nell’occhio del ciclone nel novembre scorso, quando il suo ex presidente Roberto Galloro era finito in manette con un’altra ventina di persone, tutte accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato. L’operazione, condotta quella volta dalle Fiamme Gialle di Aosta, aveva anche portato al sequestro di 41 milioni di euro. Lo scandalo decine e decine di clienti che, come altri 9 mila in tutta Italia, avevano dato incarico di effettuare i lavori rientranti nell’applicazione del superbonus al 110%. Anche in questo caso stipulavano contratti per «appalto lavori con cessione del credito d’imposta» ma le opere non partivano: le carte di chi sperava di ristrutturare la propria abitazione o il condominio servivano invece, nelle ipotesi investigative, solo ad avviare l’iter burocratico per l’ottenimento del credito, attraverso certificazioni tecniche anomale, rilasciate dallo stesso consorzio. Per ottenere il credito Sgai avrebbe anche emesso fatture per operazioni inesistenti, scovate poi nel cassetto fiscale dei malcapitati, che a questo punto hanno il bonus bloccato

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