Gaetano Di Meglio | Qualcuno tra l’ufficio anagrafe del comune di Barano d’Ischia e la struttura dell’ASL che gestisce i casi di Coronavirus si è macchiato di una colpa enorme. Di una violazione della privacy e, soprattutto, della dignità umana,un episodio che meriterebbe la gogna mediatica e, forse, anche di più.
Ieri mattina, infatti, con una cattiveria inaudita, sulle chat WhatsApp di molti ischitani è circolato il fascicolo completo di tutti i dati anagrafici della famiglia del giovane baranese risultato positivo al Coronavirus.
Una violazione gravissima che è difficile anche da raccontare. Una caccia all’untore e alle streghe che non si vedeva dai tempi del Medioevo. Una caccia all’untore o alle streghe che ci ha fatto piombare nel bassifondi dei livelli di civiltà che proviamo. Una sorta di “dead or alive” con tanto di taglia multimediale. Una segnalazione come quella che facevano i nazisti agli ebrei.
Un file PDF che è circolato per i gruppi e i messaggi WhatsApp che aveva lo stesso valore di tante scritte sui muri negli anni bui. Tanti piccoli “Qui c’è un ebreo” che ha viaggiato di smartphone in smartphone.
Una vergogna collettiva che non avremmo mai potuto immaginare e che non ci saremmo mai immaginati di raccontare.
Sabato sera, quando verso le 20.00 abbiamo saputo della positività del caso, abbiamo deciso di non stravolgere la sera e la notte di molti ischitani e abbiamo deciso di non pubblicare la notizia sul nostro portale internet. Abbiamo deciso di attendere l’arrivo di questo sabato mattina per consentire ai più paurosi di vivere meglio la notizia. Poi, purtroppo, però, verso la mezzanotte come se fosse la notizia del secolo i colleghi hanno pensato bene di annunciare la positività del ragazzo. Non importa che avessero impegnato le ore precedenti a dire che la notizia circa la delicatezza del caso fosse una fake news.
Ma lasciamo queste questioni di lana caprina. Alberto, lo chiameremo così per difendere la sua identità, è un giovane ischitano a cui va solo augurato di guarire presto. Un figlio come tanti che merita la preghiera, la comprensione e la vicinanza umana. Una vicinanza e un senso di partecipazione che va esteso anche al turista bresciano trovato positivo al Punta del Sole e tutti gli altri italiani che si trovano a combattere con questo male. Una vicinanza estesa a tutta le famiglie del mondo che lottano contro il Covid-19.
Alberto, dopo aver lavorato per 8 o 9 mesi in hotel, ha programmato un lungo viaggio alle Filippine della durata di oltre 30 giorni. Un viaggio lungo, impegnativo e affrontato da solo. Organizzato con il tempo, pagato in anticipo e programmato nei piccoli dettagli. Un viaggio all’anno, come in tutti gli anni passati. Alberto è partito agli inizi di febbraio quando noi eravamo impegnati a discutere dei rigori rubati della Juve e di altre cose di minore importanza. E’ partito quando nessuno di voi viveva la psicosi da Coronavirus. Quando è tornato, poi, si è trovato in questa pandemia.
Nonostante non avesse nessun obbligo di segnalare il suo rientro alle autorità o di scegliere nessun tipo di isolamento, Alberto ha scelto di chiudersi in casa, nella sua stanza e di attendere il trascorrere dei giorni. Poi i primi sintomi, poi la richiesta di tampone e poi l’esito positivo.
Nessuna colpa da espiare, nessuna macchia da sopportare, nessuna onta da sostenere. Nulla di tutto ciò eppure, però, Ischia ha toccato il livello più basso mai toccato fino ad ora. Le offese, le ingiurie e le cattiverie (dovute più all’ignoranza che alla paura) che hanno riempito il web sono nulla rispetto alla gravità della diffusione delle carte di identità della sua famiglia.
Nulla rispetto allo sprofondo e al disgusto che abbiamo toccato con quella condivisione.
Spero che molti, abbiano cancellato quelle foto, quegli atti interni all’Ufficio Anagrafe del Comune di Barano d’Ischia che non sarebbero mai dovuti essere divulgati. Che non sarebbero mai dovuti diventare argomento da dare nelle mani di hater.
In un attimo ci siamo ritrovati ad essere come quei milanesi che nell’estate del 1973 che gridavano “Napoli colera” eppure siamo cittadini del 2020. Ci siamo ritrovati ad essere razzisti contro uno di noi. Ci siamo ritrovati ad essere pessimi come comunità.
Alberto (quanto è triste non poter usare il suo nome vero per colpa di qualcuno), scusaci se puoi. Guarisci presto! E scusaci con i tuoi genitori, con le tue sorelle, con i tuoi nipotini. Ischia tifa per te. Nonostante questi qua!
Quando tutto sarà passato e starai bene, se io fossi al posto tuo e della tua famiglia, farei una “bella” querela a chi di dovere, cosi la prossima volta ci penseranno due volte ad agire in modo così ignobile!!!!! Auguri di tanta buona salute!!!
Manda questi cazzoni dove meritano,nel cesso ,dove purtroppo hanno mandato te e la tua famiglia