Un fabbricato di Casamicciola aveva riportato danni lievi o danni gravi dal terremoto del 21 agosto 2017? La contraddittorietà tra due schede Aedes ha scaturito un contenzioso tra un cittadino, il Comune e il Commissario per la Ricostruzione finito per ben due volte nelle aule della giustizia amministrativa.
Il proprietario di parte di quell’immobile ubicato in via Parodi, era ricorso una prima volta al Tar Campania per ottenere l’annullamento della ordinanza con cui veniva revocato lo sgombero parziale in favore dei comproprietari. E il Tar gli aveva dato ragione, con la sentenza notificata al Comune di Casamicciola a febbraio dello scorso anno.
L’inottemperanza a tale sentenza ha scaturito il secondo ricorso.
Nella sentenza che dà ancora una volta ragione al ricorrente, la Quinta Sezione del Tribunale amministrativo regionale sintetizza la vicenda. Il ricorrente è proprietario del primo e secondo piano e di parte del cantinato posto al piano interrato del fabbricato. Ebbene, a marzo del 2021, con ordinanza sindacale, veniva revocata in parte l’ordinanza di sgombero emanata nel 2018, «limitatamente all’immobile di proprietà dei controinteressati posto al piano terra, con esclusione del deposito al piano seminterrato». Provvedimento adottato «sulla base di una perizia redatta da un tecnico di fiducia dei controinteressati, la quale attestava l’esecuzione di interventi idonei alla eliminazione del pericolo, giusta Cila».
Evidente la preoccupazione del ricorrente sulla pericolosità del piano terra dell’edificio, su cui gravano le sue proprietà.
APPROFONDIMENTO ISTRUTTORIO
All’atto della prima sentenza, i giudici amministrativo avevano accertato il difetto di legittimazione passiva del Commissario Straordinario per la Ricostruzione. Quindi analizzavano la questione sorta a causa della contraddittorietà delle relazioni dei tecnici della Protezione Civile contenute nelle due schede Aedes. Una circostanza più volte verificatasi, peraltro. La prima, risalente al 25 agosto (dunque a pochi giorni dal sisma) qualificava il fabbricato con danni lievi “B”; la seconda, redatta a dicembre dello stesso anno, «all’esito di un supplemento istruttorio sollecitato proprio dai privati, aveva ritenuto l’edificio inagibile per danni gravi “E”, segnatamente per lesioni “medio/gravi” ad elementi strutturali, quali le parti verticali, le scale, oltre alle tompagnature e ai tramezzi».
Una bella differenza! Come superare la contraddizione? Come ricordato dal Tar, il decreto adottato a settembre 2017 dal Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza sismica, “Disposizioni inerenti il termine per la presentazione delle istanze di sopralluogo e per la revisione degli esiti”, prevedeva la circostanza di esiti multipli discordi sullo stesso edificio. E stabiliva che in tali circostanze «sarebbe stato necessario disporre una verifica ulteriore, al fine di valutare se assegnare d’ufficio il giudizio di agibilità definitivo e unico al fabbricato, ovvero effettuare un nuovo sopralluogo, il cui esito avrebbe sostituito integralmente il precedente accertamento».
L’approfondimento istruttorio però non era stato eseguito: nessun sopralluogo, nessuna verifica. E dunque appariva dubbia la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della norma utilizzata dai controinteressati per la realizzazione degli interventi edilizi di messa in sicurezza tramite “Cila”, riguardando unicamente gli edifici con danni “lievi”.
L’INERZIA DEL COMUNE
Per i giudici amministrativi, in sostanza, «alla luce del chiaro disposto normativo, il Comune non avrebbe potuto prescindere dalla valutazione di danno effettuata dagli organi preposti; ciò in quanto la sussistenza di eventuali danni “lievi” – che consente la presentazione di una Cila anche per lavori afferenti singole unità immobiliari con asseverazione di un professionista – va verificata secondo la procedura Aedes (Agibilità e danno nell’emergenza sismica), non surrogabile per il tramite di apporti resi dai privati».
Si era dunque «in presenza di un quadro istruttorio incerto e contraddittorio – articolato in due diverse schede Aedes di diverso contenuto quanto all’accertamento del rischio di pregiudizio statico del fabbricato» e i primi giudici avevano sottolineato che «l’amministrazione aveva abdicato alle necessarie verifiche strutturali, recependo acriticamente il contenuto della relazione asseverata del tecnico di parte allegata alla Cila, sebbene non fossero stati acclarati i presupposti per l’operatività del predetto istituto, la cui concreta praticabilità era subordinata alla verifica suppletiva di un organo tecnico che, nel caso specifico, non era stata svolta». Una bacchettata agli uffici comunali.
Il Tar aveva dunque annullato quella ordinanza di revoca parziale dello sgombero per difetto di istruttoria, «precisando che alla pronuncia caducatoria seguiva, quale effetto conformativo, l’obbligo per l’amministrazione “di procedere tramite le strutture preposte della Protezione Civile ovvero avvalendosi di propri organi tecnici, ad autonomo accertamento tecnico sull’immobile oggetto di causa al fine di verificare l’effettiva eliminazione delle condizioni di pericolo”».
LA REVOCA DELL’ORDINANZA
Sentenza come detto inottemperata, di qui il secondo ricorso presentato a luglio scorso affinché il Comune si attivasse o venisse nominato dal Tar, in caso di perdurante inerzia, un commissario ad acta. Chiedendo anche il risarcimento dei danni subiti.
Comune di Casamicciola, sindaco e Commissario Straordinario per la Ricostruzione si sono costituiti in giudizio. Sta di fatto che ad agosto scorso il commissario straordinario Simonetta Calcaterra ha ottemperato, sia pure parzialmente, alla prima sentenza del Tar revocando quella ordinanza del 2021 che riteneva eliminato il pericolo.
Questa circostanza non ha risparmiato al Comune la condanna, perché in realtà ancora sussistono i dubbi sulla effettiva pericolosità del fabbricato in relazione ai danni realmente subiti. Innanzitutto il collegio della Quinta Sezione presieduto da Maria Abruzzese ha accolto la eccezione di «difetto di legittimazione passiva del Commissario Straordinario per la Ricostruzione dei Territori Isola d’Ischia interessati dal Sisma; tanto, in ragione della estraneità della predetta amministrazione – la cui carenza di legittimazione è stata acclarata nel giudizio di cognizione – rispetto al provvedimento giurisdizionale di cui si chiede l’esecuzione».
L’Ente locale però, come detto, avrebbe dovuto verificare le reali condizioni del fabbricato. I giudici lo spiegano in sentenza: «Giova rammentare che, in via generale, il giudicato di annullamento di atti amministrativi produce, normalmente, effetti conformativi, oltre che di accertamento e ripristinatori. L’effetto conformativo vincola la successiva attività dell’amministrazione di riesercizio del potere, posto che la pronuncia di annullamento, contenendo l’accertamento dell’invalidità dell’atto e delle ragioni che l’hanno provocata, stabilisce (in maniera più o meno piena a seconda del tipo di potere che viene esercitato e del vizio riscontrato) quale sia il corretto modo di esercizio del potere e fissa quindi la regola alla quale l’amministrazione si deve attenere nella sua attività futura.
L’effetto conformativo della suddetta pronuncia si sostanzia nell’obbligo di riesercitare il potere, secondo le coordinate tracciate dal giudice della cognizione».E dunque «nel caso specifico, l’amministrazione non ha dato seguito alla pronuncia in epigrafe, nella parte in cui si richiedeva al Comune di “procedere tramite le strutture preposte della Protezione Civile ovvero avvalendosi di propri organi tecnici, ad autonomo accertamento tecnico sull’immobile oggetto di causa al fine di verificare l’effettiva eliminazione delle condizioni di pericolo”».
Perché è questo il nocciolo della questione: determinare se nonostante i lavori effettuati l’immobile resti pericoloso a causa di danni più consistenti oppure possa essere ritenuto sicuro.
Di qui l’accoglimento del ricorso e l’intimazione al Comune di provvedere. Per il caso di ulteriore inerzia, il Tar ha nominato commissario ad acta il prefetto di Napoli o un funzionario della Prefettura. Ha invece respinto la richiesta di risarcimento dei danni, proposta troppo genericamente nel ricorso. E specificando che comunque il risarcimento nel giudizio di ottemperanza attiene i «danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione». Ma non il danno da ritardo, come in questo caso.
Ovviamente il Comune di Casamicciola è stato condannato al pagamento delle spese processuali, calcolate in 1.000 euro.